Dal Consiglio di Stato lo stop a McDonald’s a Caracalla

Lo scorso 28 dicembre il Consiglio di Stato ha consegnato un piacevole dono di Natale (differito…) con l’emissione della sua sentenza numero 8641/2021 con la quale viene rigettata la richiesta di riforma di una sentenza del TAR del Lazio dello scorso anno che aveva confermato il provvedimento del direttore generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MiBAC, che aveva annullato il parere positivo della Soprintendenza Speciale ABAP di Roma per la realizzazione di un nuovo punto McDonald accanto alle Terme di Caracalla e, contestualmente, ne bloccava i lavori.

La sentenza pone finalmente termine a una querelle a cui McDonald’s Development Italy Llc si era appellata ritenendo che non fosse legittima la richiesta del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesistica, rispetto al PTP Caffarella (n. 70 del 2010), che invece lo prevede.

Secondo una nota di Italia Nostra, il Consiglio di Stato ha invece ritenuto che il susseguirsi dei piani paesistici stabilisce “esigenze di tutela del patrimonio culturale, con la conseguenza che le relative previsioni attuative non possono certo essere oggetto di interpretazione riduttiva”.

Pertanto, il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta perché numerosi “atti evidenziano la sussistenza del vincolo sull’area” a ridosso delle Terme di Caracalla, che non prevedono la trasformazione di un vivaio preesistente – originariamente una serra edificata nel 1970, successivamente oggetto di interventi di ampliamento e cambio di destinazione d’uso approvati in sanatoria – in un locale a pubblico esercizio di ristorazione. Tra l’altro l’area è iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale mondiale dell’UNESCO.

Nel febbraio 2018, dopo aver ottenuto i pareri positivi delle autorità – in ordine: 1) della Regione Lazio; 2) della Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area archeologica di Roma del MiBAC, 3) della Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali, 4) dell’U.O. Permessi di Costruire, Ufficio Autorizzazioni Paesaggistiche del Comune di Roma; 5) e infine della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, – Immobilflora S.r.l. e McDonald’s Development Italy Llc, firmavano un contratto di affitto e iniziavano i lavori.

A seguito delle proteste e della levata generale di scudi, interveniva in autotutela, come già detto, la DG ABAP del MiBAC e bloccava i lavori. Tale intervento, secondo il Consiglio di Stato, è suffragato dall’art. 150 del D.Lgs 42/2004, che “attribuisce espressamente sia alla Regione sia al Ministero il potere di ordinare la sospensione di lavori atti ad alterare i valori paesaggistici del territorio, a tutela sia dei beni già vincolati sia di aree che si intende tutelare con l’imminente adozione di un futuro vincolo paesaggistico; si tratta, pertanto, di un potere che può essere esercitato anche a salvaguardia di aree o immobili non ancora dichiarati di interesse culturale o paesistico.

Questa precisazione è importantissima per le future tutele del nostro patrimonio culturale e archeologico. Le criticità emerse in questa vicenda sono evidenti a tutti: Italia Nostra ritiene che per il futuro non si debba fare affidamento sull’intervento in extremis della Direzione Generale, ma portare a termine il processo di co-pianificazione Stato/Regione adottando i Piani Paesistici su tutto il territorio nazionale e non solo in quattro regioni.

Il prof. Tomaso Montanari ha commentato la decisione del Consiglio di Stato affermando che finalmente viene giuridicamente rimarcato che occorre sempre tener conto “del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati”.
Un passaggio che conferma la costante giurisprudenza del sommo organo della nostra giustizia amministrativa, che in una sentenza del 2014 aveva, per esempio, stabilito che il “‘paesaggio’… non va però limitato al significato meramente estetico di ‘bellezza naturale’ ma deve essere considerato come bene ‘primario’ ed ‘assoluto’, in quanto abbraccia l’insieme ‘dei valori inerenti il territorio’ concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni culturali che devono essere tutelati nel loro complesso, e non solamente nei singoli elementi che la compongono. Il paesaggio rappresenta un interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato, e deve essere anteposto alle esigenze urbanistico-edilizie”.

Conclude Montanari: “la morale della vicenda è molto chiara: vale la pena di lottare, con tutti i mezzi della nostra legislazione, per opporsi a chi continua a sacrificare i beni comuni sull’altare del mercato. Il Ministero della Cultura non ha sentito il dovere di fare nemmeno mezza riga di comunicato stampa sulla sentenza per Caracalla: come al solito la differenza la fanno i singoli che rimangono fedeli. Che si tratti delle Terme di Caracalla, o della salvezza del pianeta“…