Sull’ampliamento del porto di Marina di Carrara e l’effetto patologico a carico dell’ambiente

A cura del Gruppo d’Intervento Giuridico – Presidio Apuane.

Gentile Presidente Rossi,
pur restando immutato il nostro dissenso sulla Pianificazione del porto di Marina di Carrara come prevista dall’Autorità di Sistema del mar Ligure Orientale, abbiamo tuttavia accolto positivamente i caveat che ha segnalato al Presidente della Regione Liguria.

Abbiamo apprezzato la Sua preoccupazione per le ricadute negative che le nuove opere marittime possono provocare sul territorio costiero. Cogliamo sensibilità e attenzione verso alcune criticità che sono le stesse denunciate da tempo dai cittadini di Marina di Carrara.

Ci riferiamo, in particolare, al tema dell’inquinamento atmosferico e ambientale legato all’attività portuale, purtroppo già attuale e sofferto dagli abitanti, ma inevitabilmente destinato ad accrescersi, soprattutto per l’incremento di CO2 e del rumore, in seguito all’ampliamento del porto e all’espansione delle attività. Incremento che peraltro, nella pianificazione, con onestà intellettuale viene dato per scontato. Conosciamo la responsabilità dell’inquinamento atmosferico (e è noto che il settore marittimo-portuale contribuisce in maniera massiccia alla diffusione di sostanze tossiche: si stima intorno al 13% su scala globale) per l’insorgenza e l’aggravamento di malattie dell’apparato respiratorio, causa di migliaia di morti premature ogni anno. E la drammatica pandemia del Covid-19 ha evidenziato, in modo del resto prevedibile, una correlazione tra inquinamento e diffusione del virus.

Abbiamo apprezzato la Sua preoccupazione per il rischio di erosione della costa Apuo-Versiliese, per evitare il quale raccomanda, “soprattutto in previsione dell’allungamento della diga foranea di sopraflutto, che, nella fase di elaborazione del PRP, siano redatte le analisi specialistiche [noi aggiungiamo: preferibilmente ad opera di tecnici “indipendenti”], volte ad accertare gli eventuali effetti negativi”. Purtroppo, in merito al tema del rischio ambientale, rileviamo che non richiede – evidentemente, non la ritiene una criticità – analisi specialistiche volte a verificare i possibili effetti negativi del nuovo molo a partire dal piazzale Città di Massa e delle opere sulla foce del Carrione (pennello a levante, già in fase di autorizzazione, nonostante l’accordo di pianificazione con l’amministrazione comunale escludesse QUALSIASI opera a levante della foce del fiume).

Ad oggi, non è stata detta una parola definitiva, scientificamente fondata, sulla responsabilità o co-responsabilità negli eventi alluvionali patiti da Marina di Carrara (di cui alcuni esperti sono certi) delle opere portuali eseguite negli ultimi anni; per questo, riteniamo ancora più irresponsabile non valutare il potenziale rischio idrogeologico di nuove costruzioni il cui impatto negativo andrebbe a sommarsi a quello esistente. Ci riferiamo anche ad alcuni lotti del water front, puramente speculativi, che prevedono edifici pluripiano di cui l’abitato non sente bisogno, da costruirsi quasi sulla spiaggia.

Eppure, l’arresto del consumo di suolo dovrebbe essere una priorità politica e i cittadini dovrebbero opporsi sempre più decisamente alla nuova infrastrutturazione del territorio. Non vogliamo interpretare questa mancanza come un segno di disinteresse nei confronti dell’abitato urbano, nei confronti dei 25.000 residenti che più volte, come Lei sa, hanno sofferto i danni delle alluvioni (e, nell’occasione dell’ultima, Lei pronunciò parole forti nei confronti dell’amministrazione, che noi valutammo positivamente). Peraltro, un’opera molto impattante per la costa Carrarese, progettata non in funzione dei problemi del territorio su cui impatta, ma in funzione di un altro territorio, limitrofo!

Apprezziamo anche la Sua richiesta di rassicurazione in merito al “potenziamento dei traffici crocieristici”, anche se ci sembra una richiesta contestualmente contraddittoria. L’inquinamento delle navi da crociera è un dato acquisito e intrinseco all’attività, in termini di diffusione di sostanze altamente tossiche, di produzione di rumore, di smaltimento dei rifiuti (basti pensare alle scorie che si creano a bordo in termini di oli, rifiuti, liquami, scorie pericolose, plastica, essendo le navi crociere sempre più delle floating cities). Un impatto negativo, peraltro, non solo ambientale, ma anche culturale e sociale, come testimoniano tante realtà nel mondo in cui l’approdo crocieristico è vissuto come un evento drammatico.

Qui, invece, si pensa di potenziarlo, prevedendo 40-50 sbarchi l’anno (quanti approdi la settimana, tra maggio e ottobre? Quanti giorni di sosta per la fruizione turistica?), oltre 200.000 passeggeri l’anno e con navi di 300-350 metri di lunghezza. Ciò significa non preoccuparsi dell’ “effetto patologico a carico dell’ambiente” riguardo all’attività crocieristica: così lo definisce la Conferenza dei Servizi. Non è sufficiente prevedere l’intervento del cold ironing: non si fa dall’oggi al domani, non tutte le navi lo utilizzano, non è immune da criticità (altissimo costo, consumo insostenibile di energia elettrica, surriscaldamento ambientale). Povero Santuario Pelagos e povero tursiope!

Il Progetto si prefigge di potenziare “le attività storiche e identitarie” del porto: trasporto marmo e graniti, diportistica, pesca), ma contestualmente afferma che la principale azione strategica “è il potenziamento del traffico crocieristico, che, coerentemente, infatti, richiede un riassetto organizzativo e funzionale” del bacino portuale. Purtroppo, richiede anche opere di impatto quali “allungamento dell’opera foranea di sopraflutto, l’allungamento della banchina Taliercio, l’eventuale allungamento dei fondali del canale navigabile d’accesso e dei fondali operativi del porto”. È difficile conciliare tutto questo con l’obiettivo primario, dichiarato, di “tutelare e valorizzare le risorse territoriali, la natura, la biodiversità terrestre e marina e di promuovere l’integrazione tra ambiente, salute e qualità della vita, ridurre la percentuale di popolazione esposta all’inquinamento” acustico, elettromagnetico, luminoso, radio-ionizzante. “Ridurre la percentuale di popolazione esposta all’inquinamento”: un’espressione o, meglio, una concezione della democrazia che ci fa inorridire.

Non solo non si fa mistero che esiste la disuguaglianza ambientale (di solito integrante quella sociale), ma la si accetta come ineluttabile. Ma non è ineluttabile. È il risultato di scelte politiche. Visti i fallimenti del paradigma di sviluppo degli ultimi decenni è tempo di una rivoluzione operativa, di una politica che combatta tutte le disuguaglianze (economiche sociali e ambientali), che sia rivolta ai luoghi e fondata su strategie territoriali partecipate dai cittadini. Il Processo partecipativo “Portolemieidee”, per restare sul tema, aveva elaborato soluzioni non impattanti, rispettose dell’identità e della storia locale, risultato di una elaborazione collettiva: non sono state considerate; da nessun livello amministrativo e politico.

Una riflessione conclusiva. Non ci è più concesso insistere su progetti di sviluppo senza limiti: la natura ci grida di impegnare le nostre forze per evitare “tragedie annunciate”. La Costituzione (e in questi ultimi mesi lo abbiamo sentito ripetere più volte anche se non coralmente, purtroppo) sancisce che la vita e la salute sono valori primari, validi per tutti, che non possono continuare ad essere sacrificati sull’altare del produttivismo incontrollato. L’unica implementazione che ci è concessa, anzi, doverosa, è quella della gestione ambientale. Facciamo in modo che, chi pensava che la terribile esperienza che abbiamo vissuto (speriamo di poterla derubricare come passata) ci avrebbe fatto cambiare l’approccio verso la società non rimanga deluso, bollato di infantile ingenuità.

Un commento

  1. mi auguro con tutto il cuore che Vi (ci) diano ascolto. Ricominciare dopo il virus con nuove colate di cemento era proprio quello che temevo.

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