Osiglia è un piccolo comune sulle Alpi Liguri in provincia di Savona, nel cuore della Val Bormida, piuttosto noto grazie al suo lago che, nel periodo estivo, attrae molti turisti interessati a praticare in tutta serenità attività sportive, anche agonistiche, legate alla risorsa acqua: canottaggio, vela, windsurf, pesca, nuoto, kayak. Non tutti sanno, però, che non si tratta di un lago naturale ma di un bacino artificiale, cioè creato dall’uomo attraverso un’opera ingegneristica dalla finalità squisitamente produttiva: un accumulo di ampie masse di acqua per ricavarne energia elettrica.
E ancor meno persone sanno che per realizzare questo invaso fluviale fu scelto “a tavolino” di sacrificare per sempre alcune borgate pur abitate (nel 1861 Osiglia ospitava quasi 1500 residenti, più di tre volte l’attuale popolazione). E sacrificare significò sommergerle d’acqua.
Per sempre.
Per un progetto mastodontico che, per giunta, prevedeva inizialmente la realizzazione di sette invasi poi ridottisi, nella realtà e nel tempo, al solo bacino di Osiglia. Un sacrificio, dunque, di grande portata per un’opera via via sempre più contenuta.
Ma l’invaso di Osiglia non è l’unico caso italiano di borghi sommersi dall’uomo per soddisfare (altri) differenti bisogni dell’uomo o, come potrebbero discettare i filosofi latini o greci, per perpetrare l’eterna rivalità dualistica tra acqua e fuoco (per noi moderni, quest’ultima da intendersi energia e calore). Come ci ricorda Fabio Balocco nel suo ultimo lavoro “Sotto l’acqua. Storie di invasi e di borghi sommersi“, in cui oltre al caso di Osiglia vengono narrate – attraverso testimonianze indirette e dirette e anche immagini fotografiche d’epoca – le situazioni di Pontechianale (nel cuneese, in Alta Val Varaita), di Ceresole Reale (nel canavese, in Val Locana), di Agàro (nell’Ossola), di Beauregard (in Valle d’Aosta, nella Valgrisenche), di Morasco (in Val Formazza).
Tutti invasi realizzati, raccontati e contrapposti a quello previsto a Badalucco (Alpi Liguri, nella Valle Argentina) e mai realizzato grazie al fermo rifiuto della popolazione locale.
Storie molto differenti tra loro, ma dal comun denominatore: la produzione di energia da fonti naturali attraverso tecnologie specifiche, una situazione che ci riporta inevitabilmente ai giorni nostri e alla aspra diatriba legata al proliferare di impianti fotovoltaici su suolo libero e di pale eoliche a punteggiare crinali e paesaggi al fine di alimentare il bisogno sempre crescente di energia. Da consumare e, ovviamente, da produrre.
I lavori per la diga di Pontechianale iniziano nel 1936, ma già l’anno prima i sondaggi tecnici procurarono danni ad abitazioni e alla torre campanaria dell’Assunta in borgata Castello. Nel 1942 l’invaso fu riempito deviando in parte le acque del rio Vallanta e quelle del Varaita di Bellino; la gente fu allontanata dalle sue case.
La storia di Ceresole Reale inizia negli anni venti, quando fu avviato il progetto di realizzazione della grande diga che poi cancellò borgate, sommergendole ed espropriando gli abitanti. Negli ultimi anni, la siccità estrema ha reso tutto il sommerso pienamente visibile: le vecchie strade e le vecchie case, testimoni silenziosi di ciò che era un tempo.
La realizzazione dell’invaso di Beauregard risale agli anni cinquanta: sostanzialmente inutile come quello di Osiglia, ma per ragioni diverse, fu successivamente messo in sicurezza riducendo al minimo la portata da 70 milioni di metri cubi a 2 milioni di metri cubi, diminuendo l’altezza a 80 metri rispetto ai 132 iniziali.
Agàro è l’unico paese stabilmente abitato (da popolazioni Walser) dell’arco alpino occidentale che fu interamente spazzato via dalla realizzazione del relativo invaso, avviato progettualmente nel 1930. Di origini Walser anche la popolazione di Morasco, che abbandonò quel luogo trasformandolo in un puro alpeggio estivo prima che Edison, nel 1936, lo sommergesse completamente per creare una diga.
Negli anni sessanta, invece, la tenace popolazione di Badalucco si ribellò contro il progetto di una nuova diga a Molini di Triora, circa quattro chilometri a monte dell’abitato. Erano gli anni delle tragedie del Frejus e del Vajont e la gente si oppose con tutte le proprie energie; vi furono scontri con le forze dell’ordine, arresti, manifestazioni di massa che indussero il Prefetto di Imperia a sospendere i lavori. Nel 1984 Enel cercò di riproporre il progetto, ma anche in questo caso Sindaci e popolazione, assieme e con fermezza, si opposero e riuscirono a far fare dietrofront all’azienda. L’unione e la passione della gente vinse.
Tutte storie raccontate da Fabio Balocco con un metodo che ricorda le opere di Nuto Revelli, con un paziente lavoro di ricostruzione basato su brevi interviste biografiche con uomini e donne testimoni di quelle epoche, da cui escono ritratti di una società ed economia contadina messa ai margini dall’impeto dello sviluppo e della crescita a tutti i costi.
(Recensione di Alessandro Mortarino)
Sotto l’acqua. Storie di invasi e di borghi sommersi
di Fabio Balocco
LAR EDITORE
Anno di pubblicazione, 2024
92 pagine
Prezzo di copertina: 15,00 €