Lombardia: si discutono i Piani Cave

A cura del Forum Salviamo il Paesaggio- Difendiamo i territori, Coordinamento Lombardia.

Arrivano in discussione in queste settimane i piani Cave della città Metropolitana di Milano e della provincia di Varese, il primo presso il Consiglio regionale lombardo, il secondo in fase di VAS provinciale.

I Piani Cave provinciali pur essendo strumenti di pianificazione territoriale sono spesso misconosciuti e sottovalutati, sebbene influenzino tutta la filiera delle costruzioni, pubbliche e private, impattino con la gestione delle aree protette e la tutela delle acque superficiali, parlino la stessa lingua della gestione dei rifiuti ed abbiano un ruolo essenziale nel consumo di suolo. Già molti anni fa Luca Martinelli scriveva “L’attività estrattiva, in Italia, è senza regole. Quasi 6mila cave attive e 10mila abbandonate: nessuno sa con esattezza quanto si estrae, i controlli sono scarsi e chi scava paga pochissimo le concessioni. Così mentre nel resto d’Europa si riciclano ghiaia e inerti, da noi è più conveniente ricorrere alla ruspa. E quando la cava si esaurisce, diventa una discarica. Come quella di Chiaiano”.

Attività estrattiva e consumo di suolo sono strettamente correlati. Il rapporto annuale ISPRA evidenzia che la Lombardia ha il più alto consumo di suolo (12,08% del territorio regionale) rispetto alla già alta media nazionale (7,11%); nel dettaglio le provincie di Milano e Varese a loro volta presentano i dati più alti (rispettivamente, Milano il 31,62% e Varese il 20,96% del proprio territorio provinciale).

Per queste due province lombarde, il dato più eclatante alla base delle previsioni dei volumi di escavazione per il prossimo decennio è il fabbisogno di inerti, sempre sovrastimato nei precedenti piani cave e riproposto negli attuali aggiornamenti. Vediamo i numeri.

Il nuovo piano cave di Città Metropolitana di Milano, attraverso varie metodologie di calcolo e previsioni più che ottimistiche di ripresa e sviluppo del comparto edilizio per il decennio 2019-2029, conferma un fabbisogno di 32 milioni mc. Nel decennio 2006-2016 sono stati costruiti a Milano e Provincia 125 milioni mc di immobili residenziali e non residenziali, moltissimi dei quali rimasti poi invenduti e inutilizzati. A fronte di un cavato nel decennio 2006-2016 di 18.578.000 mc, il nuovo piano prevede 13,4 milioni mc in più (41% sul previsto, 58% sul cavato reale). Applicando comuni calcoli edili, con questa volumetria di inerti cavati sarebbe possibile la costruzione di ben 743.000 alloggi (immobili) da 100 mq ovvero 82.500 palazzine da 3 piani con 3 appartamenti per piano da 100 mq o 40.000 palazzi da 6 piani con 3 appartamenti per piano da 100 mq, per una superficie di costruzione estesa pari a 74 Kmq da sommare agli attuali 630 Kmq già urbanizzati, portando la percentuale di urbanizzazione del territorio di Città Metropolitana di Milano (1575 Kmq) dal 41% al 45%. Calcolando 3 persone per 100 mq, la proposta del nuovo Piano Cave dunque permetterebbe l’insediamento di almeno 2.230.000 nuovi residenti in Milano e nei Comuni dell’ex provincia nei prossimi 10 anni , con un incremento del 70% rispetto agli attuali 3.200.000 abitanti circa. Ma quanti ‘vuoti a perdere’ ci sono già nell’area vasta di Città Metropolitana di Milano? considerato che secondo ISTAT nel nostro Paese sono attualmente presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700 mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi, 55 mila immobili confiscati alle mafie. Nel settembre 2018 il Coordinamento Regionale lombardo del Forum Salviamo il Paesaggio-Difendiamo i territori presentò ben 3 documenti contenenti dettagliate osservazioni alla proposta del nuovo Piano Cave di Città Metropolitana di Milano, che furono sottoscritti da altre 25 sigle associative regionali tra le quali la Carovana Antimafia Ovest Milano oltre che da 5 illustri personalità del mondo accademico, della Magistratura e della politica (Paolo Maddalena, Virginio Bettini, Vittorio Ingegnoli, Mario Agostinelli, Emilio Molinari). Le osservazioni del 2018 non hanno determinato significative modifiche al Piano e dopo l’adozione definitiva da parte di Città Metropolitana di Milano nel marzo 2019, l’iter di approvazione si è arenato in Regione Lombardia. Tuttora il piano non è stato approvato, anche per le segnalazioni effettuate dalla Commissione antimafia regionale seguite al sequestro di una cava a Zibido San Giacomo.

Il Piano cave di Varese, a fronte di un cavato nel decennio precedente di 11,415 milioni mc per il prossimo decennio prevede 24,756 milioni mc, dei quali 18,548 milioni mc ‘autorizzabili’. Con questa previsione si consentirebbe di estrarre il 50% in più di materiali rispetto a quanto estratto in 13 anni e complessivamente le previsioni di piano sono il doppio di quanto estratto: dunque un ulteriore incremento degli ambiti estrattivi attivi, insieme al maggior consumo della risorsa suolo che deriva dall’attività edilizia correlata al fabbisogno di inerti stimato sul territorio provinciale.
Da ultimo, ma non per importanza, è noto che una consistente parte del cavato prende la via della Svizzera, in media ogni anno non meno di 1 milione di tonnellate di inerti.

Significa che in dieci anni sono stati esportati tra i 5,88 e i 6,66 milioni mc di risorsa NON rinnovabile, che rappresenta la metà di quanto estratto. Alle note problematiche ambientali connesse alla gestione e al recupero dei nostri siti estrattivi, tali attività sommano un traffico stimabile intorno ai 120.000 veicoli/anno e 10 milioni di km percorsi (considerando un carico medio di 16 t/veicolo), che tendono a concentrarsi su pochi corridoi transalpini, generando inquinamento dell’aria, inquinamento acustico e consumo energetico.

Le vicende legate ad abusi e mancati controlli sui materiali importati generano inoltre forti perplessità, se non aperto dissenso, sulla scelta di Regione Lombardia di favorire il traffico transfrontaliero di materiali inerti dalla Lombardia verso il Ticino e del materiale di scavo/rifiuti speciali dal Ticino verso la Lombardia.

Purtroppo siamo alle solite. È evidente la costante enorme sproporzione fra le previsioni che vengono inserite nei piani cave e quanto viene effettivamente estratto; si tratta di un elemento che va ben oltre i margini precauzionali e non può essere giustificato se non come copertura degli interessi di parte (attività estrattive, edilizia, movimento terra, gestione dei rifiuti), laddove invece andrebbero tutelati gli interessi generali che attengono alle risorse naturali non ripristinabili.
Vale inoltre la pena di sottolineare che cave e settori correlati sono tra quelli maggiormente soggetti ad infiltrazione da parte delle mafie, dal nord al sud del Paese, e che le concessioni di escavazione divengono spesso una garanzia finanziaria per attività connesse ben più remunerative.

Questi piani si rivelano imponenti elaborati tecnico-politici permeati solo da una logica di tutela degli interessi economici di pochi operatori ed è evidente che la Valutazione Ambientale sia poco più che un incidente di percorso che comunque può essere ‘aggiustato’ mediante mitigazioni e monetizzazioni.
Se pensiamo che quasi tutti gli ambiti estrattivi lombardi si trovano in Aree protette (Parchi Regionali, PLIS , SIC) o comunque limitrofi ad esse e che in molte sezioni dei Rapporti Ambientali si rileva chiaramente l’elevato impatto ambientale negativo delle cave (aria, acqua, suolo, paesaggio), eppure si pensa di risolvere il problema attraverso recuperi ambientali postumi. Un superficiale azzardo nella migliore delle ipotesi.

Permane l’assenza di concreti sistemi di controllo e di monitoraggio delle ricadute ambientali generate dalle attività estrattive e neppure la nuova legge di Regione Lombardia n. 20 – 08/11/2021 (Disciplina della coltivazione sostenibile di sostanze minerali di cava e per la promozione del risparmio di materia prima e dell’utilizzo di materiali riciclati) riesce ad andare oltre generici impegni di tutela che hanno più il sapore di green washing che di un effettivo strumento di conservazione di un bene comune quali sono le risorse estrattive.

Per queste ragioni nel corso dell’audizione del 30 marzo scorso presso la VI Commissione consiliare regionale “Ambiente e protezione civileabbiamo anche proposto un Osservatorio, costituito dal livello istituzionale e partecipato sia dagli operatori economici di settore che dal civismo organizzato ambientalista, in cui si possa fare il punto a cadenza annuale rispetto ai volumi estratti, alla destinazione finale del materiale, alle variazioni della falda, alla qualità dell’acqua per le cave in falda, alle emissioni in atmosfera. Elemento proposto anche nelle osservazioni per la VAS del Piano Cave della Provincia di Varese che stiamo elaborando in questi giorni cercando di attivare altre risorse civiche del territorio quali i “Tavoli per il Clima”, ma anche Amministrazioni comunali direttamente o meno coinvolte dalle attività estrattive. Ognuno dovrà fare la sua parte.

Salviamo il Paesaggio-Difendiamo i territori, Coordinamento Lombardia

Se qualcuno avesse voglia di fare un giro al seguente link Cave Attive | Open Data Regione Lombardia può trovare i dati descrittivi e identificativi tratti dal Catasto regionale delle cave inerenti cave attive e cessate del bistrattato territorio lombardo. I dati forniscono informazioni su materiale, tipo ed età della cava, vincoli presenti e tipo di recupero previsto di qualcosa come 695 cave…