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Bracciano, Lungolago Argenti: quando rigenerazione urbana diventa sinonimo di consumo di suolo

Marcello Rosario Caliman, Italia Nostra Lazio

Il Lungolago G. Argenti è un tratto relativamente poco antropizzato delle rive del Lago di Bracciano su cui il Comune di Bracciano vorrebbe realizzare un progetto di rigenerazione urbana già ammesso a finanziamento con i fondi del PNRR. Inizialmente erano state pianificate opere per la riqualificazione delle aree pubbliche tramite rifacimento dei marciapiedi e della pavimentazione, inserimento di elementi di arredo urbano (panchine, fioriere e cestini per i rifiuti), percorsi per disabili, piste ciclabili e sostituzione degli impianti di illuminazione pubblica.

In seguito, però, la Giunta comunale ha deciso di modificare il progetto e inserirvi la realizzazione di due nuove strade di accesso e nuovi parcheggi per un totale di circa 500 posti auto, approvando una variante al PRG che destina le aree precedentemente individuate come “Zone agricole di pregio paesaggistico” a “Servizi privati ad uso pubblico”.

La variante al progetto ha avuto parere negativo sia dalla Soprintendenza speciale per il PNRR sia dalla Soprintendenza all’Etruria Meridionale, per incompatibilità con le sovraordinate normative in materia urbanistica e paesaggistica del PTPR. Appare, quindi, più che mai controversa l’eventuale approvazione della variante da parte del Ministero dell’Interno, competente per il PNRR. Nonostante ciò, il Comune ha già appaltato i lavori per l’importo totale del finanziamento di 3.069.253 euro.

Italia Nostra è preoccupata per l’impatto che questa variante potrà avere sul lago di Bracciano, introducendo nuovi elementi di antropizzazione in un contesto di pregio paesaggistico e in un ambiente essenziale per il mantenimento della ricca biodiversità che gravita, coesistendo con la presenza umana, intorno al lago. Inoltre, le strade e i parcheggi consumeranno e impermeabilizzeranno altro suolo, contribuendo al bilancio annuale di consumo di suolo che relega la regione Lazio in cima a questa triste classifica.

Uno dei principi del PNRR è quello di non finanziare opere che possano recare danni agli ecosistemi. Non si capisce quindi la necessità di questa variante al progetto iniziale che, se ben realizzato nei materiali e nelle soluzioni, avrebbe potuto inserirsi senza gravi danni nell’ambiente preesistente. Si è invece scelto di stravolgerlo, rischiando un doppio danno: realizzare un’opera nociva e non finanziabile con il PNRR.