Quando eravamo il Bel Paese…

di Paolo Abbate.

Nel mercatino dell’usato di Sulmona, proprio in piazza Ovidio, ho rimediato tre libri del TCI del 1951. Uno di questi tratta le “marine d’Italia“. Come potevo farmela sfuggire questa guida degli anni ’50, nella prefazione della quale si augura “che a tutte le marine d’Italia, anche a quelle che ancora dormono solitarie ed ignare del loro splendore, giunga con la scorta di questa guida l’alacre passo dei giovani che le esplorino e le rivelino a se stessi e al mondo dei turisti“.
Bisogna considerare che la guida è una pubblicazione del Touring Club il cui obiettivo evidente è di indicare “marine” italiane, ovvero spiagge accessibili e con qualche comfort per un turismo balneare che stava nascendo proprio  in quegli anni del dopo guerra. Turismo di massa intendo, perché chi poteva già conosceva le località balneari, specialmente del Centro e del Nord Italia. Le spiagge del Sud, specialmente quelle del Cilento, erano pressoché sconosciute, mentre Viareggio e Forte dei Marmi erano località balneari frequentate infatti da tempo, con decine di stabilimenti con piccole cabine allineate che la “clientela distinta” affittava per tutta la stagione. Che differenza con i bagnanti che si scorgono nella foto di Acciaroli del 1949: marina che la guida  descrive con “nessuna attrezzatura balneare. Clientela locale” !

Anche Villammare viene descritta come “un gruppetto di case presso la stazione della linea ferroviaria, a mezza via tra Capitello e Sapri. Le alture retrostanti sono coperte di olivi e di carrubi, spiaggia parzialmente ghiaiosa, con basso fondale, del tutto priva di attrezzature balneari. Clientela locale e dei dintorni“. Una mia vecchia amica però mi informa che tra la sparuta clientela locale vi era una ricca signora con villa nei dintorni, che scendeva a mare con il maggiordomo , si faceva  attrezzare una tenda con tavolino e sdraio e servire spumante ghiacciato dopo il bagno.
Nel basso Cilento, Sapri è l’unico luogo descritto come “cittadella di aspetto interamente moderno, cinta da colli brulli e spogli, senza segno di case e di uomini […] con spiaggia sassosa e modestamente attrezzata; clientela distinta”.

Quei giovani collaboratori del TCI, pieni di speranza nel futuro, sguinzagliati per le coste italiane, avranno pressappoco adesso la mia età. Chissà se, tornando a quelle marine del sud scoperte e consigliate allora, saranno presi dallo sconforto vedendo cosa sono diventate. Non si immaginava certo il presidente del TCI che Le Saline, la Calanca, la Cala del Cefalo, eccetera, non menzionate nella guida, quindi sconosciute, divenissero predate e irriconoscibili

La grotta del Capraro – ora discoteca del Ciclope – era abitata da una famiglia di pastori con i propri animali, sfrattata a malincuore dalle ruspe (foto tratta  da Positano new 5-5-2011).
Lungi da noi negare a chiunque il diritto ad usufruire di un bene che è di tutti, come il mare. Desidero solo indicare il modo scandaloso con il quale questo diritto è stato negato. Come, ad esempio, alla spiaggia della Calanca o della Cala del Cefalo di Marina di Camerota oppure alle Saline di Palinuro,  dove si è privatizzato a favore di pochi la parte maggiore delle spiagge, delle pinete, delle dune, della falesia. In quest’ultima ad esempio, zona SIC e ZPS, le grotte, i ripari, le aree alla base sono divenuti ristoranti, discoteca assassina, posteggi auto di pertinenza delle decine di lidi uno accanto all’altro, in barba alle norme.

Tutto questo non rappresenta certo né il diritto al mare né il diritto del mare. L’ecosistema del quale è stato infatti compromesso profondamente con il danneggiamento e la distruzione della biodiversità che lo caratterizzava e che il Parco doveva per legge difendere e tutelare.
Tale sviluppo distorto è stato possibile per la cecità, chiamiamola così, degli amministratori locali, degli operatori turistici e forse anche di parte degli abitanti locali. Lo hanno chiamato e difeso come progresso e crescita economica necessaria. Io lo paragonerei  piuttosto simile ad un serpente che per sfamarsi si divora la coda.
Meno male che questa estate sono arrivate sulle spiagge le tartarughe marine, assenti da decine di anni, che hanno rimesso – diciamo così – le cose a posto, rivendicando alla natura quel che è della natura.