Seveso 1976 – Valle del Sacco 2012: una storia destinata a ripetersi?

Alfa/beta/gamma-esaclorocicloesano, policlorobifenili, diossine e metalli pesanti come cadmio, mercurio, vanadio, piombo e arsenico nella zona. Tumore alla pleura, al testicolo, alla vescica, diabete, alterazioni nella fertilità maschile e femminile, aumenti di malattie del sistema nervoso invece nelle persone.

E’ questa l’eredità che cinquant’anni di produzione industriale hanno regalato alla Valle del Sacco e al comprensorio dei comuni di Colleferro, Segni e Gavignano. A rivelarlo una relazione epidemiologica sulla salute della popolazione.

 

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Articolo di Ivano Ciccarelli

In Valle del Sacco, area geografica che si estende tra le provincie di Roma e Frosinone e che prende il nome dal fiume che l’attraversa, rischia di ripetersi un dramma simile a quanto accaduto a Seveso dal 1976. Questo è quanto denunciano oggi, oltre ai cittadini locali, diversi addetti ai lavori.

COSA ACCADDE “IERI” – SEVESO 1976

Era il 10 luglio del 1976 quando una fitta nube – contenente triclorofenolo (TCP) e tetraclorodibenzoparadiossina 2, 3, 7 e 8 (TCCD), una miscela velenosissima per chiunque – si alzò dall’ICMESA, industria chimica di proprietà della GIVAUDAN (gruppo elvetico HOFFMAN-ROCHE) e prese a vagare tra Seveso, Meda, Desio e Cesano Maderno (comuni dell’area Nord di Milano), inquinandone aria, terreni e corsi d’acqua.

Il ricercatore chimico inglese Donald F. Lee, cui la Regione Lombardia affidò il compito di monitorare e sovrintendere la situazione, nel suo rapporto del 1977 dichiarò:  “la fuga di sostanze nocive è stata quantificata in due chilogrammi di polveri chimiche disperse nell’aria, ma si tratta di una grossolana sottostima e ci vorranno molti anni per conoscere la vera portata dei danni all’ambiente e all’uomo“.

Aveva ragione. Dagli studi più recenti (2008) condotti dalle ASL lombarde si rileva come, ancora a 33 anni di distanza dal disastro, gli effetti (misurati su un campione statisticamente ampio di popolazione: 1772 esposti ed altrettanti controlli) siano elevati.

Lo studio, in sintesi, evidenzia come la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali conseguenti alla residenza in zona A delle madri sia 6.6 volte maggiore alla media regionale. Alterazioni riguardanti il TSH (ormone dell’ipofisi, che controlla l’attività secretiva degli ormoni della ghiandola tiroidea) e potenziale causa di deficit fisici ed intellettuali durante lo sviluppo del bambino.

COSA ACCADE OGGI – VALLE DEL SACCO

Partiamo da lontano.

Dal 1990, quando in quest’area – che comprende i comuni Segni e Gavignano (Rm), Sgurgola e Morolo (Fr) e soprattutto Colleferro (Rm), con il suo importante polo chimico-industriale solo in parte dismesso – furono individuate tre discariche abusive di rifiuti industriali. L’anno successivo poi, una una perizia tecnica sulle acque e i terreni adiacenti rilevò la presenza di inquinanti organoclorurati e metalli pesanti.

Quindici anni dopo, nel 2005, a seguito dei livelli elevati di beta-esaclorocicloesano (ß-HCH, sostanza chimica derivante dalla produzione di pesticidi organoclorurati) rinvenuti in campioni di latte di mucca provenienti da aziende locali, venne riconosciuto e dichiarato per la Valle del Sacco lo stato d’emergenza ambientale.

Emergenza confermata dai dati della Commissione Sanità della Regione Lazio, che nel 2009 rende noto come il ß-HCH sia risultato presente in ben 246 campioni di sangue prelevato tra i cittadini della zona.

A seguito di questo, il dottor Carlo Perucci della ASL RmE ha parlato di ciclo alimentare interamente compromesso, non esludendo provvedimenti di messa al bando per i prodotti agro-alimentari dell’area e soprattutto di divieto d’allattamento per le neo-mamme, dal momento che il ß-HCH verrebbe espulso solo attraverso il latte materno.

Gennaio 2012.

Dopo che, soltanto pochi mesi prima, l’Ufficio Commissariale per l’Emergenza nel bacino del Fiume Sacco ha dichiarato la fine dello stato di emergenza ambientale, l’ASL Roma G rileva che nelle acque di Colleferro destinate ad uso pubblico e potabile, oltre a ferro e manganese ben al di sopra dei limiti consentiti, vi sono dosi massicce e diffuse di ß-HCH. A riprova che, nonostante le presunte attività di bonifica effettuate nel corso degli anni, il velenosissimo beta-esaclorocicloesano non ha mai smesso di inquinare le acque  e il territorio dell’intera area.

L’ASL Roma G ha immediatamente richiesto al Sindaco di Colleferro di interrompere l’immissione in rete idrica dell’acqua contaminata e di informare la cittadinanza. Non v’è dubbio tuttavia che il problema è ben lungi dall’essere risolto.

La storia, Seveso, insegna.

Sottovalutare l’emergenza della Valle del Sacco significherebbe perseverare in un errore che si è pagato, e si continua a pagare, anche e soprattutto in termini di vite umane.

 

Documenti per approndire:

ValledelSacco_AttivitaUfficioCommissariale

analisi_acqua_colleferro

Richiesta accesso agli atti prelievi acqua Colleferro

Interrogazione 715 01022012 Acqua Colleferr

Relazione_sacco_7 febbraio 2006_1

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