Un suolo edificato può tornare fertile? In tempi biblici forse, in tempi umani certamente no

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In generale un cittadino, quando parla di suolo, lo concepisce come qualcosa di inerte, fastidioso e sporco. Non pensa di essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.

Il suolo respira, mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.

I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere umano ha allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha trovato il modo di nascere e evolversi costantemente ma nell’arco di millenni.

Questa differenza deve essere compresa e accettata con rispetto.

Pino Loricato
Pino Loricato nel Parco Naturale del Pollino (foto da www.parcopollino.it)

Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il suolo? In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per germogliare. Di cosa ha bisogno? Di acqua che scioglie la roccia che forma della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione del suolo. Se interveniamo in questo delicato processo si perde l’albero, si rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.

Lo stesso processo vige su un suolo in pianura. Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose che non solo la roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel lavoro di trasformazione tra microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.

Una branca specializzata della scienza del suolo si é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’ impressionante vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta e suolo). Inoltre la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali), come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi gassosi all’interno di tutta la massa terracea.

Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i contadini con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e forestale. Fin qui tutto é “normale”: regoliamo consapevolmente ritmi biologici ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.

Ma, quando l’essere umano modifica il processo creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica anche i suoi ritmi biologici.

Una strada o una casa agisce non solo sui metri quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante: limita che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante, evita l’accumulo di sostanza organica che con la sua trasformazione dà gli elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare condannandolo all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro ecosistema che permetteva al suolo di vivere crescere produrre.

Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’ cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani sicuramente no.

Tutto il processo é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1 – 2 cm per cento (100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’ facile capire che, in termini di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.

Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.

Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro “pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro ecosistema non é stato alterato. Ma le piante nei vasi hanno bisogno di cure specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per la propria sopravvivenza. E’ come avere dei pesci rossi in un boccale e doverli mantenere in vita.

In altre parole, e continuando il paragone con gli esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori, mani, polmoni … ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo occupato da infrastrutture umane.

9 commenti

  1. Penso che dobbiamo salvaguardare il territorio. Purtroppo, gli ultimi avvenimenti dealla Sardegna lo confermano. Anche qui in Trentino stanno usurpando il territorio sradicando piante per poi usare la “spianata” come impianti sciistici ma, quello che più mi spaventa è che la gente non si rende cnto del disatro di cui sono i principali artefici e spettatori silenti. Dovrebbe esserci molta più informazione sulle devastazioni alle quali si assistono!

  2. Penso che questa possa essere una opportunità invece di sviluppo: fare ricerca con una startup per accelerare la rifertilizzazione del suolo sottratto al cemento e rendere quindi appetibile la demolizione di edifici abbandonati, costosi e improduttivi. Naturalmente la questione come sempre non é ‘se si può fare’ ma ‘come si può fare’. Entusiasti, geni e folli cercasi.

  3. Ben scritto, chiaro e comprensivo, aggiungerei che i tempi di formazione del suolo alle nostre latitudini sono di 200-300 anni per 1 centimetro.
    Ho ideato il progetto SOIL quando lavoravo come esperto ambientale per la Commissione Europea, tale progetto, già al secondo anno di indagine, ha il compito di valutare la qualità e salute del suolo su tutto il territorio della regione lombardia mediante un concetto multidisciplinare innovativo che vede l’utilizzo della chimica, fisica e biologia (biodiversità e bioindicazione.
    Il progetto è stato finanziato dalla R. L. con 1,5 miloni di euro. Per info digitate: Progetto Soil Regione Lombardia Cenci Roberto

  4. Ben fatto l’articolo ma forse porzioni di ex urbanizzato, una volta demolito e portati a discarica tutti gli inerti, con potenti macchine escavatrici potrebbe essere rimosso e parzialmente sostituito con terreno fertile. L’aggiunta di fertilizzanti organici, dal processo di decomposizione dei rifiuti organici urbani, potrebbe accelerare il processo. Ma il vero problema è il valore del terreno e la sua proprietà privata. Si potrebbe risolvere con una nuova organica e innovativa legge di riforma nazionale di governo del territorio che istituisca obbligatoriamente i comparti urbanistici perequativi al fine di riqualificare e/o ristrutturare porzioni di urbanizzato. Così a poco a poco, in cambio di una necessaria densificazione edilizia, si potranno ottenere nuovi vuoti urbani da destinare a parchi e orti pubblici. Così l’originario progetto della città del movimento moderno di Le Corbusier, poi trasformato dalla speculazione edilizia con il connubio corruttivo dell’incontro fra politica e mafia, forse potrebbe essere attuato. Direi anche con la collaborazione passiva di molti nostri urbanisti. Chi fosse interessato per queste e altre problematiche di un DDL può per la parte di analisi, obiettivi e principi andare al sito asiter.org, home, attività esterne e vedere la proposta per la Regione Sicilia.

    1. Mi trovo d’accordo con lei, gentile prof. Nel senso che immettere su un terreno una pianta già formata senza il suo panno di terra è deleterio, ma non lo è riportare dapprima suolo (magari dopo una bonifica preliminare, se necessario), accelerarne il grado di fertilità nel modo da Lei descritto e solo dopo passare all’attività agricola vera e propria.

      Insomma, il risultato non sarebbe sempre garantito al 100% specie nell’immediato, ma neppure diventa corretto rifugiarsi nel catastrofismo perché si fa solo il gioco degli Edili.

  5. Molto interessante!!. Posso pubblicarlo su il nostro mensile “locale” INSONNIA?

  6. per un approfondimento a questo bellissimo articolo, consiglio l’intervento di Fabio Terribile, presidente della Società Italiana di Pedologia, che ha partecipato al convegno del forum Zero Suolo Zero Paese a questo link (a breve tutti gli interventi video sul nostro sito)
    http://www.radioradicale.it/scheda/394377/zero-suolo-zero-paese-verso-una-conferenza-nazionale-per-la-salvaguardia-della-risorsa-suolo
    è subito dopo l’introduzione di Roberto Burdese
    ciao ! Cristiana

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