Una zona ECA per il Mediterraneo

Un gruppo di associazioni scrive al ministro Costa per sollecitare il concreto impegno del nostro governo all’istituzione di un’area a basse emissioni che comprenda tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo, alla stregua di quanto già attuato nel Mar Baltico, Mare del Nord e Canale della Manica (dal 2015 in quest’area è in vigore il limite dello 0,10% di contenuto di zolfo nei combustibili marini).

Egregio Signor Ministro,
desideriamo innanzitutto esprimerle la nostra soddisfazione e congratularci per la Sua riconferma nell’ambito del governo nominato ieri. Siamo certi che Lei saprà esprimere oggi con rinnovato vigore la necessità di imprimere una forte accelerazione alle politiche sull’ambiente, sulla qualità dell’aria e il clima.
Il momento di grave crisi ambientale globale fa sì che l’attenzione dei cittadini e dell’industria sia giustamente rivolta al ruolo fondamentale della pianificazione ambientale da parte delle nostre istituzioni.
Ciò è vero per i cittadini, la cui qualità della vita, della salute e sopravvivenza dipendono in maniera rilevante dal livello di protezione ambientale offerto legislativamente. Ed è vero altresì per le industrie – e fra queste più di tutte quella del settore marittimo uscita sino ad ora indenne dalle norme ambientali – le quali hanno necessità, più di ogni altra cosa, di norme che consentano loro una adeguata e tempestiva pianificazione industriale di un cambiamento divenuto, ormai, ineluttabile.

Ecco perché Le scriviamo nuovamente in riferimento al Suo annuncio, salutato con grande soddisfazione dai cittadini delle città di porto italiane, circa il sostegno dell’Italia all’istituzione di un’area ECA nel Mediterraneo.
Area ECA Mediterranea che, come opportunamente menzionato nel Suo comunicato stampa in data 6 maggio scorso, deve affrontare sia il tema del biossido di zolfo (SO2) che quello degli ossidi di azoto (NOx) generati dalle navi.
Gli ossidi di azoto, in particolare, sono responsabili di rilevanti incrementi delle concentrazioni di NO2, e quindi di impatto sanitario, nelle città di porto ed inoltre, essendone precursori, contribuiscono in maniera significativa all’incremento sia del PM2,5 che alla formazione dell’ozono, che come è pure noto è un problema grave ed in crescita nel nostro paese.

Le scriviamo oggi quindi in quanto la posizione italiana sul tema dell’Area ECA è, in questo momento, assolutamente centrale e cruciale al fine di ottenere un progetto di Area a basse emissioni nel Mediterraneo che sia, coerentemente alla gravità del problema ambientale che viviamo, sufficientemente ambizioso.
I molti paesi del bacino del Mediterraneo che partecipano alle negoziazioni volte alla definizione della Area ECA hanno fiducia nella posizione italiana e saranno tanto più disponibili e aperti al cambiamento quanto più l’Italia proponga una strategia che sostenga la necessità di standard di navigazione nel Mediterraneo ambiziosi e all’avanguardia sotto il profilo ambientale e tecnologico.

Vorremmo quindi ribadire al riguardo che qualora il progetto di limitazione anche delle emissioni di ossidi di azoto venisse escluso dalla proposta in discussione a livello europeo, la soluzione di questo tema, o meglio la riduzione dei livelli di questo inquinante nelle città di porto, slitterebbe forse di decenni dato che, considerando la vita media delle navi in circa 30 anni, ogni nuova nave acquistata prima dell’entrata in vigore della NECA non farebbe che spostare in là di decenni l’ottenimento dei benefici necessari a riportare la qualità dell’aria nel nostro paese e nelle nostre città di porto sotto controllo.

Infatti, le norme sulle nuove Aree NECA (entro le quali le navi sono tenute a ridurre anche le emissioni di NOx), si applicano alle nuove navi a partire da una data fissata in anticipo. Questa data sarà, per esempio nel Mare del Nord, il 2020 allorché le nuove navi avranno motori completi di sistemi di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto almeno TIER III. E, parimenti, è stata il 2016 per la ECA che già esiste da tempo negli USA e nei Caraibi.

Non solo. Considerati i dati di crescita del trasporto via mare stimati dall’IMO (Nota 1) per i prossimi anni, e delle emissioni navali che a fronte di ciò potrebbero aumentare fino al 250% vanificando gli obiettivi dell’accordo di Parigi, non intervenire tempestivamente anche sul tema degli ossidi di azoto si rivelerebbe un enorme errore perché potrebbe determinare addirittura un incremento dell’NO2 nelle città di porto e sulle aree costiere del nostro paese.

Per questo motivo è assolutamente essenziale che l’Italia sostenga sin d’ora un piano che contenga l’attivazione dell’AREA NECA. E che, in occasione dell’incontro multilaterale (MAP) che si terrà ad Atene dal 10 al 13 settembre, l’Italia riaffermi il sostegno già annunciato a maggio ad una vera AREA ECA.
Al riguardo, il problema delle emissioni di ossidi di azoto e del supporto all’industria navale affinché possa affrontare questo impegno è stato brillantemente risolto con grande successo dalla Norvegia. Questo paese ha infatti istituito da tempo un cd. NOX FUND ovvero un fondo nel quale gli armatori stessi – per evitare più gravose imposte di cui il Governo Norvegese aveva annunciato l’istituzione per ottenere la riduzione degli ossidi di azoto, l’inquinamento nelle città di porto e l’acidificazione del patrimonio naturale – devolvono somme che sono rapportate alle emissioni di NOx delle loro navi. Somme che il fondo stesso reimpiega sostenendo gli interventi necessari per ridurre le emissioni di NOX delle navi degli armatori norvegesi aderenti al fondo. Con questo sistema la Norvegia ha, in pochi anni, installato sistemi di riduzione dei NOx su oltre 600 navi. Questa potrebbe essere dunque per l’Italia, un’ottima strada per affrontare questo problema. Occorrerebbe a questo proposito predisporre una proposta legislativa che consenta di giungere all’attivazione nel nostro paese di un sistema analogo.

Non solo, ma i tempi oggi ipotizzati nel programma di lavoro della riunione MAP di Atene della prossima settimana, ovvero nella Road Map presentata per giungere all’istituzione dell’area ECA, sono ingiustificatamente lenti per un processo che già contiene tutti i dati tecnico scientifici necessari a concludere che i costi dell’inazione superano di gran lunga – da 6 a 30 volte secondo lo studio (nota 2) elaborato da IIASA per la Commissione Europea – i benefici. I tempi degli approfondimenti, se davvero indispensabili, possono essere di molto abbreviati rischiando, in caso contrario, di rappresentare una mera dilazione che causerà la morte prematura di ancora molte persone a causa dei fumi velenosi che queste respireranno.

Le trasmettiamo nuovamente il Rapporto pubblicato da Cittadini per l’Aria su quanto sta facendo l’industria del trasporto passeggeri via mare (traghetti e navi veloci) per rendere la propria flotta meno inquinante.
Nel frattempo Le chiediamo nuovamente un appuntamento conoscitivo, per parlarLe di questo tema.

Con l’auspicio di poterla incontrare al più presto, Le inviamo molti cordiali saluti.

Cittadini per l’aria onlus
Comitato Tutela Ambientale Genova
Savona Porto Elettrico
Coordinamento Livorno Porto Pulito
Comitato No Grandi Navi Laguna Bene Comune
Comitato Vivibilità Cittadina Napoli
Forum Ambientalista Civitavecchia
Associazione Ambientalista Eugenio Rosmann
We Are Here Venice
Italia Nostra Sezione di Ancona
Spezia via dal Carbone
Ambiente Venezia

NOTE:

  1. http://www.imo.org/en/OurWork/Environment/PollutionPrevention/AirPollution/Pages/Greenhouse-Gas-Studies-2014.aspx

2. IIASA, The potential for cost-effective air emission reductions from international shipping through designation of further Emission Control
Areas in EU waters with focus on the Mediterranean Sea, pag. 28 e ss.