Come il verde urbano può migliorare le nostre città

Una sostanziosa panoramica storico-culturale riguardo al ruolo del verde urbano, importantissimo elemento di landscape e di qualità del territorio, per lo più marginalizzato nella concezione urbanistica nazionale, che oggi più di ieri  andrebbe tutelato e valorizzato.

L’arredo verde nel corso dei secoli ha rappresentato per le civiltà più progredite la manifestazione di un senso estetico peculiare delle caste più colte e della religione in quanto collegamento con il mondo della natura e del divino. Dall’epica omerica  apprendiamo – dal VII libro dell’Odissea – che Ulisse giunse nella città dei Feaci e lì fu ospitato nella reggia di Alcinoo. Un giardino meravigliosamente ordinato, in cui sono presenti   piante ornamentali e piante utili, irrorato d’acque cristalline e composto di elementi decorativi fantastici: una suggestiva visione. Il giardino omerico è l’affermazione dell’uomo sulla natura; ma le due forze, natura e uomo, lungi dall’opporsi si conciliano in loco, in una sintonia perfetta.

Le antiche città erano integrate con la campagna circostante, al contrario i primi processi di massiccio inurbamento alterano questo rapporto portando ad un conflitto città/campagna.

Nel tardo Settecento in Francia, e successivamente in molte altre città europee, si rende visibile una prima inversione di tendenza: il verde assume importanza proprio nei centri urbani e  nasce il concetto di “giardino pubblico”. In questo contesto la vegetazione ornamentale, proposta come elemento di salute pubblica, viene riconosciuta anche come contributo alla funzione estetico ricreativa.

Oggi il verde urbano può contribuire in modo determinante al miglioramento del microclima grazie alla componente vegetale: possono attenuarsi gli squilibri ambientali della città contemporanea;  attraverso vere e proprie iniziative di integrazione strutturale del verde con il costruito attualmente è possibile contribuire a ridurre l’utilizzo di risorse energetiche.

I piani regolatori tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento prevedevano infatti ampi spazi da destinare al verde pubblico; in Italia questa componente rimarrà per lo più superflua e limitata all’arredo urbano.

Nel nostro Paese l’attività urbanistica assegna al verde pubblico funzioni  attualmente prescritte dagli standard urbanistici, con l’obbligo di un astratto rapporto tra la quantità di aree da destinare a servizi e quelle da destinare ad edificazioni per insediamenti.

Nella Convenzione Europea del Paesaggio, tra le varie opportunità, figura la riqualificazione del paesaggio urbano e ancora di più delle aree dismesse e degradate. Di qui l’esigenza che una politica paesaggistica debba accompagnarsi a processi globali sul territorio, poiché spesso i punti critici si evidenziano all’interno delle città.

In Italia riscontriamo un interesse verso il recupero degli spazi verdi, siano essi parchi o giardini o l’utilizzazione del modello di cinture verdi e tuttavia, confrontando le esperienze internazionali, tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi, nella maggioranza  dei casi, che  palesa una scarsa conoscenza di queste problematiche, visibile anche in appalti o affidamenti professionali spesso inadeguati all’attuazione di queste opere.

Questo interesse nasce alcuni decenni fa, quando emerge una nuova coscienza ambientale, sociale ed urbanistica, più attenta alla progettazione degli spazi aperti e ad una considerazione più critica del territorio extraurbano. Ma tale sensibilità si manifesta prevalentemente a partire da contesti di benessere al livello mondiale, e ha tra i suoi referenti quella parte di cittadini con un desiderio di verde in generale, che esige un arredo sia per le case che nelle città.

Il limite di una politica del verde in generale risiede  nell’assenza di una cultura specifica del verde, non solo nei cittadini ma, cosa ancor più grave, nelle amministrazioni pubbliche a tutti i livelli, e questo non solo provoca errori anche negli enti locali più sensibili all’arredo delle loro città.

La mancanza di una politica in questo settore, rende deboli le amministrazioni pubbliche spesso condizionate da movimenti ecologisti e ambientalisti che seppur necessari ed attivi, soffrono frequentemente di estremismi come quello della conservazione e tutela a senso unico, che rende difficile qualsiasi operazione di trasformazione e nuove realizzazioni, anche se mirano alla salvaguardia ed  allo sviluppo degli spazi di arredo delle città.

E’ possibile proporre la riprogettazione delle aree dismesse, fino a comprendere interventi di risistemazione di spazi urbani minori (aree residuali e cortili).
I parchi, attualmente esistenti nei vari punti della città, costituiscono di fatto una cintura verde per l’area metropolitana; questi non scaturiscono da una  politica coordinata di progettazione degli spazi periurbani e pertanto soffrono di alcuni limiti d’incidenza nella gestione più in generale. La cintura di verde che circonda la città è anche composta di aree agricole, difese strenuamente dagli stessi imprenditori, che dovrebbero essere messi in condizione di svilupparsi  per consolidare e valorizzare la loro azienda, in modo da  contribuire a mantenere il loro territorio in modo attivo.

Tale programma dovrebbe  essere  inserito  all’interno di uno strumento di pianificazione ordinario (piano intercomunale o di coordinamento provinciale) o specifico, come accade in alcune realtà europee.

D’altronde in Italia non esiste uno strumento di pianificazione che consideri direttamente una cintura verde delle città e lì dove è presente sia parte integrante del piano urbanistico comunale; solo la realtà di Ferrara, unica esperienza in Italia, ha 1500 ha di terreno agricolo che circonda la città considerato a tutti gli effetti come parte del centro storico.

La qualità del territorio quindi  passa necessariamente anche attraverso il  verde urbano sia pubblico che privato. IL VERDE, in quanto elemento di attrattiva tra i più importanti, diventa anche fattore di competitività per l’economia della città, di qualità per la vita dei suoi cittadini, di identità paesaggistica della città. Gli spazi urbani sono costituiti dal verde pubblico e privato, nelle loro varie tipologie, dal piccolo giardino al grande parco.

A questi spazi vanno aggiunti i viali alberati, che conferiscono, all’insieme la forma di sistema. Questa rete può essere connessa anche da percorsi verdi, pedonali e ciclabili, continui e protetti dal traffico veicolare. L’idea di rete costituisce peraltro il modello di riferimento per le politiche locali del verde urbano.

Nelle politiche urbanistiche, il verde pubblico è previsto spesso esclusivamente come creazione di parchi, con l’intervento degli amministratori pubblici nella gestione, vincolante un forte impegno finanziario, mentre minore importanza viene data al verde privato che è altrettanto rilevante. Alcuni provvedimenti, come l’Agenda 21 e Carta di Aalborg, ne evidenziano l’importanza, ai fini  di un miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita nelle città, non potendo lasciare alla sensibilità e alla spontaneità dei singoli amministratori la soluzione del problema.

E’ auspicabile una diversa cultura urbanistica che tenga conto di tali spazi, con l’estensione anche del verde pensile, fin dalla fase progettuale, così da  contribuire a migliorare le politiche sia del verde che del risparmio energetico.

Si può e si deve sottolineare il ruolo del verde dal punto di vista bioclimatico: l’evapotraspirazione prodotta dalle piante può contribuire ad una sensibile mitigazione della temperatura estiva nelle aree urbane.

Gli spazi verdi pubblici, generalmente di proprietà dei Comuni, comportano tutti i problemi legati alla pianificazione,  progettazione, gestione e  manutenzione del sistema degli spazi verdi urbani. Un piano del verde approvato implica il rispetto di regole tecniche già previste da leggi nazionali, diminuendo quella autonomia operativa spesso soggettiva che comporta alcuni errori sulle politiche di arredo di una città.

Le Regioni e le Province dovrebbero, invece, svolgere una funzione di coordinamento per la realizzazione di una strategia unitaria, che sia in grado di accelerare la diffusione, sia tra gli Enti pubblici che tra i privati, di migliori pratiche di manutenzione degli spazi verdi stessi.

A questi fattori va aggiunta infine l’opera dei cittadini che, culturalmente responsabili, anche attraverso l’arredo privato, possono rendere ancora più alto il valore della città.

Infatti in un processo di espansione urbana, il verde viene ad assumere nuovi ruoli, non solo quello decorativo ma anche ecologico e sociale, con spazi ricreativi ed educativi che migliorano il clima urbano; inoltre assorbono gli inquinanti atmosferici, riducono i livelli di rumore, stabilizzano il suolo, forniscono l’habitat per molte specie animali e vegetali, etc.

L’auspicabile diffusione del verde urbano, indicata anche da Agenda 21 a livello mondiale e  la Carta di Aalborg a livello europeo è un elemento di grande importanza ai fini del miglioramento della qualità della vita nelle città.

Un’esperienza a livello internazionale, espressione di alta  sensibilità, è  la realtà evidenziata da una pubblicazione  di Michela Pasquali intitolata “Loisaida”, nome di una piccolo zona  di Manhattan dove alcuni cittadini  hanno avuto il desiderio ed il coraggio di ridare vita a zone marginali e degradate costruendo giardini spontanei con inventiva e grande capacità espressiva.

Operare per il verde urbano non significa solo favorire le modalità della sua gestione e consentire una razionale pianificazione degli interventi di estensione delle aree verdi, ma deve essere in fondamentale relazione con il paesaggio.

Per questo sarebbe auspicabile che nei Comuni, al piano urbanistico comunale  venisse affiancato funzionalmente anche il Piano del verde urbano, una realtà  progettuale oggi esistente solo in alcune parti del nostro Paese, la cui assenza provoca un rilevante spreco di denaro pubblico e rende di fatto meno fruibile il verde per i cittadini.

Proprio con riferimento ai modelli culturali della sostenibilità delle aree urbane e al ruolo del verde dentro le città potrebbe essere significativa la sua riscoperta.

Così come gli orti urbani che fanno parte integrante della cultura architettonica europea anche le cosiddette città giardino sono state eliminate da alcuni architetti “moderni” per i quali è valsa la pena  privilegiare una cultura industriale dell’edilizia: il mattone ed il cemento più che gli elementi di inserimento e di valorizzazione dell’ambiente (anche urbano), dando come risultato quello di cancellare un elemento culturale presente nelle città europee sin dal medioevo.

Ma dobbiamo stare attenti a non gestirli come accade oggi, considerandoli solo spazi residuali da dare ad alcune categorie sociali come i pensionati, poiché senza un sostegno tecnico e un coordinamento, rischiano di diventare altri spazi di degrado; potrebbero al contrario contribuire all’importantissimo ruolo del verde dal punto di vista bioclimatico: l’evapotraspirazione prodotta dalle piante può contribuire ad una sensibile mitigazione della temperatura estiva nelle aree urbane contribuendo in modo sostanziale a mitigare gli effetti di degrado e gli impatti prodotti da una presenza di intensa edificazione e dalle attività dell’uomo in generale.

L’orto urbano può essere utile anche dal punto di vista sanitario in alcune aree urbane, specie vicino agli ospedali: la sua presenza  contribuisce alla creazione di un ambiente che può favorire la convalescenza dei degenti, sia per la presenza di essenze aromatiche e balsamiche, sia per l’effetto di mitigazione del microclima, sia anche per l’effetto psicologico prodotto dalla vista rilassante di un’area verde ben curata.

Il verde può fornire un importante effetto di protezione e di tutela del territorio in aree degradate o sensibili (argini di fiumi, scarpate, zone con pericolo di frana, ecc), e viceversa la sua rimozione può in certi casi produrre effetti anche di degrado e dissesto territoriale.
Inoltre la gestione del verde può consentire la formazione di professionalità specifiche e favorire la formazione di posti di lavoro.

La funzione culturale e didattica, la presenza del verde costituisce un elemento di grande importanza dal punto di vista culturale, sia perché può favorire la conoscenza della botanica e più in generale delle scienze naturali e dell’ambiente presso i cittadini, sia  per l’importante funzione didattica (in particolare del verde scolastico) per le nuove generazioni.

Inoltre i parchi e i giardini storici, così come gli esemplari vegetali di maggiore età o dimensione, costituiscono dei veri e propri monumenti naturali, la cui conservazione e tutela dovrebbe rientrare tra gli obiettivi culturali del nostro paese.

Gli orti botanici inoltre, pur nell’esigenza di tutela e conservazione,  vanno adeguati con progetti di valorizzazione per assolvere ad un ruolo sia scientifico che culturale.

Giovanni Li Volti
Segretario generale dell’Associazione
per la qualità del paesaggio e del florovivaismo  (Promoverde)

2 commenti

  1. “Inoltre i parchi e i giardini storici, così come gli esemplari vegetali di maggiore età o dimensione, costituiscono dei veri e propri monumenti naturali, la cui conservazione e tutela dovrebbe rientrare tra gli obiettivi culturali del nostro paese.”

    Questa frase racchiude perfettamente il pensiero di un architetto (e non solo) impegnato nella progettazione e successiva realizzazione degli spazi verdi urbani.

    E quoto anche la frase dell’Arch. Gigliotti quando afferma che la riappropriazione degli spazi verdi debba essere guidata attraverso un processo di progettazione partecipata.

    Concludo dicendo che ho trovato uno strumento molto interessante riguardo alla progettazione delle aree verdi (ma anche di giardini, balconi, terrazzi, ambianti con piscine, etc.), che sperimenterò a breve su consiglio: http://www.orlandelli.it/it/pro-landscape.aspx

    Gennaro

  2. credo che sia indispensabile cambiare atteggiamento su questa materia.Ricordo che in un articolo anni fa la città di Catanzaro era stata classificata come una città con il maggiore spazio a verde, salvo scoprire che si trattava delle scarpate peraltro piene di erba vento causa di allergie frequentissime tra i cittadini.
    Penso che la riappropriazione degli spazi di risulta e di tutti i fazzoletti verdi incolti possa esser guidata attraverso un processo di progettazione partecipata. Solo così gli abitanti si sentirebbero protagonisti e continuerebbero a curarli. Bisogna comunque trovare un sistema di autofinanziamentto, anche minimo per le spese materiali.
    La nostra condotta Slow food di Soverato, ha aderito ad un PISL ed uno dei progetti è l’orto terapeutico, aspettiamo di sapere se il PISL, che ha superato la prima fase di valutazione sarà finanziato,
    arch. Marisa Gigliotti

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