Beni Comuni: il dibattito è aperto…

Sabato 19 gennaio, a Roma, si è tenuta l’assemblea pubblica per il lancio della campagna di raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sui Beni Comuni promossa dal Comitato Popolare di Difesa Beni Comuni, Sociali e Sovrani “Stefano Rodotà“, presentata in Cassazione lo scorso 18 dicembre.
Questa iniziativa muove dal lavoro intrapreso oltre 10 anni fa dalla Commissione Rodotà, che si era concluso nel 2010 con la formalizzazione di un testo normativo per la legge istitutiva dei Beni comuni che, però, nessun Parlamento ha poi mai sentito il bisogno neppure di discutere.
Diversi promotori del Comitato odierno erano già tra i componenti della Commissione Rodotà, a partire da Ugo Mattei, vicepresidente di quell’organismo e presidente del Comitato attuale.

Dal 2010 ad oggi sono passati non solo gli anni ma anche le situazioni “storiche” e da più parti ci si domanda se il testo elaborato della Commissione Rodotà possa essere ancora considerato come pietra miliare di un percorso – necessario – per affermare il Diritto ai e dei Beni Comuni nel nostro Paese.
All’interno della ramificata rete civica nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio si è pertanto sviluppato un analitico dibattito rivolto ai contenuti della odierna proposta di legge popolare: diverse perplessità e molti dubbi sono emersi in proposito.
Nell’assemblea del 19 gennaio, pertanto, la nostra rappresentante (Cristiana Mancinelli) ha letto un sintetico documento che contiene alcune tra le principali questioni che necessitano di un dibattito attento e di risposte a quesiti specifici.

In attesa di poter ospitare le risposte puntuali del Comitato promotore a questi nostri quesiti, vi invitiamo a leggere questi altri documenti:

Le valutazioni critiche formulate dal prof. Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte Costituzionale: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/i-beni-comuni-e-il-disegno-di-legge-preparato-dalla-commissione-rodota/

Le risposte all’analisi di Maddalena del prof. Carlo Alberto Graziani: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/risposta-a-paolo-maddalena-sul-disegno-di-legge-della-commissione-rodota-sui-beni-comuni/

L’appello per costruire in comune lo spazio urbano e difendere i beni comuni naturali redatto da un primo gruppo di realtà nazionali che hanno realizzato in prima persona iniziative concrete a difesa dei beni comuni attraverso esperienze eterogenee di lotta e pratiche di gestione collettiva: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/un-appello-per-costruire-in-comune-lo-spazio-urbano-e-difendere-i-beni-comuni-naturali/

ECCO ORA IL TESTO DELL’INTERVENTO DI CRISTIANA MANCINELLI, A NOME DEL FORUM SALVIAMO IL PAESAGGIO, ALL’ASSEMBLEA DEL 19 GENNAIO:

Intervengo a nome del Forum Salviamo il Paesaggio, una grande rete nazionale formata da decine di migliaia di soggetti individuali (cioè persone) e da oltre mille organizzazioni della società civile che, come certamente sapete, nel febbraio dello scorso anno ha presentato al Paese e a tutte le forze politiche una innovativa Proposta di Legge PER L’ARRESTO DEL CONSUMO DI SUOLO E PER IL RIUSO DEI SUOLI URBANIZZATI, ora incardinata come base di discussione nell’iter delle commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura del Senato. In questa proposta normativa abbiamo inserito anche un richiamo e le relative modalità attuative per una corretta applicazione dell’articolo 42 della Costituzione, per quanto attiene la Funzione Sociale dei beni inutilizzati. Potete quindi comprendere quanto sia per noi centrale l’attenzione verso una più ampia definizione, anche a livello legislativo e giuridico, dei Beni Comuni.
Per questo salutiamo con piacere l’avvio di un percorso “dal basso” che non può che vederci partecipi. E come nostra abitudine, abbiamo aperto un dibattito all’interno del nostro Forum per valutare i contenuti della Proposta di Legge d’Iniziativa Popolare frutto dei lavori della Commissione Rodotà; da tale discussione sono emerse alcune considerazioni, qualche dubbio, diverse domande che riteniamo utile sottoporre a questa assemblea poichè crediamo rappresentino elementi di approfondimento necessari per inquadrare la situazione e definire le strategie più adatte.
Provo, in estrema sintesi, a segnalarvele, considerandole come quesiti che al momento ci pare risultino privi di risposte:

1. Il testo ci pare consideri lo Stato come una “Persona giuridica pubblica” e non come una “Comunità politica”, e cioè una “Repubblica democratica fondata sul lavoro” nella quale la “sovranità” spetta al Popolo. Ne consegue che l’abolizione del “Demanio pubblico” viene presentata come la soppressione di un organo della Pubblica Amministrazione e non di un organo dello Stato comunità, oscurando l’idea che si tratta di beni appartenenti al Popolo sovrano. A nostro avviso una legge per i Beni Comuni deve mirare alla ricostituzione del patrimonio pubblico e affermare cioè “la proprietà pubblica” e la funzione sociale della proprietà, come prescrive l’articolo 42 della Costituzione.

2. Ci pare si corra il rischio di limitare la promozione di un ricorso giurisdizionale al solo Stato, annullando l’intervento spontaneo dei cittadini. Nel testo si dice infatti che “all’esercizio dell’azione di risarcimento dei danni arrecati al bene comune è legittimato in via esclusiva lo Stato”, aggiungendo che, per quanto riguarda i beni cosiddetti di “appartenenza pubblica necessaria”, possono agire con “l’azione inibitoria e con l’azione di risarcimento del danno soltanto lo Stato e le persone giuridiche pubbliche”.

3. Pare essere esclusa ogni forma di “partecipazione” popolare alla “gestione” dei beni comuni.

4. I beni comuni definiti nel testo “assomigliano” parecchio agli usi civici, tant’è che si afferma che la disciplina deve essere coordinata con quella degli usi civici. Ci domandiamo quindi che fine farà il Commissariato per la liquidazione degli usi civici, i cui poteri sono stati trasferiti alle regioni nel 1977 ed il cui operato va in senso opposto a quello della proposta.

5. Nel testo si legge: “Quando i titolari sono persone giuridiche pubbliche, i beni comuni sono gestiti da soggetti pubblici e sono collocati fuori commercio; ne è consentita la concessione nei soli casi previsti dalla legge e per una durata limitata, senza possibilità di proroghe”.
Ma dove si parla di concessione per durata limitata e senza possibilità di proroghe, significa che al termine della concessione non ci può essere neppure rinnovo con altro soggetto? La normativa europea consente di dare in concessione (es. stabilimento balneare sul lido del mare) solo per una volta? Cosa significa “durata limitata”? E nel caso di concessione in essere, alla fine della concessione il bene quindi ridiventa pubblico a tutti gli effetti (pensiamo ad esempio ai porti turistici)?

6. L’elenco dei beni comuni riprende in parte la vecchia definizione del “decreto Galasso”, ora compresa nell’art. 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004), ma la vecchia formulazione è più estesa: perché è stata ristretta? Cosa significa in concreto “zone montane di alta quota”? Segnaliamo che non vengono citati i crinali dei monti, che sono zone sensibili e spesso oramai degradate dai parchi eolici. Per quanto riguarda i boschi è intervenuto il D.Lgs. 34/2018 che mette i boschi a reddito: come ci si raccorda?

7. Tra i “Beni ad appartenenza pubblica necessaria” non sono indicate le reti di trasporto e quelle di distribuzione dell’energia elettrica e del gas.

8. E’ noto che fra i beni pubblici che scandalosamente vengono dati in concessione a fronte di un corrispettivo economico (canone) irrisorio per la collettività, vi sono le sorgenti (il business delle acque minerali) e le cave (il business degli inerti). Di queste seconde non si fa alcun cenno: dove rientrano?

9. Che fine fanno con la riforma i piani paesaggistici che siano già stati approvati dalle regioni?

10. E’ davvero necessario introdurre nel nostro ordinamento un concetto che non ci è proprio, ma è del diritto anglosassone, come quello dei beni comuni (commons) ? Abbiamo già il demanio, il patrimonio, gli usi civici… non si potrebbe agire sugli istituti che fanno già parte del nostro ordinamento? Magari modificando l’articolo 832 del codice civile, restringendo il diritto del proprietario di godere della cosa, assicurandone la funzione sociale e legando la mancata osservanza di questo obbligo all’estinzione del diritto di proprietà e alla relativa acquisizione della cosa, da parte del Comune in cui la cosa si trova, per destinarla a fini sociali…
Ci pare, inoltre, che la legge n. 168/2017 abbia riordinato e rafforzato il ruolo delle terre collettive, i demani civici dove sono vigenti i diritti di uso civico. Al fianco dei beni demaniali e dei beni patrimoniali di Stato e altri Enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni, ecc.) costituiscono la prima “ricchezza” della Collettività nazionale, intesa come insieme dei cittadini italiani e ci pare superi la ripartizione della titolarità dei beni proposta nel d.d.l. della Commissione Rodotà.

11. Ulteriori perplessità le ricaviamo a riguardo della formula della legge delega, che, così com’è, oltretutto, ci pare lasci ampi spazi di manovra ed interpretativi. Meglio sarebbe stata una proposta di legge con un articolato già prefissato ed attuativo della riforma, certamente più faticoso ed impegnativo ma, forse, essenziale per evitare rinvii e vuoti.

3 commenti

  1. …in termini attuali, tenuto conto della ricerca teorica più recente, sembra d’interesse la tesi del comune come modo di produzione, elaborata da alcuni economisti eterodossi, rispetto al pensiero dominante, tra cui in particolare, Vercellone. Se ne potrebbe di certo discutere.

  2. Penso anche io che una legge delega sia pericolosa e che sarebbe meglio una proposta di legge precisa ed inequivocabile. Il punto 10 è fondamentale ed andrebbe assolutamente implementato.

    Grazie!

  3. Penso che il punto 10 sottoposto dalla Vostra rappresentante all assemblea del giorno 19 del comitato beni comuni (riscrittura degli articoli del codice civile che disciplinano i diritti di proprieta’con richiamo più organico con l’art. 42 della costituzione , cioè acquisizione al patrimonio pubblico di proprietà privata in stato di abbandono poiché non garantiscono uso e fruizione sociale) é quello che merita maggiore attenzione per operare un riforma dei Beni della collettività nell’ interesse generale.
    O per sostenere le azioni di cittadinanza attiva in base art. 118 della costituzione.

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