La rimozione: l’atto inconscio nell’era dell’Antropocene

di Dante Schiavon, un angelo del suolo.

Tutta la politica antropocentrica partitica Veneta si accapiglia polemicamente sulle questioni, legittime, di carattere amministrativo-finanziario (lacune progettuali, costi scandalosi per la collettività veneta per la garanzia pubblica al privato sugli introiti dei pedaggi, poca trasparenza sulla convenzione e il terzo atto aggiuntivo alla convenzione, sui ritardati finanziamenti privati, sui mancati controlli, sulle aggiornate stime di traffico, sul colabrodo del partenariato pubblico-privato, sul ritardato closing finanziario, sulla carenza dei controlli amministrativo-contabili, ecc.), mentre le conseguenze ambientali della SPV-Superstrada Pedemontana Veneta e delle opere complementari (bomba ecologica deflagrante a tempo) sono state rimosse.

I politici farebbero bene ad ascoltare e leggere il parere del geologo Dario Zampieri su un aspetto esiziale per la vita di milioni di veneti che si verranno a trovare non al di qua del Piave, ma al di qua della SPV. Nel rimandarvi al link sottostante, ne riporto alcuni passaggi.

Sulla importanza ecologica strategica della fascia pedemontana:
“La Pedemontana Veneta si inserisce nella fascia di pianura definita dal punto di vista idrogeologico ad alta vulnerabilità. Infatti, il sottosuolo della pianura veneta tra Vicenza e Treviso ospita un voluminoso acquifero attraverso il quale transita annualmente una volume d’acqua di circa 200 metri cubi al secondo (6300 Milioni di metri cubi per anno). L’importanza sociale ed economica di questo sistema idrogeologico è enorme, in quanto fornisce l’acqua potabile alla maggior parte degli abitanti della pianura veneta, cioè a qualche milione di persone. Inoltre, permette l’irrigazione delle superfici coltivate, fa funzionare numerosissime industrie di dimensioni medie e piccole, fornisce la materia prima alle aziende di imbottigliamento. La ricchezza d’acqua del sottosuolo è dovuta alla combinazione di fattori geologici ed idraulici.”

Sulla vulnerabilità quantitativa:
“La vulnerabilità quantitativa è testimoniata dall’abbassamento della superficie freatica, che lascia a secco i pozzi poco profondi, dalla diminuzione della portata dei fontanili e dalla scomparsa di molti di essi, infine dalla depressurizzazione delle falde d’acqua in pressione ospitate dagli acquiferi porosi intercalati a sedimenti argillosi impermeabili nella media pianura. Le cause artificiali dovute all’uomo sono lo sfruttamento intensivo della falda unitaria tramite l’emungimento eccessivo operato con migliaia di pozzi, l’impermeabilizzazione della superficie della pianura tramite le infrastrutture e l’urbanizzazione eccessiva e diffusa (sprawl e sprinkling urbano, due forme molto aggressive di consumo di suolo, rispettivamente tramite dispositivi di lottizzazione e a sviluppo spontaneo), lo scavo delle ghiaie in alveo.
Vi sono anche cause naturali, come la sensibile diminuzione delle precipitazioni, ma soprattutto la variazione del regime delle stesse, che vede lunghi periodi siccitosi alternati a nubifragi che riversano in poche ore gli stessi quantitativi di pioggia che un tempo cadevano al suolo nell’arco di mesi. Durante questi eventi l’acqua meteorica non fa in tempo ad infiltrarsi andando ad alimentare la falda sotterranea, ma scorre velocemente ingrossando la rete idrografica superficiale. Bisogna però ricordare che le precipitazioni rientrano nel sistema climatico generale e che nel quadro del riscaldamento globale antropogenico l’area mediterranea rappresenta un punto caldo (hot spot), dove l’aumento di temperatura rispetto al periodo pre-industriale è superiore a quello del valore medio del pianeta. In pratica, anche il mutato regime delle piogge può rientrare tra le cause indotte dall’uomo.”

Sulla vulnerabilità qualitativa:
“La vulnerabilità qualitativa della falda d’acqua ospitata nell’acquifero ghiaioso-sabbioso indifferenziato deriva dalla assenza di una copertura di sedimenti impermeabili. Qualsiasi sversamento di sostanze inquinanti va dunque direttamente a contaminare le acque sotterranee, come testimoniano i numerosi casi di inquinamento industriale (solventi clorurati, cromo, manganese, PFAS – questi ultimi in particolare nella vicina Valle dell’Agno, dove l’autostrada continua dopo aver superato in galleria la dorsale montuosa tra Malo e Castelgomberto – ecc.) ed agricolo (erbicidi, glifosati, ampa, insetticidi e fungicidi, ecc.) avvenuti negli ultimi quarant’anni. Va ricordato che, a causa della velocità del flusso idrico variabile da metri a centimetri al giorno in funzione della granulometria dei sedimenti, i pennacchi inquinanti che si propagano a valle hanno una vita attiva anche di decine di anni.”

Ecco il link:
https://casacibernetica.wordpress.com/2018/08/30/antropocene-veneto-il-consumo-del-suolo-alla-luce-del-nuovo-rapporto-ispra-il-punto-su-acqua-e-pedemontana/