Project financing SPV, finanza di progetto di una devastazione

di Dante Schiavon, angelo del suolo.

Il capannone che sta sorgendo sulla Pontebbana, a soli 5 chilometri dal tratto della progettata Superpedemontana Veneta, all’altezza di Visnadello, è la conferma di quale circolo vizioso possa inaugurare la “grande opera” più “inutile” e “devastante” della Regione Veneto. Si può materializzare, cioè, l’effetto combinato del “completamento e realizzazione della SPV” da una parte e l’applicazione della Legge nr. 14 del 6 giugno 2017 erroneamente chiamata “Legge per il contenimento del consumo di suolo” dall’altra; una legge ossimoro, passata sotto il silenzio più totale dei media (sempre più casse di risonanza del potere leghista), delle opposizioni, degli urbanisti (in)dipendenti.
A proposito di quest’ultimi, c’è da sottolineare come alcuni di loro diano la “benedizione tecnica” al combinato disposto “Legge nr. 14 del 6 giugno 2017” e “SPV” quando affermano che la “legge burla sul suolo” è la ricetta giusta (quella “multideroghe” e con la possibilità di consumare ancora 21323 ettari da qui al 2050) e che la la “frammentata e diffusa capannonizzazione” del territorio ad opera del Miracolo del Nord Est non funziona più.

Il risultato disastroso per il futuro del suolo veneto e della stessa “sostenibilità ambientale ed economica” della Regione ce lo fanno presagire quel nuovo capannone sulla Pontebbana (in una Regione ove sono stati censiti 1940 capannoni dismessi) e il “via libera urbanistico” alla costruzione di una zona industriale di 120000 metri quadrati a nord del progettato casello di Povegliano.
Questa vandalica sinergia tra la SPV e la “legge burla sul suolo” si manifesta all’articolo 4 comma 2, punto 8) della stessa legge: “interventi programmati dai Consorzi di sviluppo di cui all’art.36, comma 5 della legge 5 ottobre 1991, nr.317. Sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale”.

La costruzione di questa infrastruttura porterà inevitabilmente “nuovo sprawl, residenziale, produttivo e commerciale” che, unito alla proliferazione delle opere complementari, trasformerà un’area agricola e a vocazione turistica in una stretta e allungata megalopoli.
La “Legge burla sul suolo” lo consente: il consumo di suolo per infrastrutture e per rendere più funzionale la dislocazione delle zone produttive non solo è concesso, ma anche esentato dalla contabilità dei 21323 ettari consumabili da qui al 2050.

La percezione della catastrofe ambientale, con effetti irreversibili (per la mancata erogazione dei servizi ecosistemici, fra i quali agricoltura e turismo) sulla qualità della vita delle popolazioni locali, è avvertita, con colpevole ritardo, da alcuni amministratori locali. Ma i tentativi per cercare di mitigare gli effetti di una devastante grande opera sono pannicelli caldi e rattoppi che non impediscono lo sconvolgente dissesto ambientale, sociale e urbanistico.

Quest’opera va fermata con “l’ottimismo della volontà e della ragione”, con il riconoscere una progettazione datata (quarant’anni fa) che non tiene conto di una “rete infrastrutturale per trasporto su gomma” nel frattempo cresciuta a dismisura (Passante di Mestre in primis) e con una “rigorosa” ed “etica” analisi del rapporto costi benefici che valorizzi arterie stradali già esistenti e promuova il miglioramento delle tratte ferroviarie che collegano l’area Pedemontana con i principali flussi di traffico (Venezia, Padova, Treviso, Vicenza).

In Italia ci sono tante opere utili “incompiute” e spesso veicolo del malaffare. Facciamo che la SPV diventi un’opera incompiuta perché inutile e dannosa: che sia lì a dimostrare il prevalere, seppure con ritardo, della ragione sugli interessi di pochi e sull’ignoranza di chi dispone di una risorsa non rinnovabile, il suolo, come questa fosse di loro proprietà.
Trasformiamola in un monumento dell’imbecillità dell’homo sapiens: ci aiuterebbe a crescere di consapevolezza e a soddisfare il bisogno di futuro per quelli che verranno dopo di noi.