Monza e Brianza: in un territorio che soffre i comitati chiedono di fermare il consumo di suolo e la prosecuzione dell’autostrada Pedemontana

Norme più incisive per fermare veramente il consumo di suolo e un definitivo ripensamento per evitare che una nuova e devastante opera avanzi insinuandosi negli ultimi spazi liberi della Provincia di Monza e Brianza attraversandola da ovest a est. Questo chiedono i comitati e tanti cittadini consapevoli che la situazione ambientale è già preoccupante

Le osservazioni al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale

Il Coordinamento ambientalista Osservatorio PTCP di Monza e Brianza, un soggetto che raggruppa associazioni e comitati a livello provinciale, ha presentato nei giorni scorsi le proprie osservazioni nell’ambito del procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) della variante al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).

Una variante che eredita il ritardo di integrazione del Piano Territoriale Regionale (PTR) e arriva a sua volta tardi nel recepire la soglia regionale di riduzione del consumo di suolo secondo quanto previsto dalla LR 31/2014.
Più di sei anni nel corso dei quali, gli immobiliaristi e i privati hanno potuto continuare a consumare suolo libero, in una Provincia che continua a mantenere il triste primato di territorio più cementificato d’Italia” denuncia il cordinamento.

Nel merito della proposta di adeguamento il messaggio rivolto dagli ambientalisti è chiaro: “serve una variante più incisiva, altrimenti non c’e’ riduzione del consumo di suolo ma solo un parziale rallentamento

Eppure la documentazione a disposizione per formulare le osservazioni conferma con i numeri quanto i comitati sostengono da tempo: c’è un fabbisogno di alloggi negativo (-5316), ovvero una eccedenza di offerta già al 2019 rispetto alla proiezione di crescita della popolazione al 2025.
Anche il fabbisogno di superfici per le altre funzioni, produttivo e terziario, presenta un segno “meno” e la fase di emergenza pandemica non porterà facilmente ad una inversione di tendenza.
La realizzazione di nuova edificazione quindi non è giustificata da reali esigenze.

Non convincono inoltre scelte come quella di riferirsi agli ambiti di trasformazione vigenti al 2 dicembre 2014 non tenendo purtroppo conto della scappatoia, scelta da molti Comuni, di inserire e prevedere l’edificabilità su suoli liberi anche nel Piano delle Regole (PdR), pur senza assoggettarli a Piano Attuativo.

Ci sono poi meccanismi di premialità che non sono altro che abbassamenti della soglia stabilita di riduzione del consumo di suolo. “Non si tratta quindi di riduzione ma di possibilità di consumare di più”.
Così facendo, conclude il coordinamento, l’obiettivo dichiarato è quello di una riduzione dell’indice di consumo di suolo nel 2025 del 1% (da 54% a 53%). Un valore irrisorio, decisamente insufficiente e puramente simbolico.

Ritorna il pericolo Pedemontana

Conservare spazi naturali vale oro, ovunque e in particolare nella provincia con il più alto consumo di suolo e dove gli ultimi fazzoletti di territorio libero rischiano di essere definitivamente compromessi dall’avanzamento dell’autostrada Pedemontana, ferma da anni nella parte ovest della Provincia.

Un tema che torna a riaffacciarsi minaccioso dopo l’aggiudicazione dell’appalto per la progettazione e realizzazione delle tratte B2 e C e l’acquisto da parte di regione Lombardia delle azioni di Banca Intesa per riversare altro denaro pubblico nel progetto.

Comitati e cittadini si stanno muovendo per informare sulle conseguenze di questi nuovi sviluppi dopo che la lunga fase di stallo ha fatto scendere l’attenzione.

Sono ben due le petizioni aperte: una su change.org promossa dal Circolo Gaia Legambiente di Usmate Velate e una al Parlamento Europeo, la n. 0321/2020, presentata già dallo scorso marzo.

Sono iniziative che sottolineano la richiesta di un’ampia mobilitazione e partecipazione per fare breccia nella politica locale che sembra essere in parte silenziosa e in parte rassegnata al fatto che poco o nulla si possa fare.

Invece di concentrare gli sforzi economici sul miglioramento e la messa in sicurezza del trasporto pubblico, invece di puntare su mobilità sostenibile e riduzione del traffico all’origine, invece di riqualificare le strade esistenti, ecco un’altra “grande” opera, insostenibile ambientalmente ed economicamente.

Di fronte all’emergenza sanitaria e ambientale in corso, questa evidente insostenibilità richiede necessariamente un ulteriore sforzo per non rassegnarsi e per puntare, finalmente, ad un vero cambiamento.

Luca D’Achille @LucaDAchille