Il Comitato Ripartire dalle Cime Bianche, Club Alpino Italiano, Cipra Italia, Mountain Wilderness, WWF, Legambiente VdA, Federazione Pro Natura e Lipu hanno inviato lo scorso 18 ottobre 2021 alla Direzione Patrimonio Naturalistico del Ministero della Transizione Ecologica una segnalazione “affinché possa attivarsi a difesa del patrimonio naturale nazionale ed europeo”.
Nel documento le associazioni ricordano come né la Regione Autonoma Valle d’Aosta, né la società Monterosa SpA “hanno ritenuto di dare un pur minimo cenno di riscontro alla Diffida inoltrata in data 5 dicembre 2020 dal Comitato Cime Bianche e da alcune fra le maggiori Associazioni ambientaliste operanti a livello nazionale, con la quale si chiedeva motivatamente di non dare corso all’affidamento dello studio di fattibilità per il collegamento funiviario nel Vallone delle Cime Bianche”.
Le associazioni lamentano di non aver avuto “accesso al parere rilasciato nel merito della diffida dall’Avvocatura regionale e più volte menzionato pubblicamente in Consiglio regionale, adducendo la motivazione che si tratterebbe di semplice corrispondenza interna agli uffici”.
Inoltre “lo studio Montecno di Bolzano, affidatario della valutazione di fattibilità, ha ritenuto di non dare un pur mimino cenno di riscontro alla Lettera aperta inviata in data 2 settembre 2021, con la quale si chiedeva preliminarmente una verifica del divieto di realizzare nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci nell’area oggetto di valutazione”.
Nella diffida dello scorso dicembre 2020 Comitato ed Associazioni avevano chiesto all’intero Governo di far sì che “la montagna non sia considerata unicamente per gli impianti di risalita e quale parco giochi per la città, ma anche e soprattutto per il patrimonio di biodiversità che rappresenta e per un’offerta turistica molto più ampia dello sci da discesa (passeggiate a piedi e con le ciaspole, relax, sci di fondo, scialpinismo, immersione nella natura, cultura, artigianato, enogastronomia)“.
E avevano sottolineato come la Regione Valle d’Aosta e le società partecipate Monterosa spa e Cervino spa proseguissero imperterrite sulla strada perdente dell’aggressione alla montagna, perfino nelle aree sottoposte a specifica tutela e individuate dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione stessa come meritevoli di conservazione.
Sotto questo profilo Comitato ed Associazioni avevano anche segnalato “l’ipotesi di danno erariale, connesso al finanziamento di un progetto che prevede la realizzazione di impianti su un’area in cui questi sono vietati“.