La Regione Piemonte vuole “semplificare” le leggi urbanistiche. Ma non è la strada giusta…

A cura del Coordinamento dei Comitati piemontesi del Forum Salviamo il Paesaggio.

Da qualche tempo la parola “semplificazione” è prepotentemente diventata uno dei termini più utilizzati dal mondo politico e amministrativo, non sempre a proposito. Eppure si tratta di un termine molto chiaro secondo il nostro vocabolario, che indica due significati: riduzione della complessità/eliminazione di difficoltà e chiarimento di un concetto/di un’idea.
Rendere più facile e più chiaro è il condivisibile intento di un’Istituzione che voglia far diventare più a “misura d’uomo” la burocrazia. Ma questo non significa creare scorciatoie o, addirittura, cambiare la strada, il percorso, la visione.

E’ quanto registriamo nella Proposta di legge n. 70/2019 che la maggioranza che governa la Regione Piemonte ha elaborato per modificare le norme vigenti in materia di semplificazione urbanistica e per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana; ovvero la legge regionale n. 16/2018 approvata dalla Regione (guidata dal centro-sinistra) nell’ottobre del 2018 e ora non gradita dalla nuova amministrazione a guida centro-destra.

Ci saremmo aspettati la presentazione di una Proposta di legge anche per il contrasto – reale – al consumo di suolo, in grado di orientare il comparto edilizio verso l’unica odierna chance di successo: il recupero dell’enorme stock edilizio esistente e inutilizzato, possibilmente senza deroghe; una legge, cioè, che mettesse in discussione le previsioni ampiamente sovradimensionate dei vigenti Piani Regolatori dei nostri Comuni.

Una via da imboccare con rapidità, necessaria.

Invece ci viene offerta una “semplificazione” che, in realtà, non intende snellire processi burocratici, ma ridurre e far scomparire quasi completamente il ruolo del Comune e del Consiglio comunale, oggi investito della funzione di mediazione fra il Piano Regolatore e le richieste dei privati secondo un criterio di “utilità sociale”.

La legge ora proposta dalla maggioranza in Regione marginalizza il ruolo comunale amplificando, invece, quello della libera iniziativa privata, senza più alcuna possibilità di valutazione “politico-discrezionale” e, ovviamente, per interventi a tutti gli effetti in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. Gravissimo…

Una legge che vorrebbe sostituire la struttura pubblica comunale (singola o associata) o in convenzione con la Camera di commercio (Sportello unico delle attività produttive), con un “soggetto privato”, cioè un professionista incaricato, andando a mescolare e confondere le funzioni pubbliche e le funzioni private, peraltro con possibili effetti sulla “terzietà” dello stesso soggetto incaricato.

Che, in assenza di una delibera comunale di individuazione (cosa che difficilmente moltissimi Comuni riusciranno a fare), ammette interventi in deroga (demolizioni, ricostruzioni, sostituzioni edilizie, anche con ampliamenti) nei nostri centri storici, non solo più per gli immobili edificati successivamente al 1950 (come nel testo vigente), ma anche per tutti quelli di più antica edificazione e quelli dichiarati di interesse o tutelati.

Che ammette “tolleranze esecutiveper generiche variazioni edilizie, architettoniche e dimensionali, che però non vengono quantificate e parametrizzate, lasciando spazio a pericolose interpretazioni soggettive.

Che concede una “sanatoria generalizzata” (e gratuita) per opere abusive realizzate in “parziali difformità” dai titoli abilitativi edilizi, che in realtà la norma statale (Testo unico dell’edilizia – art. 34 del D.P.R. 380/2001) prevede di rimuovere, demolire o “fiscalizzare” (cioè far pagare a caro prezzo) nel solo caso la demolizione non possa avvenire per non pregiudicare la parte di fabbricato eseguita in conformità. Disposizione che peraltro non ci pare sia ricompresa nella potestà legislativa regionale affidatale dalla Costituzione, in quanto l’individuazione di nuove tipologie in materia di “sanatoria amministrativa” non compete alle Regioni.

Sono solo alcuni degli aspetti che ci fanno ritenere questa proposta di Legge regionale come inadeguata e fortemente contraria alle esigenze e aspettative dei territori, poiché allontana il ruolo della pianificazione proprio dai luoghi dove essa dovrà incidere.

Abbiamo provveduto a trasmettere, entro i termini temporali richiesti, un nostro dettagliato documento di osservazioni tecniche alla Regione Piemonte (lo trovate qui) e ci auguriamo che i nostri suggerimenti siano assunti per modificare e adeguare un testo normativo che, al momento, ci pare lontano da una logica applicazione della semplificazione burocratica.

E in attesa, finalmente, che il tema del consumo di suolo trovi un’attenzione concreta da parte dell’Istituzione regionale, anche – e soprattutto – attraverso una norma rigorosa e ormai non più procrastinabile.