Milano: 23.000 firme per salvare un’area ricca di natura e cultura, l’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini

L’area dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini a Milano, da anni al centro di progetti culturali e ambientali, è a rischio edificazione. Una forte mobilitazione di associazioni e cittadini ha portato la vicenda  al centro dell’attenzione pubblica.

Questa vasta area a nord di Milano, considerata dismessa e facilmente raggiungibile dalla metropolitana, è stata scelta dalla Provincia per l’attuazione di un piano di edificazione dai numeri impressionanti che occuperà gli attuali prati, orti e aree alberate con edifici che raggiungeranno mediamente i 9 – 12 piani.

Abbiamo fatto qualche domanda ai Seminatori di Urbanità, promotori della mobilitazione nata per fermare questo progetto.

Quali sono le origini di questa vicenda e gli sviluppi che hanno portato alla situazione attuale?

Il progetto di trasformazione è stato voluto dalla Provincia di Milano, in accordo di programma con la Regione ed il Comune. Questa modalità consente di avere “più libertà” rispetto a quanto previsto dal piano di Governo del Territorio, in cui l’ambito è stato inserito a Novembre 2012.

Sembrava che il riconoscimento della funzione collettiva dell’area ci fosse: ad agosto 2012 si è parlato di una diminuzione della superficie su cui intervenire e del costruito. Dopo pochi mesi però la Provincia è tornata indietro sui volumi originari, sottolineando il carattere “sociale” dell’operazione (housing sociale). Ma il 90% delle residenze è destinato a edilizia convenzionata ordinaria, quindi nulla di diverso da un qualsiasi intervento privato.

Un ulteriore errore è stato quello di trascurare importantissimi aspetti: stiamo parlando di una delle poche aree con terreno fertile rimaste all’interno del tessuto urbanizzato, un’area boschiva con circa 1500 alberi, un vero e proprio polmone verde con alto valore ambientale. Si rischia la cancellazione tra l’altro dell’area didattica dell’Istituto Pareto e degli orti comunitari del Giardino degli Aromi, uno dei primi e più grandi orti partecipati, luogo di incontro per centinaia di cittadini e per le attività dei servizi sanitari

Quando è nata la mobilitazione e come è cresciuta? 

A partire da Luglio 2012, quando la Provincia ha presentato in consiglio di zona 9 il progetto di edificazione, è emersa da subito la forte contrarietà ad ogni ipotesi di edificazione. Dai primi colloqui sembrava che l’intervento dovesse interessare l’area chiamata “oltre il pioppeto”, su cui abbiamo iniziato subito una campagna (promossa da il giardino degli aromi, l’istituto Pareto, Olinda e Aromi a Tutto Campo) per dimostrare il valore ambientale dell’area.

Un’azione concreta è stata la mappatura partecipata degli alberi con gli abitanti del quartiere, studenti, professori del Pareto e ortisti, nonché la rete “libere rape metropolitane”.  E’ emerso inoltre che il parco è anche molto ricco dal punto di vista faunistico con la presenza di falchi e alcuni avvistamenti di volpi. E’ stato chiesto anche un intervento della LIPU.

Dal punto di vista procedurale, a dicembre è stata richiesta una variante al PGT per chiedere di non modificare l’area degli orti comunitari e l’area didattica.

In più è stata promossa un’inchiesta volta a mappare le case invendute e sfitte e quanto si sta già costruendo nei tre quartieri di Affori, Comasina e Bovisasca. In una partecipata assemblea è stata presentata la situazione a numerosi cittadini che hanno acquisito la consapevolezza dell’assoluta necessità di dire stop al consumo di suolo.

Come siete riusciti a raccogliere così tante firme?

La raccolta è iniziata a gennaio 2013, con il gruppo dei promotori che si è denominato Seminatori di urbanità, con il sottotitolo “Diamo rifugio a volpi e galline”. Nel testo della raccolta firme  siamo andava più in là della richiesta di variante: abbiamo chiesto che tutto il comparto Litta-Modignani, compresa l’area del “pioppeto”, venisse salvaguardata e considerato bene comune: un parco usufruibile per tutti. Nel frattempo abbiamo organizzato di una pagina facebook e una mailing list dei seminatori di urbanità.

Partecipando a numerose commissioni territorio e incontri con consiglieri abbiamo capito che le rassicurazione della Provincia sulla tutela degli orti, dell’area didattica dell’istituto e di tutto il tessuto sociale presente, non bastavano.

La mobilitazione è quindi cresciuta così tanto che nelle scorse settimane sono state consegnate 23.000 firme. Firme raccolte anche on line, ma l’esperienza più bella e interessante è stata la raccolta di mano in mano e cartacea, che ha coinvolto tutti i “seminatori”, le reti dei gas, gli ortisti, i comitati per Milano e quelli di quartiere, le scuole e le persone che seguono il dipartimento di salute mentale oltre a migliaia di cittadini che si sono resi consapevoli che è possibile costruire insieme un orizzonte di urbanità nella natura, vivente e condivisa.

Quali sono gli ultimi aggiornamenti e come pensate di proseguire la vostra battaglia?

Un preoccupante segnale che nulla è cambiato in termini di impatto dell’intervento viene dall’ultimo Piano Casa presentato dal nuovo assessore. Abbiamo pensato quindi ad una nuova iniziativa: una raccolta di idee per il parco partecipato.
Il 5 maggio abbiamo promosso la prima manifestazione e “passeggiata” dentro il pioppeto, partendo dal Paolo Pini e arrivando al bosco con un vero e proprio corteo e abbiamo costruito un nido gigantesco con la ramaglia. E’ nato così il Parco POP, Pini oltre il Pioppeto, sancito da un manifesto.

La determinazione dei sostenitori è forte

Dopo la consegna delle firme, il Comune di Milano si è espresso riconoscendo il grande valore ambientale e sociale dell’area. C’è quindi la speranza di ottenere un risultato concreto a fronte dell’esemplare esperienza di mobilitazione a difesa del territorio.

Un’azione su più fronti e uno sforzo notevole in termini di coinvolgimento guidato dalla forte determinazione dei sostenitori.
Se tutto questo non basterà? La loro risposta è chiara: <<…dopo di che ci legheremo agli alberi !>>

Luca D’Achille

6 commenti

  1. http://www.youtube.com/watch?v=bzdyCmfglbs

    guardate questo documentario vi sperga bene la situazione

    20milaNo
    Realizzato da: Salvatore Laforgia e Paola Longo, Video HD , colore, durata 15 min

    Sinossi
    Il film conduce lo spettatore in un breve tour tra cantieri e nuove edificazioni nei quartieri di Affori, Bovisa, Comasina e Bruzzano in zona 9 a Milano per arrivare poi all’interno della bellissima area situata nel parco dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini , patrimonio di elevato valore ambientale, sociale e culturale e oggi inserito dalla Provincia in un piano di parziale edificazione.

    Commento
    Per raccontare la nostra storia avremmo potuto partire da diverse prospettive. Tutte ci avrebbero condotto alla amara rivelazione che il bellissimo luogo descritto dal film potrebbe scomparire.
    Abbiamo voluto sottolineare l’entusiasmo e la partecipazione dei cittadini alla tutela dell’area.
    A partire dal titolo: 20milaNo. No al cemento. Oggi sono 23mila le firme dei milanesi che hanno chiesto la variante all’attuale Piano di Governo del Territorio.

  2. io, abitando a Genova, non conosco la zona. ma, dalla descrizione mi sembra un posto meraviglioso per grandi, ma sopratutto per bambini. se ci sono così tante case sfitte, anche a Genova più di 30.000 ( trenta mila ) che serve costruine delle altre. che vadano a ricostruire l’Aquila che dopo ben 4 anni è ancora diroccata?

  3. Per fortuna che la gente ha imparato a fare squadra, raccogliendo firme, e portando a conoscenza di moltissime persone, che altrimenti non lo sarebbero,queste problematiche di consumo di territorio, perchè ci rendiamo conto che le varie amministrazioni continuano imperterrite nel voler cementificare tutto quello che resta ancora verde di questo povero Paese. Speriamo che il Comune fermi tutto. Auguri per il futuro!

  4. è una assurdità andare a toccare anche una piccola parte di quell’area, io la conosco ed è un posto incantevole, giusto l’altro pomeriggio è stato avvistato un allocco e un falchetto, è evidente che vogliono fare cassa e la favola dell housing sociale non se la beve nessuno considerando le centinaia di appartamenti vuoti, e le migliaia appena costruiti in zona, se di sociale vogliono veramente fare qualcosa riqualifichino l’area a parco a bene comune, in un periodo di grande crisi la gente sa almeno dove andare e socializzare, se la protesta è legarsi agli alberi, vado subito a comprare una corda – Salvatore

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