Fotovoltaico a terra ph Shutterstock

A proposito del fotovoltaico a terra

di: Salviamo il Paesaggio Mogliano Veneto e Comitato difesa ex cave di Marocco

Pubblicato su Tera a Aqua aprile-maggio 2024 (bimestrale dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer)

Siamo a favore delle rinnovabili, ma non vuol dire che possano essere posizionate ovunque e comunque. All’agri-fotovoltaico si può, valutandolo caso per caso, non essere pregiudizialmente contrari.

Riportiamo la posizione dell’agenzia statale ISPRA in merito agli impianti fotovoltaici a terra, su suolo non già utilizzato/consumato, quindi libero o a destinazione agricola. Ecco alcuni stralci di quanto risponde a diverse associazioni.

Con questa lettera ufficiale, vogliamo evidenziare agli amministratori pubblici (soprattutto statali e regionali) dati molto importanti per valutare attentamente ogni richiesta di nuovi impianti a terra.

“Le attività di monitoraggio nazionale e il report annuale “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” sono in linea con quanto previsto a livello comunitario e riconoscono la differenza tra le diverse tipologie di consumo di suolo e, quindi, ad esempio, tra quello dovuto al fotovoltaico a terra e quello dovuto a nuove costruzioni.

Nel monitoraggio si distinguono poi il consumo di suolo dall’impermeabilizzazione,dal degrado e dalla desertificazione: il consumo di suolo permanente (dovuto a una copertura artificiale permanente, per es. il cemento) è distinto dal consumo di suolo reversibile (dovuto a una copertura artificiale reversibile). Gli impianti fotovoltaici a terra appartengono a quest’ultima categoria e sono, quindi, considerati diversamente dal suolo utilizzato per la realizzazione di edifici, infrastrutture e altre aree impermeabilizzate.

I due obiettivi, la tutela del suolo e la spinta alle rinnovabili, non sono necessariamente in conflitto ed è preferibile privilegiare le installazioni su edifici esistenti, infrastrutture, parcheggi e altre aree già consumate.

Per limitare al massimo l’impatto paesistico e la perdita di aree agricole, molti dei circa 35.000 ettari ulteriori previsti per il fotovoltaico a terra (stima ISPRA e GSE al 2030) potrebbero essere realizzati su quel 7,14% del territorio nazionale dove il suolo è già occupato (2,15 milioni di ettari).

Buona parte dei tetti degli edifici esistenti, gli ampi piazzali associati a parcheggi o ad aree produttive e commerciali, le aree dismesse o i siti contaminati sono esempi evidenti di come si potrebbe conciliare la produzione di energia da fonti rinnovabili con la tutela del suolo, dei servizi eco-sistemici e del paesaggio.

Considerando solo i tetti degli edifici al di fuori delle aree urbane centrali e di tutti i centri abitati minori (circa 385.000 ettari in Italia), si stima che quelli dove è potenzialmente possibile installare pannelli siano compresi tra i 75.000 e i 100.000 ettari, escludendo le aree non utilizzabili e assicurando le distanze per la manutenzione (applicando la metodologia del Centro comune di ricerca della Commissione Europea). A questa superficie si potrebbe aggiungere una parte di aree di parcheggio, piazzali e altre superfici pavimentate (65.000 ettari), di infrastrutture (600.000 ettari), di siti contaminati (150.000 ettari, considerando solo quelli di interesse nazionale), di aree dismesse o altre aree impermeabilizzate, senza aumentare il consumo di suolo.

La possibilità di far convivere sullo stesso suolo un doppio uso produttivo, agricolo ed energetico, attraverso l’installazione di impianti agri-voltaici sostenibili, è una strada che si sta facendo sempre più spazio ma che dovrà essere valutata meglio sulla base di dati effettivi”.

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