Ripensare la destinazione del Palazzo del Lavoro di Torino per finalità pubbliche

A cura di Pro Natura Torino.

Sono passati ormai quasi 8 anni da quando il Consiglio Comunale di Torino fu chiamato a ratificare l’Accordo di Programma siglato il 23 dicembre 2015 in Variante al Piano Regolatore di Torino, dopo una lunga gestazione iniziata diversi anni prima.

Tale Variante doveva sancire la trasformazione del Palazzo del Lavoro in un Centro Commerciale con altre funzioni correlate, trasformando il complesso da area per Servizi Pubblici e Attrezzature di Interesse Generale ad area a destinazione ASPI (in pratica attività commerciali), per un totale di 43.000 mq. di SLP. Ciò avrebbe comportato anche la sparizione di quasi tutti gli alberi (oltre 200) che contornano il Palazzo (alberi oggi lasciati quasi in abbandono), e la trasformazione dell’area verde circostante in verde su soletta per costruire parcheggi interrati, ed una probabile estensione dell’intervento anche sul parco di Italia ’61, verso il laghetto.

L’approvazione di questo Accordo di Programma suscitò forte dissenso nel quartiere Nizza Millefonti, per il grande impatto di un vasto centro commerciale proprio all’ingresso in città da Sud, su un asse stradale già fortemente congestionato, a poca distanza dalla Galleria Commerciale del Lingotto (8 Gallery). Ma nel giugno del 2018 il TAR Piemonte respinse anche il ricorso presentato dal Comitato “Italia Sessantuno” contro questo Accordo di Programma, ricorso con cui si contestava tra l’altro la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) per l’inadeguatezza della sua istruttoria, imponendo pure al Comitato il pagamento delle spese legali.

Apparentemente il progetto presentato dalla Società Pentagramma, costituitasi tra Cassa Depositi e Prestiti e società GEFIM, avrebbe potuto prendere avvio, con la realizzazione del nuovo Centro Commerciale, che avrebbe comportato tra l’altro una forte manomissione dell’area verde e alberata circostante per la costruzione di parcheggi interrati (1.500 posti auto nel sottosuolo) e accessi di servizio, corposi interventi sulla viabilità circostante (richiesta di sottopasso in corrispondenza della Rotonda Maroncelli) e interferenze con le reti SMAT e IREN.
In realtà questo intervento non venne in seguito perseguito dagli operatori, anche per le mutate condizioni di mercato e la complessità degli interventi previsti, per di più in una parte di città dove la crescita dei supermercati è stata in questi anni assai corposa. Dopo qualche tempo GEFIM uscì dalla Società Pentagramma, e nel 2020 tutta la proprietà ritornò in capo a un soggetto pubblico, ovvero Cassa Depositi e Prestiti, controllata per l’83% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Un soggetto che teoricamente, trovando ipotetici investitori, avrebbe potuto procedere nella trasformazione di Palazzo del Lavoro in una gigantesca “Galleria Commerciale”. Venne così presentato alla fine del 2020 un nuovo Piano Esecutivo Convenzionato (PEC), dal quale spariva anche l’ipotesi prima adombrata di realizzare nel contesto della Galleria Commerciale un polo museale di 4.500 metri quadrati e si proponeva anche una cospicua riduzione dei parcheggi interrati.
Da allora tutto sembra essersi arenato. Cassa Depositi e Prestiti ha dato il via a interventi di restauro conservativo delle facciate (dopo un incendio nel 2015), tuttora in corso, d’intesa con la Soprintendenza.

La Giunta Comunale attualmente in carica è in attesa di valutare un nuovo Piano Esecutivo Convenzionato da parte della proprietà che torni in capo a Cassa Depositi e Prestiti, che si annuncia sempre “imminente”, e ha annunciato il possibile intento di destinare tutto o in parte il Palazzo del Lavoro anche a funzioni pubbliche, e così è stata ventilata l’ipotesi di destinare il complesso a ruoli museali (un “Museo dei Musei”), con una proposta dell’Assessore alla Cultura Rosanna Purchia, ed è stata manifestata l’intenzione di presentare un nuovo PEC, di cui poi si sono al momento perse le tracce.
E’ indispensabile che una nuova proposta di PEC venga illustrata e discussa pubblicamente, per verificare anche la coerenza con i criteri di urbanistica commerciale del vigente Piano Regolatore e l’impatto sul quartiere Nizza Millefonti (Circoscrizione 8).

Infine, il 16 gennaio 2023 è stata lanciata dal Rettore del Politecnico di Torino, prof. Guido Saracco, unitamente con l’Università, nell’inaugurazione dell’anno accademico, la proposta di ospitare nel Palazzo del Lavoro alcune funzioni del “Parco della Salute”, con laboratori universitari e spazi per le start-up in ambito biomedicale, nonché una sorta di Museo della Scienza dedicato a Piero Angela. Come prospettato nei titoli de “La Stampa” il 12 gennaio scorso, “Il Politecnico non aspetta: laboratori nel Palazzo del Lavoro”, sembra maturare un interesse reale per attività di ricerca ed insegnamento. Vale la pena di ricordare che, prima del suo precipitare in stato di abbandono, il Palazzo del Lavoro fu a lungo utilizzato dall’Università di Torino, e che prima ancora, all’inizio degli anni Duemila era stata ventilata l’ipotesi di collocarvi uno “Science Center” (proposta di Mercedes Bresso), immaginandolo come luogo deputato alla ricerca scientifica e tecnologica, ma anche alla divulgazione e alla sperimentazione scientifica.

Tramontata l’illusione dei mitici “Grandi Investitori”, perché non riscoprire questa potenziale vocazione? Perchè non riproporre l’utilizzo pubblico di un bene pubblico, passato dal Demanio a Cassa Depositi e Prestiti nell’illusione di una sua “valorizzazione”?
Il Palazzo del Lavoro sarebbe forse stato un edificio prestigioso per collocarvi la nuova Biblioteca Civica, anziché Torino Esposizioni, scelta nata nel 2014. Ma altri usi prevalentemente pubblici sono ancora proponibili, se vi è la volontà politica, ferma restando la possibilità di collocarvi anche altre funzioni di servizio, compresa una quota ridotta di attività commerciali, che era già possibile anche senza una variante urbanistica.