Grandi opere. Poi furono soltanto i Fiordaliso…

di Claudio Giorno.

Grandi opere e interessi privati.

Ognuno ha le sue manie. A me, a distanza di anni dal ritiro dal lavoro (sono ormai in doppia cifra), continua a provocar piacere ‒ si fa per dire ‒ rovistare tra la spazzatura prodotta senza sosta da addetti ai lavori delle Grandi opere, finanzieri “privati” che “investono” denari rigorosamente pubblici e palazzinari che tengono in vita giornali decotti col solo scopo di influenzare il popolo sovrano rendendo desiderabili (e ultimamente Green) le colate di calcestruzzo (scadente) con cui consumano ogni anno il territorio residuo del Belpaese…

Così quando in periferia (oggi in punta dello stivale) esce una notizia che i quotidiani griffati pubblicano (quando la pubblicano) solo come nota di agenzia a piè di pagine interne e in forma rigorosamente anonima, vado a cercare qualche dettaglio nelle innumerevoli testate locali on line. Poi, se trovo un nome e cognome, provo a scriverlo su Google. E – sorpresa (anche questo si fa per dire)! – spesso scopro che i nomi, le circostanze, i “lavori” sono sempre gli stessi: nei decenni, se non nei secoli fedeli. Tutt’al più mi imbatto in qualche figlio d’arte che “ha preso tutto dal padre” il quale gli ha passato i manuali per intascar mazzette, un po’ come i grandi chef si passano le ricette. Annoto anche che, col passar degli anni, riemergono figure e cantieri del passato (si sa, le Grandi opere sono incompiute per definizione: cantiere eterno = tangenti infinite). Qualche volta lo denuncia persino il titolo del giornale che meno ti aspetti, quello che sorge ogni 24ore, che, nel caso di cui sto per dire, assume dignità di reperto archeologico, visto che risale addirittura a sette anni fa (quando ancora su possibili pandemie scrivevano – inascoltati – solo fisici, naturalisti e qualche medico controcorrente). E osservo che almeno qui si poteva fare un po’ di prevenzione, visto che con la medicina siamo al fallimento dichiarato e conclamato. Certo, la giustizia è lenta, ben più del saccheggiato Servizio Sanitario Nazionale, ma si potrebbe fare di priorità virtù. Ce lo ha insegnato il tribunale sabaudo che non si stanca di dimostrare che si possono celebrare processi a manetta e condannare pesantemente per molto meno; anche per niente, come dimostrano non poche sentenze della Corte di Cassazione che hanno cancellato secoli di detenzione nei confronti di chi ha avuto il torto di praticare il dissenso… Ma evidentemente deve esistere una deroga (non scritta) nel codice di procedura penale per i funzionari apicali di ministeri, bracci operativi del “parternariato pubblico-privato”. Individui che, colti a rubare nel 2016 o anche molto prima, vengono riscoperti con le mani infarinate a distanza di anni magari per essersi resi complici del crimine organizzato, perseguito da pochi coraggiosi magistrati.

Dalla Calabria alla Val Susa

Ma vengo alla notizia che, per avere una completa informazione [nome e dettagli, come scrivono sul sito], ho approfondito su Strettoweb.com (http://www.strettoweb.com/2021/03/reggio-calabria-favoriva-imprenditori-legati-ndrangheta-sequestro-700mila-euro-confronti-ex-funzionario-anas-nome-dettagli/1143602/): «Reggio Calabria: favoriva imprenditori legati alla ‘ndrangheta, sequestro per 700mila euro nei confronti di ex funzionario Anas. Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e delServizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, con il coordinamento della  Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato esecuzione a un provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo stimato in circa 700.000 euro nei confronti di Giovanni Fiordaliso, ingegnere, già funzionario Anas, indiziato di aver agevolato l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici di cartelli imprenditoriali connotati da contiguità mafiosa, a fronte di profitti e utilità di vario genere ricevuti quale contropartita». L’articolo, lungo e circostanziato, mette l’accento sul fatto che il nome dell’ex funzionario pubblico era emerso in numerose operazioni fin dal 2012 col coinvolgimento, senza soluzione di continuità, in reati contro la pubblica amministrazione.

Se si inserisce il nome di quel funzionario in un motore di ricerca si salta sulla sedia.

Si trova, infatti, un articolo del quotidiano di Confindustria pubblicato il 28 ottobre dell’anno di grazia 2016 (https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-10-28/la-rete-nascosta-grandi-opere-italia-063837.shtml?uuid=ADT39xkB) il cui sorprendente titolo ‒ La rete “nascosta” delle grandi opere in Italia ‒ sembrerebbe attribuibile al movimento No Tav del lato opposto dello stivale, il profondo nordovest, e che, nel riferirsi a indagini in corso tra Roma e Genova, sorprende ancor di più: «Nell’inchiesta delle procure emerge una rete di relazioni e incarichi che va oltre le opere prese in esame. I collegamenti tra imprenditori e manager si ramificano anche in altre infrastrutture lungo tutta l’Italia». I successivi nomi, sigle e cantieri hanno un che di familiare. «Giuliano Lorenzi, indagato a Genova per turbativa d’asta nella vicenda Tav, è stato anni fa anche direttore tecnico della Pedemontana lombarda)» ed è uscito di scena appena dopo l’avvio del contenzioso con Strabag, impresa austriaca ormai bene insediata in Italia tra i trafori alpini del Moncenisio e del Brennero.

Una carta geografica delle grandi opere di bene

Quindi, in una sorta di carta geografica delle grandi-opere-di-bene (per chi le realizza e ne favorisce l’iter), ecco emergere dal sottosuolo di Firenze la stazione Tav “Norman Foster”, maxicommessa su cui – tra gli altri – cercarono di mettere le mani Giandomenico Monorchio e Giampiero De Michelis, finiti in custodia cautelare per aver provato a piazzare come direttore dei lavori – indovinate un po’ ‒ Giovanni Fiordaliso, considerato l’uomo giusto per i subappalti giusti dati i rapporti nati e consolidati sulla A3, Salerno-Reggio Calabria! Ma la nomenclatura delle tangenti e dei “bancomat” non si ferma qui: nella stessa inchiesta emerge il nome di Pierpaolo Marcheselli («fratello di Giulio, professionista di Italferr – scrive il Sole 24Ore – che a Milano si è occupato della direzione dei lavori di Expo»), che aveva già subito una condanna in appello nel 2014 «per traffico di rifiuti illeciti» dentro il processo che ha visto coinvolto Cavet, il consorzio controllato da Impregilo costituito per i lavori dell’alta velocità tra Firenze e Bologna. L’accusa è che ci sia stato uno smaltimento di terre di scavo con certificazioni illegittime.

Nell’elenco di chi avrebbe almeno dovuto essere “attenzionato” e allontanato – ove riconosciuto colpevole – almeno con un “foglio di via” come quelli distribuiti generosamente agli attivisti No Tav in Val di Susa e con un divieto di dimora nei siti dove si spende denaro pubblico, emergevano all’epoca anche altre due vecchie conoscenze: Stefano Perotti, «già presente – scrive ancora il Sole – nell’inchiesta “Sistema” della Procura di Firenze», ed Ettore Pagani, «il direttore del consorzio Cociv, già arrestato per corruzione – a scriverlo è sempre il quotidiano rosa – che risultava anche essere direttore dei lavori della società Eurolink, il general contractor guidato da Impregilo incaricato dalla Società Stretto di Messina di progettare e costruire il ponte». Col che la geografia italica, isole comprese, si completa.

Non conosco l’esito finale dei procedimenti citati nell’articolo del Sole 24Ore ma a nessun giornalista viene la curiosità di fare un’inchiesta più dettagliata?

Tratto da: https://volerelaluna.it/tav/2021/03/15/grandi-opere-poi-furono-soltanto-i-fiordaliso/