Ospedale di Pordenone: a chi serve davvero costruirne uno nuovo?

A Pordenone da anni tiene banco la questione del “nuovo ospedale”. Un progetto nato con l’idea di ristrutturare il vecchio ospedale, in modo da rendere la struttura rispondente a requisiti anti-sismici, ampliandolo al contempo con la costruzione di nuovi padiglioni su un’area adiacente. Progetto che però è cambiato col tempo e soprattutto con l’avvicendarsi di politici sulle poltrone di governatore regionale e di sindaco. Questo rimescolamento di uomini e di interessi ha fatto sì che emergesse la volontà di costruire un una nuova struttura, su un terreno attualmente verde, ma destinato a soccombere sotto altro cemento.

Una vicenda complessa sotto vari punti di vista, che viene riassunta nell’articolo di seguito, a cura di Giuseppe Ragogna, vicedirettore del Messaggero Veneto.

RINVIO NECESSARIO. RAGIONIAMO

di Giuseppe Ragogna (14/03/2013)

Il sindaco Pedrotti ha rinviato la decisione sull’ospedale a dopo il voto. Una pausa di riflessione è quantomai necessaria, per inquadrare la questione in un contesto economico profondamente modificato negli ultimi cinque anni. Dopo il colpo di coda di una fase d’espansione economica, oggi siamo dentro uno scenario difficile da interpretare. E’ evidente che un’opera impegnativa, capace di condizionare il futuro di una comunità, deve per forza di cose tenere conto dei “tempi nuovi”, che stanno cambiando i paradigmi dell’economia e della sanità. Non può essere lasciata esposta a strumentali contese elettorali.

RAGIONIAMO ANCORA

L’idea di costruire l’ospedale in Comina ha preso consistenza dopo l’accantonamento del piano di ristrutturazione-ampliamento nell’attuale sito di via Montereale. Erano i tempi della giunta regionale di Riccardo Illy. Nel 2007, il progetto (approvato, pagato oltre 3 milioni di euro e tuttora valido) era già entrato nella fase di esecutività. Praticamente, si ipotizzava di salvare alcuni padiglioni e, riorganizzando sotto l’aspetto funzionale la vasta area, di realizzare una nuova struttura al posto delle vecchie caserme. Costo: un centinaio di milioni. Dopo le elezioni, il patto Tondo-Bolzonello ha stoppato la procedura. La parola d’ordine è diventata: «Meglio il nuovo».

Così l’obiettivo si è spostato sulla Comina, in mezzo alla campagna, in un’area meritevole di rispetto ambientale. E il preventivo di spesa è salito alle stelle.

Altri tempi, un’altra “epoca economica”. Tuttavia, le cifre sono sempre state ballerine. Tra alti e bassi, l’accelerazione è avvenuta soltanto negli ultimi mesi, a un passo dalle elezioni. Per capirlo, è sufficiente leggere i materiali di approfondimento messi in rete dal Comune. Basta prestare attenzione alla variabilità del quadro finanziario arrivato a toccare l’importo di 274 milioni di euro. Ma la somma non comprende le opere di viabilità (a carico della Provincia) e di urbanizzazione primaria (a carico del Comune). Non solo, un’altra operazione delicata riguarda l’acquisto dei terreni, le cui proprietà sono assai frazionate.

GLI ASPETTI FINANZIARI

Soltanto a fine ottobre 2012 è maturato il ricorso al project financing, come strumento di integrazione delle disponibilità regionali. Se passerà il piano della Comina, ben 124 milioni di euro saranno riservati ai privati, i quali otterranno come remunerazione un canone per la disponibilità della struttura e la concessione di vari servizi.

Si tratta di un meccanismo finanziario molto costoso, che durerà per lungo tempo (anche trent’anni). E sarà scaricato sul groppone del sistema sanitario dell’intera provincia. I cittadini pagheranno i costi aggiuntivi.

Esperienze ospedaliere a noi vicine (vedi Veneto) sono con l’acqua alla gola a causa di prodotti finanziari di questo tipo. E’ solo il caso di sintetizzare quanto ha evidenziato l’indagine della Commissione parlamentare sui buchi di bilancio di alcune aziende sanitarie provocati da somme importanti di finanza di progetto: «A fronte dell’immediato vantaggio della partecipazione del privato, è necessario sottolineare l’enorme svantaggio di impegnare per un gran numero di anni la pubblica amministrazione nei confronti di un fornitore di servizi (che diventa poco condizionabile in relazione alla qualità offerta), con costi unitari superiori a quelli di mercato (proprio per consentire al privato di recuperare, con gli interessi, l’impegno assunto); la parziale deroga alle norme della concorrenza e della normativa sugli appalti; un complessivo maggior esborso per la pubblica amministrazione». Alla fine, per puntare sul “contenitore”, si finisce con il trascurare la qualità delle prestazioni. Il resto del quadro economico è coperto dalla Regione. Però è il caso di ricordare che soltanto negli ultimi giorni del 2012 sono stati inseriti nel bilancio gli impegni finanziari: 20 milioni (2013), 30 milioni (2014), 40 milioni (2015), 60 milioni (2016). E’ evidente la difficoltà incontrata dalla pratica lungo il tormentato percorso. Infatti, tutto è stato messo a carico della futura Amministrazione.

Perché, allora, decidere frettolosamente in poco tempo, sotto pressioni politiche, quando per un lungo periodo non è stato battuto un chiodo? Con questi chiari di luna, varrebbe la pena di azzardare un’avventura senza ritorno? Se invece gli amministratori ritengono che il gioco valga la candela, è il caso che chiariscano la loro strategia ai cittadini, molto dei quali si sono espressi per una consultazione referendaria.

GLI ASPETTI SANITARI

Il nuovo ospedale in Comina assorbirebbe una parte rilevante di trasferimenti per la sanità, per fronteggiare gli obblighi imposti dal project financing, con contraccolpi pesanti su tutta la rete provinciale. Le ristrettezze economiche creerebbero ulteriori problemi a un settore interessato da profondi cambiamenti, che stanno mettendo ovunque in difficoltà i vecchi modelli ospedalocentrici.

Come sarà la sanità tra qualche anno? Molti esperti prospettano un’organizzazione diversa, che ruoterà attorno alle esigenze sempre più pressanti dei servizi territoriali destinati agli anziani, all’infanzia, ai disabili, alla salute mentale, al recupero dalle tossicodipendenze. Lo ha spiegato in maniera efficace, proprio sulle pagine del nostro giornale, Salvatore Guarneri, già direttore sanitario del nosocomio pordenonese: «E’ in progressivo aumento la popolazione anziana, con necessità di servizi diversi. Si modificano così le prestazioni, orientate sempre più verso strutture distrettuali in grado di eseguire esami e dotate di diagnostica leggera, con necessità di specialisti e di medici capaci di intercettare pazienti che non chiedono soltanto terapie farmacologiche, ma anche risposte su stili di vita, prevenzione e riabilitazione. Se questo filtro funziona, garantendo soluzioni ai malati cronici, ecco che l’ospedale diventa il riferimento esclusivo per le acuzie, con un abbattimento degli accessi». Da questa riflessione emerge una diversa funzione della sanità, che sposta il ragionamento dai “contenitori” ai contenuti.

GLI ASPETTI URBANISTICI

La scelta della Comina provocherebbe uno sconquasso negli equilibri della città. Significherebbe legittimare un altro fronte di espansione, quando il centro, abbondantemente cementificato, si sta svuotando.

Di fatto, Pordenone comprometterebbe l’obiettivo strategico di guidare un processo di rigenerazione urbana dei vasti spazi degradati, in un’ottica di progressivo superamento della sua impronta “fordista”. Quel vecchio mondo non c’è più. Analisi e dati proiettano la città in un’altra dimensione, ben diversa dalla crescita muscolare, senza freni, bisognosa di ampie volumetrie per fabbriche, uffici e abitazioni. I trend demografici hanno virato al ribasso. L’attuale fase di deindustrializzazione rilancia invece un’interessante sfida a ritessere, con iniziative di qualità, i brani della città, evitando un’inutile dilatazione urbana.

Non c’è assolutamente bisogno di consumare altro suolo, potendo riorganizzare immense aree dismesse. Allora perché aprire un altro “buco nero” spostando l’ospedale?

Tra l’altro, in via Montereale, è in fase di dismissione anche la caserma Mittica. Un’operazione sommata all’altra creerebbe un vero disastro per una città di cinquantamila abitanti. Il riuso è la scommessa che Pordenone non può perdere, considerato che l’ha rimarcata con un percorso “smart city” per il nuovo piano regolatore. E’ su questo versante che si gioca la vera innovazione. Lì dentro ci sono creatività e futuro.

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Ulteriori informazioni

A questo proposito, su iniziativa di alcuni cittadini, è nato un comitato per promuovere il progetto di riqualificazione del vecchio ospedale. Il Comitato Salute Pubblica Bene Comune di Pordenone, che non appartiene ad alcuno schieramento politico, si prefigge di promuovere un referendum, in modo che siano i cittadini stessi a decidere se vogliono il nuovo ospedale o se preferiscono ristrutturare e dare dunque nuova vita a quello esistente.

Di seguito, il link al sito del comitato:
http://comitatosalute.wordpress.com/

Roberto Caravaggi

2 commenti

  1. Attorno all’attuale sito dell’ospedale esistono aree utilizzabili in abbondanza già di propirietà comunale, già servite da luce, acquedotto, fognature ecc. In più si potrebbero utilizzare altre aree militari in via di dismissione, sempre adiacenti all’attuale nosocomio. Non c’è alcun motivo per edificare sui terreni agricoli in località Comina.

  2. Ma non era Bersani che aveva detto stop al consumo di suolo prima della campagna elettorale? Lo sanno i suoi sindaci? mi sembrano tanti buffoni in un circo!

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