Speculazione e sprechi di denaro pubblico nel Parco di Rimigliano

A San Vincenzo, un piccolo Comune con più case che abitanti (7856 abitazioni per 7002 abitanti censiti nel 2009) e  un consumo di suolo cresciuto del 70% negli ultimi dieci anni, è in corso un dibattito sulle sorti del parco di Rimigliano, dopo che nel 1998, con l’approvazione del primo piano strutturale, l’amministrazione comunale decise sciaguratamente di concedere, all’allora proprietario, il noto Callisto Tanzi (Parmalat), la possibilità di avviare una grande operazione speculativa con la costruzione di un grande albergo di 15.000 mq. all’interno della tenuta agricola che da il nome al parco: 560 ettari di campi e pinete lungo la costa a sud del paese di San Vincenzo, con decine di fabbricati rurali storici sapientemente inseriti in uno straordinario paesaggio rurale.

Contro quella decisione intervennero associazioni ambientaliste e l’architetto Italo Insolera, ideatore e progettista del parco di Rimigliano, la cui storia è raccontata nel bellissimo libro “Parchi Naturali. L’esperienza di Rimigliano” di Luigi Gazzola e Italo Insolera. (Edizione delle Autonomie. Roma, 1982). Rimigliano fu il primo parco della costa livornese  da cui trasse spunto il più vasto progetto del sistema dei parchi della Val di Cornia, delineato alla fine degli anni ‘70 con i piani regolatori coordinati dei comuni di Campiglia, Piombino, San Vincenzo e Suvereto.

Il crac Parmalat portò alla vendita all’asta dei beni di Callisto Tanzi. La tenuta di Rimigliano fu acquistata da una cordata di imprenditori con a capo il costruttore Maurizio Berrighi, legato al pd e alle amministrazioni locali.
È così che il Comune con una variante al piano strutturale (2008) e un’altra al Regolamento urbanistico (2010-2011) apre la porta a circa 180 seconde case che saranno realizzate demolendo e ricostruendo, in luoghi diversi, poderi e annessi agricoli. Il cosiddetto piano di miglioramento agricolo ambientale, già approvato dalla provincia di Livorno e dallo stesso Comune di San Vincenzo, prevede solo il mantenimento di 650 mq. di annessi agricoli e nessuna abitazione rurale per una azienda di 560 ettari:  uno scandalo che merita di essere indagato perché quelle scelte portano diritto alla dismissione della funzione agricola e non certo al suo miglioramento, in netto contrasto con gli indirizzi delle leggi regionali. Praticamente nella tenuta agricola vicino al mare spunteranno più di 100 appartamenti e ville di lusso.

Il Comune viene messo sotto attacco dalla stessa Regione, oltre che da comitati e liste civiche, ma approva definitivamente la variante nell’ottobre del 2011. A difendere il piano comunale intervengono sulla stampa i proprietari della Tenuta (Berrighi) e un agente immobiliare vicino al pd (Cristiani).

Tuttavia la Regione non si è ancora definitivamente pronunciata.

Colpisce la continuità speculativa dell’operazione da Parmalat ai nuovi proprietari vicini al potere locale. Intanto il Comune ha speso centinaia di migliaia di euro per consulenze e progettazioni finalizzate esclusivamente all’interesse privato e alla rendita dei proprietari: l’equivalente di 600.000 euro di soldi pubblici per un progettazione pubblica che nessuno vuole, che distrugge un patrimonio storico e ambientale di notevole valore e va ad esclusivo vantaggio dei privati.

I dettagli dei costi si possono vedere anche su siti e blog, tra cui questo:
http://www.comitatopercampiglia.it/blog/2012/01/02/quanto-ci-e-costata-finora-la-follia-di-rimigliano-il-blogger-fantasma/

La storia continua oggi con la pubblicazione sul BURT (11 gennaio 2011) della Variante al Regolamento Urbanistico per la tenuta di Rimigliano.

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