Bisceglie: una storia di Bellezza, Libertà e Giustizia

Il 17 aprile scorso la Corte d’appello di Bari ha pronunciato una sentenza importante per la nostra Città. Una sentenza con cui i Giudici hanno assicurato piena tutela a due diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione: il diritto alla bellezza (art. 9) ed il diritto alla libertà di pensiero (art. 21).

Una delle locandine oggetto di contestazione
Una delle locandine oggetto di contestazione

La controversia che i Giudici hanno dovuto dirimere ebbe inizio ormai molti anni fa. Tra gennaio e febbraio del 1998 Angelo Ruggieri, fondatore dell’associazione e della casa editrice “Sapere 2000”, fece affiggere per le strade di Bisceglie due manifesti in cui denunciava quanto stava accadendo a pochi centimetri da casa sua.

La società “Edil futura” stava erigendo un fabbricato in aderenza ad una finestra di “Palazzo Posa”, edificio del XVII secolo, dichiarato di interesse architettonico e storico dal Ministero per i Beni culturali e ambientali. Il particolare di uno dei manifesti pubblicati nel 1998 “Palazzo Posa” apparteneva ad Angelo ed alla sua famiglia. Quando Angelo mi mostrò quello che stava accadendo accanto alla sua proprietà, rimasi (appena ventenne e novello studente di giurisprudenza) incredulo. Aprendo la finestra della stanza che Angelo aveva adibito a sede dell’associazione, si entrava in contatto (non più con la luce e con l’aria, ma) con i mattoni forati del fabbricato adiacente. La finestra di Angelo era stata, completamente e letteralmente, murata. Ed io non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che “la legge” lasciasse che quel singolare accadimento si compisse.

Le norme della legge sono tante, ed occorre molto tempo per imparare a conoscerle bene. Guardando la finestra murata di Angelo, pensavo che lui avesse subito un sopruso. L’impresa costruttrice, invece, leggendo dal suo, particolare, punto di vista l’art. 2043 del codice civile (“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”), riteneva di essere stata danneggiata da Angelo. E così gli intentò causa. Assumeva di essere stata diffamata e danneggiata da quei manifesti e pretendeva un risarcimento di 3 miliardi di lire. Devo soffermare un momento l’attenzione su questo passaggio della sentenza della Corte d’appello che riassume lo svolgimento del processo: no, non ho contato male gli zeri, sono proprio 3 miliardi.

Il Tribunale di Trani, con una sentenza del 2008, accoglieva la domanda di “Edil futura” s.r.l. e condannava l’associazione “Sapere 2000” e Ruggieri Angelo, in solido tra loro, “a titolo di risarcimento del danno, al pagamento della somma di €. 40.000 (…) oltre agli interessi da gennaio 1998 al soddisfo, nella misura del 2,5% all’anno, nonché alla rifusione delle spese processuali”.

Lo scorso 17 aprile, all’esito di una causa durata 15 anni (tra primo e secondo grado), la Corte d’appello di Bari, nelle persone del Presidente Luigi Di Lalla e dei Consiglieri Vincenzo Giovanni Sannicandro e Matteo Antonio Sansone (relatore ed estensore della sentenza), ha riformato la decisione di primo grado, ed ha reso un omaggio alla bellezza, alla libertà ed alla giustizia.

I manifesti firmati da Angelo Ruggieri e dall’associazione “Sapere 2000”, tra l’altro, denunciavano quello “scempio urbanistico”, raffiguravano l’immagine del fabbricato che stava realizzando la società “Edil futura” in aderenza a “Palazzo Posa” ed invitavano tutti i cittadini a costruire una Bisceglie vivibile e dal volto umano. Attraverso quei manifesti Angelo aveva esercitato il suo diritto fondamentale, garantito dall’art. 21 della Costituzione, di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

La giurisprudenza consolidata, anche della Corte di cassazione, ha chiarito da tempo che il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero prevale (in un bilanciamento tra interessi di rango costituzionale) sull’altrui diritto alla reputazione, purché sia esercitato nel rispetto di tre limiti: 1) verità; 2) continenza; 3) interesse pubblico alla diffusione della notizia.

1. Verità. La Corte d’appello ha affermato che, in base alla consulenza tecnica redatta nel corso del procedimento penale (in cui Gentile Benedetto, in qualità di legale rappresentante della società costruttrice, era stato imputato ed assolto), la concessione edilizia rilasciata il 7 marzo 1990 era illegittima per violazione delle distanze dai confini interni e laterali, e per il superamento dei valori massimi di superficie e di volume prescritti dalla legge. Pertanto – scrive la Corte – “l’affermazione secondo la quale la realizzazione di tale fabbricato era avvenuta in forza di abusi commessi dai competenti organi amministrativi non era veritiera”.

2. Continenza. Secondo il Tribunale i manifesti di Angelo non avevano rispettato il limite della continenza, “giacché per ottenere lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su irregolarità amministrative (…), era stato utilizzato uno strumento che era andato ben al di là dello scopo dichiarato”. La Corte d’appello ha ribaltato tale affermazione, ritenendo che il limite della continenza, intesa come correttezza formale della critica, fosse stato rispettato. Sostiene la Corte barese che “qualora la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell’autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza” richiede un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, e che tale bilanciamento sia ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse pubblico.

3. Interesse pubblico. Trattandosi del diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero, sotto forma sia di diritto di cronaca, sia di diritto di critica, il requisito del’interesse pubblico assume un rilievo fondamentale.

Su questo punto le parole dei Giudici rivestono un valore sociale (oltre che giuridico) tale da meritare di essere integralmente trascritte e portate pubblicamente a conoscenza della Comunità biscegliese:

Occorre infatti considerare che il fabbricato sito in via Imbriani in Bisceglie, denominato “edificio-via Imbriani, già Palazzo Posa”, con decreto dell’11 aprile 1990 del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali, è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1 giugno 1939 numero 1089 e quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa. (…) Dalla relazione allegata al suddetto decreto ministeriale si rileva che l’edificio (…) costituisce un rilevante esempio architettonico, per il contesto urbano e territoriale al quale appartiene, di antico palazzo suburbano o “villa” di committenza e di tono signorile. Il palazzo, riconducibile al 17º secolo, presenta caratteristiche tali da renderlo meritevole di essere assoggettato al vincolo di tutela di cui alla legge numero 1089/1939, come bene di interesse architettonico e storico. A seguito del decreto ministeriale citato, l’edificio di proprietà del Ruggieri, per le sue caratteristiche storiche ed architettoniche, ha acquisito rilevanza per la collettività di Bisceglie, come immobile facente parte del patrimonio culturale e storico dell’intera cittadinanza”.

Dunque, Angelo Ruggieri aveva il diritto di pubblicare quei manifesti, anche perché “le vicende che hanno interessato il suddetto edificio hanno assunto una portata di interesse pubblico e non ristretto alla controversia del tutto privatistica”.

Secondo la Corte, la fotografia effigiata sui quei manifesti (che si riproduce a corredo del presente articolo) era “emblematica di una situazione di degrado urbanistico ed edilizio”, e “riguardava un fatto rilevante per la pubblica opinione perché lesivo di un bene appartenente al patrimonio culturale ed alla storia della comunità locale”.

La Giustizia civile italiana, certo con molta lentezza (ma questo, ahimè, è un problema generale, non ascrivibile, con ogni probabilità, ai Giudici della Corte d’appello), è arrivata a ristabilire la ragione, ed a riconoscere adeguata garanzia al diritto di un Uomo alla libertà di esprimere il proprio pensiero, ed al diritto di una Comunità di tutelare “il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico” (così si esprime l’art. 9, comma 2, della Costituzione italiana).

Il diritto alla bellezza. Alla bellezza del paesaggio, inteso come territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali ed umani, e dalle loro interrelazioni. Alla bellezza dei beni di interesse storico e culturale che costituiscono un patrimonio appartenente non soltanto ai rispettivi proprietari, ma anche all’intera Comunità locale, della quale conservano la storia e la cultura.

Bisceglie ha già subito troppe offese alla bellezza, ed altre rischia di subirne. “Palazzo Posa”, “Palazzo Fiori”, “Villa Calò”, le “Camere di Cocola”, il palazzo ottocentesco di via Camere del Capitolo, (et c.) sono (o, purtroppo, erano) esempi di bellezza e di cultura, da proteggere contro ogni intervento edilizio “certamente di non pregevole architettura” (per usare ancora le parole della Corte d’appello).

Il 18 luglio 2010 Angelo Ruggieri ci ha lasciato. Non ha avuto il tempo di leggere la sentenza che gli avrebbe reso ragione. La sentenza è stata emessa nei confronti di Rosalba D’Addato, sua moglie, di Giulia, sua figlia, e dell’associazione “Sapere 2000”; ma mi piace pensare che sia stata resa in favore di tutti i cittadini biscegliesi. Affinché teniamo bene presente che i diritti fondamentali, alla bellezza ed alla libertà, trovano tutela; che esiste giustizia. Affinché, seguendo l’esempio di Angelo, ci impegniamo per tutelare la nostra cultura ed i nostri diritti.

La vicenda giudiziaria di “Palazzo Posa” non è ancora conclusa. Esiste un’altra sentenza, definitiva, della Corte di cassazione che dispone la demolizione dell’edificio costruito in violazione della legge. Non so se l’ordine di demolizione sarà effettivamente eseguito (non ho una conoscenza sufficientemente approfondita delle valutazioni tecniche, economiche e di opportunità che devono essere compiute prima di procedere alla demolizione). So, però, che la sentenza della Corte d’appello di Bari rappresenta una buona notizia per Bisceglie. So che l’impegno di Angelo continua a vivere in Rosalba e nelle persone che gli hanno voluto bene.

Nel film “I cento passi” a Peppino Impastato vengono attribuite queste parole: “Non ci vuole niente a distruggere la bellezza. E allora, invece della lotta politica, la coscienza di classe, tutte le manifestazioni e ‘ste fissarie … bisognerebbe ricordare alla gente che cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla. La bellezza. È importante la bellezza: da quella scende giù tutto il resto”.

Non so se Peppino Impastato abbia davvero pronunciato queste parole, ma le condivido una per una.

Enzo Sciascia (magistrato)

Un commento

  1. EVVIVA LA BELLEZZA DI PEPPINO E DI ANGELO! GRAZIE , VI VOGLIAMO BENE!

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