Veneto: la nuova legge regionale sulle Cave e il relativo piano è un vero e proprio pataPRAC regionale

A cura del Coordinamento Asolano & Castellana del Forum Salviamo il paesaggio.

Il Consiglio Regionale Veneto, dopo due tentativi andati falliti nelle precedenti legislature, a fine marzo ha approvato con 36 anni di ritardo ma in soli 4 giorni sia la legge sulle cave (L. 13/2018) sia il Piano Regionale Attività di Cava che ne è l’emanazione amministrativa.
In pratica in meno di una settimana si è compiuto quello che ben 12 legislature non erano riuscite a fare. Come mai questa improvvisa accelerazione?

Perché sulla testa della Regione Veneto pendeva la spada di Damocle del TAR Veneto che, con ben due sentenze – la n.ro 47/2014 e la 113/2016 – obbligava la Regione ad adempiere quanto lei stessa aveva sancito con la L.R. 40/82 entro il termine perentorio del 22 marzo 2018 per non pagare i danni e le spese legali al Consorzio Recupero Valeggio 1 che aveva intentato il ricorso.

I tempi contingentati non hanno permesso l’adeguato coinvolgimento delle parti interessate. Comuni, Province, Consorzi, Associazioni e privati cittadini sono stati sentiti molto tempo prima rispetto a quando è stata approvata la Legge, cosicché la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), il Rapporto Ambientale preliminare e la Valutazione d’incidenza Ambientale hanno perso totalmente il loro valore pianificatorio, diventando un mero obbligo amministrativo da assolvere.
Infatti, sebbene nel 2013 35 Comuni, 20 Associazioni ambientaliste, una Provincia, un Consorzio di Bonifica, 11 imprese e alcuni privati cittadini avessero presentato ben 10.631 rilievi al PRAC entro i termini previsti dalla VAS, questi sono rimasti lettera morta.

Nel 2017 la nuova Commissione regionale ha giudicato il PRAC non più assoggettabile alla procedura di VAS, col risultato che da oggi sono possibili escavazioni sperimentali in galleria nel Parco dei Colli Euganei (bypassando il piano di tutela del parco), si può scavare senza rispettare alcuna distanza minima vicino ai pozzi di approvvigionamento delle acque potabili, scordandosi dei PFAS, vicino alle zone industriali, commerciali e residenziali e così via discorrendo.

Oltre a questi, quali sono le altre principali criticità della nuova legge?
È stato eliminato il limite del 3% della Superficie Agricola Utilizzabile (SAU) scavabile del territorio Comunale. Molti sindaci, persone che conoscono bene i loro territori, erano contrari alla cancellazione di questo limite. Averlo cancellato permette ai cavatori di consumare ancora suolo agricolo in province come quelle di Verona o di Treviso, straordinariamente vocate alla produzione agricola ma già molto sfruttate, minando gravemente la loro sovranità alimentare.

Poi non è stato inserito alcun divieto di apertura di nuove cave; il tutto in netto contrasto con quanto auspicato dall’Unione Europea di arrivare a ZERO consumo di suolo entro il 2050.
E quindi per le nuove autorizzazioni come funziona?
Da oggi decide tutto la Regione ma i controlli restano in capo ai Comuni in collaborazione con Arpav.
Fino a ieri le Province avevano potere di veto rappresentando un importante collo di bottiglia nella concessione di nuove autorizzazioni, oggi invece decide la Regione, privando il Comune e di conseguenza il cittadino della possibilità di partecipare attivamente al governo del territorio.

Il Comune quindi, depauperato del potere di esprimere il proprio parere, mantiene l’onere del controllo della rispondenza del piano attività di cava, in collaborazione con Arpav. Come farà il Comune normalmente oberato dalla gestione ordinaria con i suoi risicati bilanci a monitorare e quantificare le escavazioni sopra e sottofalda? Impossibile! Si limiterà a certificare che le autodichiarazioni prodotte dai cavatori corrispondono al vero, cosa che già parzialmente accade anche oggi.

Se poi si va a guardare quali sono le cubature estraibili nelle varie province del Veneto, ci si accorge che in provincia di Treviso non ci sono nuove concessioni di sabbia e ghiaia per i prossimi 10 anni.
Come mai?
Perché in provincia di Treviso sono scavabili, perché già autorizzati, ben 69,2 milioni di metri cubi, senza contare gli 8 milioni di metri cubi provenienti dalle trincee della Superstrada Pedemontana Veneta già estratti ma non conteggiati nel PRAC.

E fra 10 anni cosa succederà? Quanta ghiaia e sabbia saranno ancora autorizzabili visto che già oggi abbiamo un eccesso di immobili sfitti e sottoutilizzati e che da almeno un decennio siamo in stallo demografico con i morti che superano di gran lunga i nati?

La nuova legge sulle cave e il relativo PRAC poi non incoraggiano il riciclo dei materiali da demolizione e costruzione come sarebbe auspicabile in un’ottica di preservazione del Capitale Naturale Regionale e di sviluppo di un’economia circolare, perché l’obbligo di utilizzare il 30% del materiale recuperato da demolizioni nella costruzione delle opere pubbliche, proposto dalla minoranza Dem, è stato cassato; così com’è stato demolito del tutto l’apparato sanzionatorio pensando di lenire la crisi del settore estrattivo.
Infatti, se oggi ti beccano a scavare abusivamente fino a 5.000 metri cubi paghi una multa 6 volte inferiore rispetto al passato e se scavi abusivamente da 5.000 a 25.000 metri cubi paghi la metà.
Una vera e propria beffa nei confronti dei cavatori onesti!

Insomma, come già accaduto per la legge sul consumo di suolo, i principi fondanti e le finalità esposte all’inizio della Legge, sono stati del tutto disattesi nel testo sebbene alcuni di questi buoni propositi siano ricomparsi timidamente nel Piano Regionale Attività di Cava che però, in quanto atto amministrativo, non ha forza di legge, col risultato di aver prodotto un bel pataPrac regionale!

Ringraziamo il Consigliere regionale Andrea Zanoni per lo straordinario lavoro svolto nel tentativo di rimediare alle mancanze di un testo legislativo in molte parti carente, con emendamenti mirati.