Le “case coloniche toscane” made in Canada


Riflessioni assolutamente non banali, su un tema di primaria importanza, quale quello del paesaggio e dell’ipotetico inserimento di nuovi manufatti atti alla produzione energetica. Come possiamo far coincidere nuove realizzazioni di edifici e rispetto delle regole storiche dei paesaggi di pregio? È sufficiente seguire piccole regole architettoniche?

di Guido Ferrara

In un passaggio della “Carta d’Atene” (1933), madre di tutte le battaglie dell’urbanistica moderna, si legge: “L’impiego di stili del passato, sotto il pretesto estetico, nelle costruzioni erette in zone storiche, ha conseguenze nefaste. La conservazione di tale uso o l’introduzione di tale iniziativa non deve essere tollerata sotto alcuna forma.”

Questo principio ritorna a proposito della pretesa odierna di mascherare sotto un “carter” improbabile di coppi e tegoli in guisa di casa colonica, nientemeno che una centrale geotermica a ciclo binario, del tipo di quelle qui rappresentate, per quanto in prima battuta proposte finora appena in un formato più piccolo. Questo miracolo del nuovo millennio è offerto in un ambito comprendente necropoli etrusche, centri medioevali, ville rinascimentali e case coloniche (appunto), ovvero centinaia di manufatti di alto interesse turistico, in un territorio notoriamente dotato come la Toscana, e in più servito da vie storiche definite oggi di “interesse paesaggistico europeo”, come la “Francigena”. I beni culturali che equipaggiano il territorio gli fanno assumere da dignità di un insdiamento storico, ancorchè diffuso a rete, marcato da boschi, da fiumi e dal disegno di campi coltivati, evolutisi in almeno 2700 anni di storia.

Immagini simili a queste sono state proiettate da Magma Energy Italia in un’assemblea pubblica nell’Aula Magna dell’Università di Siena il 12 luglio 2012, ad illustrazione di cosa potrebbe sussistere sotto i tetti a coppi e tegoli delle case coloniche “made in Canada”. Se questo espediente fosse valido, avrebbe la qualità rarissima di essere ripetuto ovunque, sempre che sia assicurata la presenza delle energie rinnovabili di tipo geotermico: per esempio nella valle dei templi di Agrigento il “carter” potrebbe assomigliare ad un tempio greco, in Puglia ad un aggregato di trulli, e perfino in piazza del Campo di Siena potrebbe essere simile alla fontana di Jacopo della Quercia.

Il paragone non sembri esagerato, perché l’alta valle dell’Elsa è costituita da un paesaggio storico originale, capace di attirare flussi turistici di livello internazionale, i cui interessi non sono solo le vicinissime San Gimignano o Colle Val d’Elsa o la stessa Siena, ma proprio il bel paesaggio toscano, che nel nostro caso è costituito da una risorsa compatta, fornita di guide, itinerari, monumenti, posti di ristoro, residenze private, case vacanze, agriturismi, hotel e resort, con la necessaria fornitura corrispettiva di investimenti, di posti di lavoro, di prodotti agricoli, di posti letto e di ristoranti che – se andate da quelle parti – è opportuno non perdiate l’occasione di visitare.

E’ in un luogo così fatto che si prospetta la realizzazione di 10 o 20 manufatti per la produzione e distribuzione commerciale di energia elettrica che – grazie al “carter-casa-colonica” potrebbero trovar posto ovunque, come mostrato nell’apposito depliant distribuito al convegno citato da Magma Energy Italia, senza disquisire sulla sensibilità del territorio verso le trasformazioni e la sua probabile impossibilità di ricevere l’inserimento di questi opifici industriali specifici. Naturalmente viene asserito che le centrali geotermiche a noi già note, ovvero quelle dell’Amiata, di Larderello e di Radicandoli, non hanno nulla a che vedere con queste raffigurate sopra che – per nostra fortuna – sembra perfino che non siano caratterizzate da alcuna fuoriuscita di vapore.

Effettivamente la localizzazione di una “casa colonica-opificio”, disabitata, con un tetto grande come mezzo campo di calcio ma entro cui sono visibili grandi e strane aperture (bocchette di aspirazione ?), con pareti senza porte e finestre, circondata da un numero imprecisato di linee elettriche, strade di servizio e tubidotti, entro e fuori terra, capace di diffondere un discreto ronzio, sembra proprio un oggetto poco adatto a rafforzare il modello di un’area turistica emergente di livello internazionale, a fondamento squisitamente rurale, con reti ecologiche valide a tenere unite le riserve naturali protette di Berignone e della Montagnola Senese.

Una prima conclusione per questa vicenda è amara: il paesaggio italiano è ancora una volta giudicato un banale ricettore, come fosse una carta assorbente, entro cui la pianificazione territoriale e paesistica non ha voce in capitolo, nel senso che non le viene richiesta la responsabilità di decidere dove sia opportuno collocare questi opifici in rapporto al contesto, dato che la disciplina dei modi d’uso sembra propensa a permetterlo a priori, proprio in questi stessi territori dove costruire una recinzione rurale o aprire una finestra potrebbe essere un problema da assoggettare a mille verifiche e nulla osta.

Possibile che si parta ancora una volta dai luoghi-senza-identità, proprio per non prendere in considerazione il paesaggio come risorsa delle risorse ? Non appare superfluo ricordare a tutti noi che secondo la Convenzione Europea “il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all’attività economica e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro”. Nell’alta Val d’Elsa sembrerebbe proprio opportuno seguire questo suggerimento, evitando, per quanto riguarda i “fac-simile”, le “conseguenze nefaste” descritte perfino dalla Carta d’Atene.

Ma una seconda conclusione è ancora più amara: credere che l’avvento della produzione di energia geotermica sia capace di attivare flussi economici e posti di lavoro aggiuntivi (e non sostitutivi) di quelli propri di un modello socio-economico consolidato ed efficiente, quello di una campagna-parco adibita a ricettore turistico di pregio.

Si verifichi la realtà di questa affermazione, dando solo un’occhiata ai siti WEB che riguardano per esempio i prezzi e il giro d’affari per la compravendita delle case coloniche di Casole d’Elsa (quelle vere), per rendersi conto dei fattori reali con cui si sta giocando. Di fatto, si rischia di contraddire gli investimenti, i redditi e perfino le rendite attuali, per proporre manufatti non solo devastanti a livello ambientale, ma anche consistenti in strutture a funzionamento automatico, con necessità minime di carattere manutentivo e i cui proventi non avranno alcuna rilevanza nell’economia locale. Si tratta allora di un investimento produttivo o di un intervento di rapina ?

Apparirebbe pertanto necessario un più approfondito esame dei diversi fattori in gioco, soprattutto da parte degli amministratori locali e regionali, a cui compete la responsabilità delle scelte.


2 commenti

  1. siamo in un paese di merda. Anzi i nostri politici sono di merda perchè il paese è meraviglioso.
    L’unica industria italiana è il territorio e l’arte e no queste puttanate importate da paesi che non hanno nulla da insegnare ai nostri 2000 anni di storia.
    sveglia gente

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