Ma è davvero possibile realizzare impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile dove pare e piace?

A cura del Gruppo d’Intervento Giuridico odv.

Una delle problematiche ambientali più attuali è certamente l’ubicazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, con particolare riferimento alle centrali eoliche e alle centrali solari fotovoltaiche.

Se da un lato il superamento dell’utilizzo delle tradizionali fonti di origine fossile (idrocarburi, gas naturale) sarà possibile, allo stato tecnologico attuale, solo mediante un progressivo maggior ricorso all’energia prodotta da fonti realmente rinnovabili (difficilmente così potrà considerarsi l’energia da biomassa, stante la pesante deforestazione che attualmente ne costituisce la base), d’altro canto dovrà esser incentivato e promosso il fondamentale risparmio energetico, nonché – soprattutto – la salvaguardia e la conservazione dei beni ambientali e di rilievo naturalistico.

In primo luogo, sono i piani paesaggistici (artt. 135, 143 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) a poter disciplinare il territorio e a indicare aree non idonee alla ubicazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, essendo strumenti di pianificazione sovraordinati e immediatamente cogenti per qualsiasi altro piano di settore o urbanistico-territoriale (art. 145, comma 3°, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).

Analogo effetto possono avere i piani di gestione dei S.I.C., Z.P.S., Z.S.C. costituenti la Rete Natura 2000, ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna e la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla salvaguardia dell’avifauna selvatica (l’art. 5, comma 1°, lettera l, del D.M. Ambiente 17 ottobre 2007 vieta la “realizzazione di nuovi impianti eolici” nelle Z.P.S.).

La delega contenuta nell’art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea) sull’attuazione della direttiva n. 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili prevede esplicitamente l’emanazione di una specifica  “disciplina per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti a  fonti  rinnovabili  nel rispetto delle esigenze di tutela  del  patrimonio  culturale  e  del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita’ dell’aria e dei corpi idrici, nonche’ delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’ambiente e  della  tutela  del territorio e del  mare,  privilegiando  l’utilizzo  di  superfici  di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e  aree non  utilizzabili   per   altri   scopi”.  

Disciplina a oggi colpevolmente non emanata, pur dovendo veder la luce con uno o più decreti del Ministro della Transizione Ecologica entro il prossimo 15 giugno 2022 (art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021). Da allora, entro i successivi sei mesi, ciascuna Regione e Provincia autonoma dovrà licenziare un conseguente provvedimento di individuazione delle aree idonee e delle aree non idonee.

Nell’attuale periodo temporale, sempre ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, con cui è stata recepita la direttiva n. 2018/2001/UE in base alla legge delega n. 53/2021, i progetti relativi a impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili sono esaminati sul piano ambientale caso per caso sulla base della normativa vigente, visto che “non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”, mentre sono considerate immediatamente aree idonee

a) i siti ove sono gia’ installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale ai sensi dell’articolo 5, commi 3 e seguenti, del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28;

b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale” (art. 20, comma 8°, del decreto legislativo n. 199/2021).

Non hanno, quindi, vigenza i provvedimenti con cui diverse Regioni avevano individuato aree non idonee, avvalendosi della facoltà riconosciuta dall’art. 12, comma 10°, del decreto legislativo n. 387/2003 e s.m.i. (per esempio, la Regione autonoma della Sardegna con il Piano energetico regionale della Sardegna 2015-2030 – Individuazione delle aree non idonee all’installazione di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili, deliberazione Giunta regionale n. 59/90 del 27 novembre 2020).

Al momento attuale, pertanto, è necessaria una buona pianificazione paesaggistica (sono ancora troppo poche le Regioni e le Province autonome che vi hanno compiutamente provveduto, vds. Atto ricognitivo MIC, nota DG ABAP prot. n. 42795 del 21 dicembre 2021) ovvero un buon piano di gestione di un’area della Rete Natura 2000 e un corretto procedimento di valutazione di impatto ambientale (artt. 20 e ss. del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) per evitare scempi ambientali spesso inutili e controproducenti.