Milano: la sfida di Piazza d’Armi tra bisogni pubblici e interesse privato

Da una parte la mobilitazione popolare, la vocazione storica di un territorio e la rilevanza sanitaria di un’area naturalistica. Dall’altra i soggetti forti e l’idea diffusa che si possa mettere ordine con il cemento. Ma una soluzione diversa è possibile.

(Immagini tratte dal sito Le Giardiniere Milano)

Abbiamo fatto qualche domanda a Licia Martelli dell’Associazione Parco Piazza d’Armi-Le Giardiniere, uno dei gruppi aderenti al Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni mobilitati per la difesa dell’area di Piazza d”Armi. Nato l’autunno scorso, il coordinamento è costituito da vari soggetti del municipio 7 ma non solo (tra cui Comitato Cittadini Per Piazza D’armi, Dimensioni Diverse, Soy Mendel, Trotto Bene Comune, Off Topic, Comitato Intercomunale Silla 2).
Stiamo parlando dell’area dell’ex Piazza d’Armi, un luogo storicamente destinato alle esercitazioni militari ad ovest del territorio di Milano, a poca distanza dal Parco delle Cave e dal Parco Agricolo Sud Milano. Lì vicino si incontra l’incompiuta Via d’Acqua di Expo. E’ una grande area da tempo chiusa che è spontaneamente diventata un’oasi naturalistica di ben 432.000 mq riconosciuta come “luogo del cuore “ nel censimento F.A.I. 2016. Martelli ci spiega che “dalla fine degli anni ’80, dismessa da funzione militare, essendo recintata è rimasta intoccata per 30 anni, conservando così ‘una terra antica’ e ricreando una conformazione vegetale ricca e articolata fatta di radure, arbusteti e bosco”.
In seguito però il demanio militare cede l’area al demanio civile e da lì un nuovo passaggio alla società INVIMIT per la sua valorizzazione”.

Cosa potrebbe succedere ora nell’area di Piazza d’Armi?

Potrebbe essere cementata con un indice di fabbricabilità altissimo (70%) anche se con il 50% destinato a verde pubblico, secondo il vigente Piano di Governo del Territorio. Oppure quasi totalmente privatizzata con verde artificiale, privato”. Si parla infatti di un interessamento dell’Inter per farne un grande centro sportivo.

Con quali conseguenze?

In entrambi i casi la perdita di un ecosistema prezioso creatosi qui”. Un esito finale che risulterebbe ancor più amaro considerato che “c’era la possibilità di dar seguito nei fatti a tutte le belle parole che sono scritte nelle varie linee guida del Comune o nei protocolli firmati da questa Giunta, come Milano Metropoli Rurale o il Milan Food Policy Act”. A complicare la situazione c’è poi la percezione di molti che l’area sia esclusivamente una zona abbandonata. “Purtroppo il degrado creatosi negli ultimi mesi fa si che il cittadino in media creda che è meglio abbattere e costruire per mettere in ordine”. Eppure “gli ex magazzini sono archeologie industriali militari in buonissime condizioni, molto solide, adatte a numerose trasformazioni per accogliere diverse funzioni”.

Perché è importante conservare Piazza d’Armi?

Innanzitutto per il suo valore storico: “Quest’area ha avuto una vocazione rurale agricola fino ai primi del novecento quando è stata utilizzata come aerodromo, il primo aeroporto milanese, ed in seguito dagli anni ’30 piazza d’armi cioè campo di esercitazione soprattutto per mezzi logistici (per intenderci scuola guida di carri armati e mezzi pesanti)”. Qualora dovessero avvenire le annunciate demolizioni “andrebbe perduto l’intero comparto formato dagli ex magazzini militari, dalla piazza d’armi (l’ampio spazio verde usato per le esercitazioni), dall’ospedale militare e dalla caserma Santa Barbara. Una cittadella militare tra le più estese e sicuramente un landmark storico architettonico in un quartiere già povero di qualità architettonico-urbanistica”. In pratica, continua Martelli, “una perdita di memoria e identità dei luoghi in un quartiere che ha bisogno di servizi e socialità piuttosto che altre residenze o strutture ricettive chiuse alla città. Creerebbero solo maggiore inquinamento”.

In un contesto come quello di Milano quest’area riveste anche un indiscutibile valore ambientale. Il mantenimento degli alberi esistenti è importante per il miglioramento della qualità dell’aria. In più sono presenti 32 specie di uccelli e le zone umide sono areale riproduttivo di molti anfibi autoctoni. È stato individuato anche il Tritone crestato italiano, specie protetta da varie direttive europee ed internazionali, diventato una sorta di simbolo dell’area. Purtroppo, riconosce Martelli, “i temi ambientali rimangono veramente ostici, in particolare quando si cerca di spiegare ad esempio l’importanza e il valore anche economico dei servizi ecosistemici

Siamo a pochi giorni dalla partecipata manifestazione del 10 marzo scorso, cosa farete ora?

Abbiamo fatto tanto in 6 anni di attività ma tanto ancora dobbiamo fare. Stiamo programmando azioni comunicative capillari nel quartiere di Baggio e non solo”. Perché, oltre ad aver presentato osservazioni ufficiali per il P.G.T. e alla Regione Lombardia, per i comitati un altro tipo di intervento è possibile e la proposta c’è già.

Cosa prevede il vostro progetto “RIMANI”, RIsanamento, MANutenzione, Innovazione?

Prevede la salvaguardia dell’oasi naturalistica, con la creazione di un parco agricolo urbano, una bella sfida anche dal punto di vista paesaggistico”. Ed ancora: “apicoltura (è già presente un apiario con circa 2.000.000 di api attive che producono un ottimo miele), coltivazioni biologiche (campi collezione, frutteti e orti) e varie attività didattico scientifiche che si affiancano a quelle produttive. Abbiamo molti partner illustri coinvolti nel progetto. Negli edifici esistenti potrebbero trovare spazio l’agrinido, il magazzino del riciclo edile, l’housing sociale e vari spazi collettivi”. Ecco la Green Economy e l’economia circolare, in chiave sociale e culturale. La strada auspicata da molti, a parole, ma che nella realtà soccombe ancora quando dall’altra parte ci sono “sul piatto” tanti milioni. “E’ ovvio dove pende la bilancia!” conclude Martelli.

E’ curiosa la coincidenza che questo confronto avvenga su un’area di originaria vocazione militare. Sono molti gli angoli d’Italia colpiti dall’invasione del cemento, ma la sfida che si combatte nella grande città di Milano risulta ancor più simbolica. L’augurio è quello che ci possa essere una vittoria significativa e trascinante per tutti coloro che sono impegnati nelle tante battaglie per la difesa del territorio.

Luca D’Achille @LucaDAchille

Riceviamo e pubblichiamo un recente aggiornamento sulla vicenda di Piazza d’Armi

In data 21 marzo 2018 il FAI ha presentato una richiesta di apposizione di vincolo paesaggistico sull’area, ai sensi della legge 42 del 2004 – “Codice dei beni ambientali e culturali”.
La domanda è stata inviata alla Soprintendenza belle arti e paesaggio di Milano, al Segretariato Regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e per conoscenza alla Commissione Regionale per i beni paesaggistici e al Comune di Milano.

Nella richiesta si sottolinea:

  • il “notevole interesse pubblico per gli aspetti di memoria storica, di valore estetico, tradizionale e visivo/paesaggistico e per peculiarità panoramiche in ambito urbano” (in riferimento all’art. 136 del Codice).
  • l’espressione di “identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e della loro interrelazioni”.

Sono elementi che evidentemente meritano tutela, anche in riferimento alla Convenzione Europea sul Paesaggio. Si chiede inoltre che “gli Enti preposti all’esercizio delle pubbliche funzioni, intervengano sul territorio con principi di utilizzo e di salvaguardia al fine di realizzare nuovi valori paesaggistici rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità” (come previsto al punto 6 dell’art. 131).
In attesa di conoscere l’esito di questa richiesta, fondamentale per il futuro dell’area, la stessa risulta ufficialmente in vendita: martedì 8 maggio 2018 è fissata la scadenza per la presentazione delle offerte.

 

Un commento

  1. condivido la importanza fondamentale della Piazza d’Armi per l’intera città di Milano. Questa area si potrebbe veramente prestare a diventare una sorta di Città della Agricoltura di livello internazionale, multifunzionale, con almeno l’80 % di area mantenuta agroforestale,anche con la presenza di attività sociali e ambientali e economiche( anche rilevanti) Potrebbe essere una esperienza unica in Italia
    Nella situazione attuale il pericolo gravissimo, volutamente non esplicitato, è che in termini urbanistici si intende per “verde” in generale l’area pubblica con servizi, che può essere in gran parte anche impermeabilizzata e cementata. E’ quello che sta succedendo nella maggior parte dei nuovi grandi insediamenti di Milano dove non si distingue tra verde vero e servizi impermeabilizzati con la presenza di qualche pianta.

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