L’Agenda 2030 non si deposita a terra

di Paolo Pileri, Politecnico di Milano.

Di otto piccoli comuni lombardi esaminati dai ragazzi del Politecnico di Milano, nei piani urbanistici nessun riferimento all’Agenda 2030 e al Goal15 Vita sulla Terra.

Un piccolo esercizio didattico, scientificamente senza pretese di validità statistica, ma comunque capace di accendere una spia preziosa quanto un fiammifero in una stanza buia, mostrandoci qualche fragilità di Agenda2030 e ponendoci delle domande. Il piccolo esperimento è stato fatto con i miei studenti di Ingegneria ambientale al Politecnico di Milano nel corso “Usi del suolo ed effetti ambientali”, conclusosi nel giugno 2022. Agli studenti è stato chiesto di verificare se, in otto recenti piani urbanistici lombardi (dal 2018 ad oggi) e relative Valutazioni ambientali strategiche (Vas) di otto piccoli comuni della Lombardia (meno di 5000 abitanti) in otto province differenti, l’Agenda2030 fosse presa a riferimento e in particolare lo fosse per il tema del consumo di suolo (appartenente all’Obiettivo 15 dell’Agenda). L’esito è stato inequivocabile: nessuno dei comuni si è riferito all’Agenda2030. Uno solo l’ha citata in introduzione, ma senza poi dare seguito. Nessun indicatore tra quelli suggeriti dalle Vas appartiene a quelli di documenti tecnici come Eurostat e Jrc.

L’esperimento-spia conferma quanto più discontinuativamente avevamo già osservato sfogliando alcuni piani urbanistici nel passato. La pratica urbanistica non considera l’Agenda2030 o continua a non vederla come un ausilio importante per la sostenibilità. Sicuramente il fatto che l’Agenda è a trazione volontaria non ha aiutato in nessun modo la sua attuazione. Comunque, una prima conclusione da trarre è che rimane ampio – troppo ampio – lo iato tra la proposta teorica dell’Agenda e la concretezza dell’agire urbanistico locale e della consapevolezza di chi governa il territorio. I ragionamenti di Agenda2030 non arrivano alla periferia del Paese, laddove però si producono i cambiamenti e si decide concretamente la sostenibilità. Questo ci pone davanti al fatto serio che occorre più pragmatismo, più efficacia nel tradurre l’Agenda2030 in linguaggi accessibili a chi opera sui territori, più ‘engagement’ nei professionisti locali vuoi pubblici vuoi privati, più formazione e più coinvolgimento dei livelli politici che, vuoi a scala regionale, vuoi comunale, sono responsabili di norme, piani e regolamenti di attuazione nei quali andrebbe incorporata l’Agenda.

Accanto a questa proposta si evidenzia la necessità, anche attraverso il lavoro dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), di dare urgentemente vita a un monitoraggio più significativo e rigoroso al fine di verificare concretamente quanto e come è recepita l’Agenda nei dispositivi che hanno in carico l’attuazione della sostenibilità, come i piani urbanistici. Se l’Agenda 2030 rimane dissociata da questi dispositivi operativi, purtroppo non raccoglieremo cambiamenti e innovazioni nella gestione del territorio e del paesaggio ambientale e culturale. E poco o nulla verrà curvato sulla forma urgente della sostenibilità.

Tratto da: https://asvis.it/approfondimenti/22-12914/lagenda-2030-non-si-deposita-a-terra#

Un commento

  1. La questione ambientale in generale e persino nella sua emergenza in corso per la siccità non riesce a smuovere l’apatia culturale di quasi tutti i comuni italiani , piccoli e grandi. Fin qui ho detto di una situazione che tutti sanno nel variegato mondo dell’associazionismo ambientale , ma che non genera necessità politica di “federarsi “per dispiegare tutta la potenza culturale e civile che l’arcipelago
    ecologista possiede . A mio parere le migliaia di associazioni a spaglio sul territorio nazionale è una risorsa depotenziata se rimane in aggregati solitari, non riesco ad immaginare in quale forma e con quali modalità si possa fare scoccare la scintilla . Una cosa è certa per questa situazione rimane l’amaro in bocca se guardiamo alla pochezza della attuale politica sulla questione ambientale, non c’è visione.
    Dunque non rimane, almeno, che promuovere un dibattito a partire dal Forum Nazionale sulla Difesa del Paesaggio e , perchè no , coinvolgere quei giornali e università che potrebbero amplificare il dibattito .

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