“Pur considerando la natura, la tipologia e la complessità della tutela e conservazione del bene pubblico, la gestione degli interventi è apparsa per lo più contrassegnata da una logica dell’emergenza non legata a quel circuito virtuoso di una programmazione pluriennale che aveva originato l’istituzione del Fondo stesso”, ma il “carattere esclusivamente manutentivo dei beni culturali” è un profilo critico non imputabile a coloro che hanno in cura i Beni artistici, quanto, piuttosto, “a scarse risorse finanziarie, esigue a fronte dell’entità del patrimonio culturale presente nel nostro Paese”.
E’ quanto emerge dall’indagine sul “Fondo per la tutela del patrimonio culturale”, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato con delibera n. 15/2020/G, che ricostruisce il panorama normativo dedicato alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e identifica le risorse finanziarie ed essa destinate a carico del bilancio statale, del Mibact e dei fondi Strutturali e di investimento europei.
Il Fondo, istituito dall’art. 1, c. 9 e 10, della legge n. 190/2014 (Legge di stabilità 2015) nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stato dotato, inizialmente, di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020, poi implementati ed allocati sul capitolo 8099 del bilancio dello Stato, con l’obiettivo di proseguire – previo parere delle Commissioni parlamentari e trasmissione al CIPE – l’attività di manutenzione e conservazione dell’ingente patrimonio culturale del nostro Paese. Il programma ha il compito di individuare gli interventi prioritari da realizzare, le risorse da destinare a ciascuno di essi ed il relativo cronoprogramma.
Si riscontrano, tuttavia, criticità relative all’alimentazione della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche, al fine di una unitaria rilevazione delle opere programmate, e carenze nell’attività di monitoraggio e controllo dell’esecuzione degli interventi.
Per la Corte si impone un necessario e stretto coordinamento tra i diversi livelli di governo (Stato e Regioni), soprattutto nella fase della programmazione degli interventi e nelle modalità operative di rilevazione dei fabbisogni sul territorio, intraprendendo un percorso di condivisione con le autonomie locali ispirato ad una visione strategica nazionale tale da “riconsegnare al Paese e alla collettività un patrimonio culturale risanato” anche grazie “ad una minore frammentazione delle risorse finanziarie destinate”.