La Commissione Agricoltura della Camera dei deputati ha programmato un ciclo di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all’Esposizione universale di Milano 2015.
In tale ambito, il nostro Forum nazionale è stato invitato in audizione mercoledì 5 marzo alle ore 14.30. La nostra delegazione, guidata da Roberta Pascale e da Francesca Rocchi ha ribadito alla commissione agricoltura della Camera la nostra visione, ovvero:
Risulta estremamente contraddittorio, ai nostri occhi, che un evento dedicato ad un tema tanto sensibile e strategico per il nostro futuro sia esso stesso responsabile di un grave scempio per l’agricoltura e quindi per l’argomento stesso che intende trattare. Per realizzare il sito dove si svolgerà Expo 2015 sono stati sacrificati 1,1 milioni di metri quadrati di suoli agricoli fertili. E molti altri milioni di metri quadrati sono stati consumati (o saranno perduti) per realizzare le opere connesse alla realizzazione del sito. Altri suoli fertili spariranno per la realizzazione di opere che effettivamente non sono utili a Expo 2015, ma che sono state messe in cantiere approfittando di ipotizzati collegamenti con l’evento e l’accesso al sito …
Expo 2015 ha bisogno che il Paese operi una grande scelta strategica, e che la operi nei prossimi mesi così da arrivare all’appuntamento del prossimo anno già pronti e sia adeguata a durare anche per il dopo Expo. La grande scelta strategica, lo ribadiamo, è una legge nazionale che fermi il consumo di suolo, senza finte e senza trucchi.
Uno stop al consumo di suolo, subito, è il miglior biglietto da visita per il 2015 e il miglior investimento per le produzioni agroalimentari del nostro Paese…
Ecco il documento integrale proposto ai membri della Commissione nel corso dell’audizione:
Contributo del Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio” all’indagine conoscitiva della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali con riferimento all’esposizione universale di Milano 2015
Il tema scelto per l’Expo 2015 (“Nutrire il Pianeta, energia per la vita”) è di straordinaria importanza per il futuro del nostro Paese e della comunità internazionale più in generale.
Secondo uno studio condotto dal Food Climate Research Network, l’intera filiera alimentare nell’Europa dei 25 contribuisce al 31% delle emissioni totali di gas serra. Il cibo è tra le prime cause di inquinamento ambientale. I cambiamenti climatici certificati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, che mettono a rischio la stessa sopravvivenza del genere umano di qui a meno di 300 anni, sono causati prima di tutto dal nostro modo di “nutrire il Pianeta”. Al contempo, proprio l’agricoltura è il primo settore dell’attività umana a subire (già oggi) le conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici che sono già in corso.
D’altro canto, si stima che nel 2050 sul Pianeta vivranno 9 miliardi di persone, da sfamare ogni giorno. E già oggi il sistema alimentare soffre di squilibri assurdi e intollerabili: da un lato 840 milioni di persone soffrono la fame (e gli obiettivi del Millennio, fissati proprio per il 2015, non verranno raggiunti); dall’altro lato si stima che 1,6 miliardi di persone siano obese o sovrappeso.
In mezzo a questo evidente squilibrio nel fondamentale diritto all’accesso al cibo, si colloca – secondo la FAO – una montagna di sprechi, che ammonta a 1,3 miliardi di tonnellate (!) di derrate alimentari, con le quali si potrebbe sfamare non solo chi oggi non ha accesso adeguato al cibo, ma anche i 2 miliardi di abitanti che si dovrebbero aggiungere a tavola nei prossimi 35 anni. L’Italia fa purtroppo la sua parte: secondo la Coldiretti oltre 10 milioni di tonnellate vanno sprecate ogni anno nel nostro paese, con una perdita economica che ammonta a circa 37 miliardi di euro, cibo che sarebbe sufficiente a nutrire 44 milioni di persone.
Dunque risulta chiaro che parlare di come nutrire il Pianeta in futuro è il tema più importante che riguarda i destini dell’umanità. Se non sapremo modificare radicalmente i nostri sistemi alimentari, il modo in cui produciamo, trasformiamo, distribuiamo e consumiamo cibo, andremo a velocità crescente verso la catastrofe ambientale, economica, sanitaria. Guerre per la terra e per l’acqua saranno all’ordine del giorno e il tema di come nutrire il Pianeta diventerà il primo punto all’ordine del giorno delle agende politiche internazionali.
Per contro, il cambiamento che deve partire necessariamente dal cibo, può contaminare positivamente anche altri settori dell’attività umana: in fondo l’agricoltura funziona a energie rinnovabili da oltre 10 mila anni e nelle culture contadine – nelle culture indigene ancor più – esistono i semi di una straordinaria modernità per coltivare quelle innovazioni necessarie a rendere il cambiamento percorribile e davvero efficace.
Senza dimenticarci che la tutela dei suoli (e la “qualità” dell’agricoltura che scegliamo di praticare) è strettamente collegata alla disponibilità di acqua per la sopravvivenza di tutti noi e che sempre più territori si trovano a dover fronteggiare la crescente carenza di questa risorsa o la sua peggiorata qualità.
Così come non possiamo trascurare il fenomeno del “land grabbing” (in italiano “accaparramento delle terre”), un autentico flagello che sta progressivamente sottraendo alla sovranità di popoli e tribù in ogni parte del mondo le migliori terre fertili, appannaggio ora di multinazionali e Governi.
Il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio (“Salviamo il paesaggio, Difendiamo i territori”) è una ampia e variegata Rete sociale costituitasi nell’ottobre del 2011 e composta attualmente da 934 organizzazioni (93 associazioni nazionali e 841 tra comitati e realtà locali). Il Forum nasce per definire un percorso in grado di rispondere alle urgenti necessità di arginare il consumo di suolo nel nostro Paese, tutelare le aree libere e agricole, riorientare il mercato immobiliare verso il recupero e il riuso dell’enorme patrimonio edilizio esistente e attualmente sfitto, vuoto o non utilizzato, base essenziale per imprimere nuove energie al comparto italiano dell’edilizia in un momento di così forte contrazione. Il Forum sviluppa la sua azione unendo le attese e le competenze di tutte le organizzazioni ambientaliste nazionali, di centinaia di gruppi e comitati locali, di associazioni fra enti locali (Associazione Comuni Virtuosi, Rete del Nuovo Municipio, Associazione dei Borghi Autentici d’Italia, Rete dei Comuni Solidali, Associazione Città del Vino, Città Slow ecc.), di urbanisti e architetti, ingegneri, geometri, agronomi, associazioni agricole di ogni dimensione, organizzazioni turistico-ricreative come il Touring Club Italiano o l’Arci, soggetti attivi nel campo dell’altra economia.
Ci pare utile ricordare, in estrema sintesi, i dati che recentemente l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) ha ufficialmente presentato e che riteniamo mostri l’assoluta drammaticità della situazione: negli ultimi anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto ad una media di circa 8 metri quadrati al secondo, ogni ora spariscono 2,8 ettari. Ogni giorno, a mezzanotte, se ne sono andati per sempre quasi 70 ettari. E questo capita per 365 giorni all’anno da oltre cinquant’anni, per la precisione dal 1956. La media europea di terreni cementificati è del 2,3% mentre 14 regioni su 20, in Italia, superano abbondantemente la soglia del 5%e alcune quella del 10%!
E ci pare doveroso aggiungere che il nostro Forum è già stato audito alla Camera dei Deputati dalle commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente il 29 Ottobre 2013 proprio sul tema del contenimento del consumo di suolo e dei disegni di legge in discussione su questo tema per noi così centrale. Proprio in queste settimane abbiamo messo a punto un documento che contiene una nostra specifica serie di contributi in merito al DdL approvato nel dicembre scorso dal Consiglio dei Ministri, proponendo in primo luogo di modificare anche l’approccio sintattico all’emergenza del consumo di suolo e denominare più opportunamente in “Progressiva riduzione” ciò che oggi viene timidamente chiamato “contenimento”. In piena sintonia con gli enunciati degli stessi articoli del DdL, che intendono allineare le politiche del nostro Paese agli orientamenti espressi dalla Unione europea e alla roadmap da essa suggerita a tutti gli Stati membri per giungere al “consumo netto zero di suolo/territorio” entro il 2050.
Risulta pertanto estremamente contraddittorio, ai nostri occhi, che un evento dedicato ad un tema tanto sensibile e strategico per il nostro futuro sia esso stesso responsabile di un grave scempio per l’agricoltura e quindi per l’argomento stesso che intende trattare. Per realizzare il sito dove si svolgerà Expo 2015 sono stati sacrificati 1,1 milioni di metri quadrati di suoli agricoli fertili. E molti altri milioni di metri quadrati sono stati consumati (o saranno perduti) per realizzare le opere connesse alla realizzazione del sito. Altri suoli fertili spariranno per la realizzazione di opere che effettivamente non sono utili a Expo 2015, ma che sono state messe in cantiere approfittando di ipotizzati collegamenti con l’evento e l’accesso al sito.
Tutto questo avviene senza che vi sia stato il benché minimo dibattito sull’opportunità o meno di sacrificare queste enormi porzioni di territorio (in un Paese e in una Regione già pesantemente martoriati sotto questo punto di vista): esisteva un sito alternativo per ospitare l’Expo, a zero consumo di suolo ? Tutte le opere connesse sono davvero necessarie all’evento ? E ancora: saranno necessarie dopo l’evento ? Vi è un piano di compensazioni che – pur non sanando la grave ferita inferta a una risorsa NON rinnovabile quale è il suolo fertile – riesca almeno a ridimensionare l’impatto ambientale favorendo, ad esempio, una politica di zero consumo di suolo in Lombardia negli anni a venire ?
Non siamo riusciti a trovare alcuna risposta a questi nostri quesiti e non possiamo immaginare come si possa affrontare un evento così importante, di cui riconosciamo lo straordinario potenziale “politico-culturale”, senza aver minimamente considerato l’evidente cortocircuito generato dalla immensa distruzione di suoli agricoli.
Riteniamo che il Paese debba ancora avere la forza di affrontare questi quesiti per cercare, almeno, qualche parziale risposta, per non negare l’evidenza dei fatti che denunciamo e operare nella direzione di assumere alcuni impegni di segno opposto (e coerenti, davvero, con il tema “Nutrire il Pianeta”). Il problema del consumo di suolo agricolo fertile, di distruzione dei paesaggi e dei territori da cui provengono quelle produzioni agroalimentari nazionali che sono oggetto della indagine conoscitiva di questa commissione, è un problema che riguarda tutta l’Italia.
L’Italia è un Paese unico al mondo per storia, collocazione geografica, clima, ambiente, territori, cultura. L’irripetibile mix che si è creato tra tutti questi elementi ha generato nel corso di secoli un patrimonio straordinario di biodiversità: razze animali, specie vegetali, prodotti, mestieri e saperi che costituiscono oggi la più evidente e conosciuta nozione di made in Italy. Grazie alla nostra cultura del cibo, all’immagine che il cibo italiano ha nel mondo, creiamo economia e lavoro non solo nel settore agroalimentare ma anche in quello turistico e trainiamo anche altri settori collegati in parte o per niente con il cibo.
Grazie al cibo italiano si vendono le macchine imbottigliatrici di cui siamo tra i migliori produttori al mondo ma si vendono anche le scarpe che richiamano sempre a quel gusto italiano che nella nostra cultura alimentare (nei territori dove nascono i nostri cibi) ha le proprie radici.
Non è (solo) da ambientalisti dire che se distruggiamo i suoli fertili miniamo alla base il nostro Paese: è da economisti! Quale imprenditore al mondo farebbe scempio dei propri fattori produttivi pensando di continuare a fare reddito? Ovviamente nessuno! L’Italia invece lo fa tutti i giorni: devasta il primo fattore produttivo (il suolo fertile) del suo principale settore economico (l’agroalimentare). Vogliamo presentarci a Expo 2015 con queste credenziali? Quale credibilità avremo di fronte al mondo, aprendo porte e finestre di casa nostra per mostrare che il Re è nudo?
Anche in questo caso, c’è ancora tempo per provare a porre qualche rimedio.
Expo 2015, nel pieno e rigoroso rispetto del tema che propone (alto e nobile, lo ripetiamo), deve diventare l’occasione per una radicale conversione delle politiche di sviluppo del nostro Paese. A partire dal cibo, come già dicevamo in precedenza.
Abbiamo intuito, scegliendolo come tema per l’esposizione universale, che il cibo è strategico nel futuro del Pianeta. Sappiamo di avere grande credibilità come produttori di qualità. Sappiamo di poter usare questa credibilità per guadagnare un ruolo strategico nel consesso internazionale, sui temi di agricoltura, alimentazione e ambiente che sono – più di ogni altro – i temi su cui si giocheranno gli equilibri nello scacchiere internazionale del futuro. E’ il momento di agire di conseguenza all’interno del nostro Paese: arrestare il consumo di suolo deve essere la prima e fondamentale scelta strategica che l’Italia adotta in vista di Expo 2015, pensando soprattutto al dopo Expo, al futuro del Paese.
Crediamo altresì che Expo 2015 debba essere il veicolo di un messaggio inequivocabile e straordinario riguardo al metodo di impiego e di utilizzo delle risorse. Un messaggio che deve trovare immediata corrispondenza nell’evento stesso: su un pianeta in cui oltre un terzo del cibo è buttato via, in un Expo il cui slogan è “Nutrire il Pianeta”, nemmeno una goccia di acqua deve essere sprecata, ogni materiale utilizzato deve essere riciclato e meno che mai deve essere sprecato il cibo che sarà esibito e somministrato.
Auspichiamo che a fianco di questa prima mossa, indispensabile come la prima tessera di un domino, si affianchi una iniziativa volta a diffondere in tutti i territori del Paese una approfondita, articolata e partecipata riflessione attorno al tema di Expo 2015.
Ogni territorio del nostro Paese deve discutere di come “nutrire se’ stesso” in futuro: come nutrire la Lomellina, come nutrire l’Irpinia, come nutrire il Sulcis. Quale modello alimentare vogliamo per il nostro futuro? Per ridurre gli impatti sull’ambiente, per coltivare la biodiversità, per ridurre l’obesità e combattere la malnutrizione, per migliorare ambiente e paesaggio sui territori, per creare nuova e più diffusa ricchezza. Come possiamo (ri)costruire la sovranità alimentare dei singoli territori e del Paese nel suo insieme?
Avviare e alimentare una grande discussione su questi temi è la scintilla che può accendere tanti piccoli fuochi: iniziative di recupero di produzioni abbandonate o a rischio di scomparire, rigenerazione di settori produttivi locali in difficoltà, creazione di nuovo lavoro, generazione di forme innovative (o recupero e modernizzazione di forme tradizionali) di distribuzione, riflessione sulle interazioni tra i sistemi alimentari e l’ambiente, la cultura, la società, eccetera.
Chi considera l’Expo una sorta di grande fiera del made in Italy alimentare (o, peggio, un grande luna park del cibo) resterà deluso perché – se quella sarà l’idea che daremo al mondo dell’evento – non potrà che constatare un clamoroso fallimento, le cui conseguenze saranno molto pesanti e non solo per il territorio lombardo.
Chi invece vede nell’Expo una grande opportunità di cambiamento, da usare come leva per muovere ciò che altrimenti sarebbe stato difficile muovere, potrà contribuire a fare sì che l’Italia celebri l’Expo in ogni territorio, coltivando e curando le proprie produzioni anche senza metterle in vetrina nel sito di Expo.
Se davvero saremo capaci di attrarre molti visitatori (e se anche dopo Expo sapremo mantenere vivo questo flusso di visitatori), sarà solo portandoli sui territori – specie in quelli più marginali – che potremo davvero fare di questo Expo un fattore capace di incidere in maniera positiva e duratura sull’economia del Paese. In vista del 2015 dobbiamo organizzarci per riportare al centro gli asset strategici di questo settore (suolo fertile, semi, saperi tradizionali, biodiversità, acqua, per citare i principali).
In conclusione: Expo 2015 ha bisogno che il Paese operi una grande scelta strategica, e che la operi nei prossimi mesi così da arrivare all’appuntamento del prossimo anno già pronti e sia adeguata a durare anche per il dopo Expo. La grande scelta strategica, lo ribadiamo, è una legge nazionale che fermi il consumo di suolo, senza finte e senza trucchi. Uno stop al consumo di suolo, subito, è il miglior biglietto da visita per il 2015 e il miglior investimento per le produzioni agroalimentari del nostro Paese.
Per Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio
I componenti della delegazione audita dalla Commissioni Agricoltura della Camera 5 Marzo 2014
Roberta Pascali
Francesca Rocchi
Credo che non ci sia più nulla da meravigliarsi in questo Mondo! Ormai è acclarato che certi eventi servono alle PP.AA. per racimolare un po’ di soldi dall’ONU e/o dalla Comunità Europa e per coprire la speculazione sui terreni agricoli e rilanciare la politica della Green Economy della grandi Multinazionali dell’agricoltura e degli O.G.M.. Si parte dagli allarmismi dei grandi studiosi internazionali sui cambiamenti climatici. Non pare, però, che si vada proprio nella direzione di prevenirli. Per quanto riguarda il nostro Governo (e in particolare i Ministri, dell’Agricoltura e dell’Ambiente credo che non si tratti più di semplice ignoranza politica ma di connubio e collusione con i poteri dell’ Alta Finanza, dell’industria cementificatrice e dell’ Agricoltura della grande Industria e delle Società multinazionali che vi sono dietro. Me ne convinco ogni giorno. Credo che neppure il Ministro del Lavoro possa tenersi fuori da certe responsabilità. Questa politica, infatti, espropria sempre più le Comunità e i contadini dei loro territori e ne accentua la dipendenza rispetto ai grandi poteri monopolistici e multinazionali dell’agricoltura (e lo ripeto!) degli o.g.m. di quale politica del lavoro si continua a parlare in questo cazzo di Paese? Onofrio Infantile Lun. 28 aprile 2014
domanda: il ministro dell’ambiente cosa ci sta a fare? E’ un ministero inutile che non fa mai sentire la sua voce, se non in presenza di qualche calamità naturale
sono più che d’accordo.
Mi rammarica (molto) il fatto che queste iniziative non vengano lanciate quando si è ancora in tempo per fermare un “progetto che mangia suolo”…Cioè comunque troppo tardi.
Quanto alla necessità di avere attenzione al paesaggio,sottolineo che la Rete Ecologica, e con essa i sevizi ecosistemici che assicura, DEVE sempre più essere integrata alla pianificazione. In ogni caso, l’agricoltura NON PUO’ più esimersi dal contribuire a mettere a dimora specie arboree ed arbustive che si, ricostituiscono elementi di paesaggio, ma ricostruiscono un ecosistema complesso e ricco, che puntualmente, almeno da 25 anni, è stato dagli stessi agricoltori smantellato per “comodità” di passaggio di trattori immensi, per aumnetare la superficie agraria da destinare a monocoltura (perlopiù mais), impoverendo e inquinando terreno e acque con immani quantità di liquame, spesso bittato anche in fiumi e rogge…e, non ultimo, utiolizzando pesticidi e diserbanti che hanno notevolmente ridotto la biodiversità di microfauna, avifauna e mondo delgi insetti, oltre che floristico.
Ora dobbiamo certo correre ai ripari, ma il salto culturale che si deve pretendere dai cosiddetti “paladini dell’ambiente” è enorme e non più procrastinabile.
Questo, assieme a “stop consumo di suolo”, porteranno al miglioramento del paesaggio e della qualità ambientale che necessita a tutti.
http://nopedemontana.wordpress.com/author/usciamone2/
Tra le opere ridicolmente connesse ad Expo che consumano suolo un posto da regina occupa Pedemontana lombarda .
È partita la raccolta firme popolare per fermarla .
Tutti i banchetti sono indicati nel link sopra.
Siamo anche su facebook gruppo usciamone vivi.
Elisabetta Bardone (una semplice volontaria per il coordinamento no pedemontana )
Se l’ avessi saputo prima, sarei venuto anche io. Ero a Montecitorio alle 13.00.
Ciao.
Marco Preioni
Se vivete in un lotto di terreno postmoderno, snaturato, dove pesanti macchinari hanno triturato il paesaggio costringendolo a sottomettersi, rimpiazzando la riottosa flora indigena con un obbediente tappeto erboso e una vegetazione uniforme, e lastricando gli acquitrini nel santo nome della lotta alle zanzare, in questo caso entrarci significa renderci conto di quanto ci siamo assuefatti a una pallida copia di quello che la natura voleva essere.
Gestire queste situazioni con interdisciplinarità e sapienza permetterebbe di superare l’annosa dicotomia tra le due realtà finora considerate mutualmente esclusive: la salvaguardia del patrimonio e dell’eredità naturale da una parte, il rendimento e la produzione dall’altra.
Questo percorso si fonda su alcune dinamiche chiave del XXI secolo, quali le trasformazioni urbano-rurali, il ruolo degli ecosistemi, la dimensione dello sviluppo post-industriale, la pervasiva e diffusa mobilità.
Le città crescono e crescerà anche la pressione per l’approvvigionamento alimentare. La globalizzazione e le grandi aziende legate all’agro-business hanno profondamente cambiato il rapporto di tutti i giorni con gli alimenti. La perdita di relazione con il territorio è costante e i cibi sono contaminati a causa dei metodi di produzione e lunghi trasporti.
La crisi che stiamo vivendo non è solo una crisi economica e finanziaria, quanto piuttosto una crisi di sistema di portata storica, che ci impone la scelta di nuovi paradigmi e che trova nella grave situazione ambientale la prima sfida da affrontare.
Negli ultimi decenni l’agricoltura ha rappresentato, per i Governi nazionali e sovranazionali, semplicemente uno dei capitoli delle politiche produttive. Solo recentemente questo settore della produzione primaria si è posto all’attenzione degli organi di Governo come uno snodo centrale in tema di ecologia, salute pubblica, occupazione, tutela dei diritti e, più in generale, qualità della vita. Grazie alla cresciuta sensibilità della società civile e a un prezioso lavoro di ricerca e di divulgazione, risaltano oggi le connessioni tra scelte produttive, comportamenti singoli e sociali, situazioni ambientali ed economiche. Condivisione e interconnessione muovono dunque la ricerca dall’agricoltura al paesaggio. Politiche del paesaggio che spaziano tra ambiente, agricoltura, educazione, salute, economia, giustizia, sviluppo, industria, beni culturali. Non esiste confine: se si fa politica per il paesaggio, si fa politica su tutto e per tutti. Oltre ai suoi valori identitari e culturali, la gestione e valorizzazione del paesaggio ha una portata economica enorme. Dal ruolo dei servizi ecosistemici, che utilizzano il naturale funzionamento dell’ambiente per ottimizzare la gestione delle risorse naturali, fino al turismo, il “petrolio italiano”. È necessario, e conviene a tutti; eppure ancora oggi il dibattito politico è del tutto carente nell’affrontare questo tema strategico e le sue rilevanti ricadute sui più diversi ambiti della vita del cittadino.
Come possono gli architetti e i designer di oggi utilizzare l’applicazione delle loro conoscenze professionali per contribuire a sostenere gli agricoltori locali? Come possiamo collaborare con loro in una maniera conveniente per affrontare i loro problemi economici, attraverso il processo di progettazione sostenibile?
L’open source ha avuto grande successo come strumento per la gestione della conoscenza e della creatività, possiamo usarlo con l’intento di difendere il suolo il paesaggio e il territorio: salvaguardare i suoli fertili e recuperare i suoli agricoli abbandonati.
Il suolo fertile è uno degli asset fondamentali per il futuro di ogni economia del pianeta (prova ne sia il land grabbing di cui in Africa, e non solo, sono protagonisti Governi di paesi forti – specie dell’estremo Oriente – e multinazionali). L’uso corretto e la gestione della risorsa suolo permettono di ridurre anche i rischi idrogeologici che oggi rendono insicuro quasi tutto il nostro territorio nazionale.
Un portale open source basato sulla primaria identificazione del patrimonio edilizio oggi esistente in ogni ambito comunale e sull’ammontare delle risorse vuote, sfitte, non utilizzate, può fungere da valido sostegno all’attuale approccio metodologico ai criteri di pianificazione urbanistica. Tale “fotografia” è necessaria per poter trasformare i Piani Urbanistici secondo le esigenze delle comunità e favorire la disponibilità di dati oggettivi in grado di stimolare la partecipazione democratica di ogni cittadino alle scelte future riguardo il riassetto urbanistico.
Il lavoro del Forum Italiano Salviamo il Paesaggio è stato utilizzato per la stesura di questo testo e sostengo la necessità di adottare le ulteriori proposte di modifica che saranno elaborate dal Forum stesso insieme al prezioso contributo rappresentato dal lavoro di [Im]possible living sito web di crowdsourcing, già attivo, dedicato a mappare e riattivare gli edifici abbandonati.
Possiamo utilizzare la tecnologia open source anche per l’hardware perché questo può cambiare la vita delle persone in modo tangibile. Se possiamo abbassare le barriere alla coltivazione, costruzione e produzione, allora potremo scatenare enormi quantità di potenziale umano. Le tecniche agronomiche e gli strumenti appropriati, low-cost, di cui abbiamo bisogno per avviare una fattoria o uno stabilimento sostenibile li possiamo costruire da soli, strumenti e tecniche prototipate, costruite, testate e pubblicate su una wiki contenente un deposito di progetti orientati all’autonomia energetica delle imprese agricole, commisurata alla dimensione aziendale e basata sulla politica di riutilizzo, riciclo e recupero. Esempio guida di questa impresa è il lavoro di Marcin Jakubowski che ha fondato, nel 2003, “Open source ecology” al fine di realizzare la manifattura a circuito chiuso.
L’obiettivo comune è un deposito di progetti pubblicati con istruzioni cosi chiare e complete che un singolo DVD è un kit per iniziare la civilizzazione. Quindi, per ogni progetto realizzato si pubblica una biblioteca online che comprende tutto: la logica di progettazione, i file CAD 3D, i disegni di fabbricazione 2d, schemi elettrici e dei circuiti, i file CAM a lettura ottica, schemi esplosi delle parti, analisi CAE, video passo-passo, i codici di controllo per i dispositivi automatici, la fisica del perché funziona, le performance e l’analisi dei costi rispetto agli standard di settore. Un manuale per l’utente che includa le procedure operative, la sicurezza, la manutenzione, la risoluzione dei problemi, e la riparazione.
Oltre all’ausilio tecnico, si profila un portale capace di intervenire nel campo della formazione e informazione delle imprese agricole per la gestione degli effetti negativi del cambiamento climatico. L’utilizzo di tecniche agronomiche e di strumenti adeguati (agrometeorologia) garantisce un più razionale utilizzo delle risorse e contribuisce a mitigare i fattori di rischio per il territorio.
Se questa idea è buona le implicazioni sono significative: una maggiore distribuzione dei mezzi di produzione e dei metodi di costruzione, una catena logistica nel rispetto dell’ambiente e una nuova rilevante cultura del fai da te. Usi temporanei e azioni reversibili nel tempo introducono dinamicità contro lo stallo. Usi misti offrono opportunità per fasce deboli della popolazione poiché consentono di rischiare con investimenti modesti: orti urbani, fattorie urbane, cultura, educazione, commercio e produzione, il tutto riunito in una sola immagine, l’agro urbano.
perfetto! si può “scomporre” e proporne la gestione in ambiti territoriali; ad esempio nei comuni limitrofi all’Expo, con incontri-diffusione dei contenuti-ascolto-proposte locali.