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Il consumo di suolo non è più un’emergenza. In Parlamento …

di Alessandro Mortarino e Federico Sandrone*

Da un paio di anni a questa parte il tema del contrasto al consumo di suolo pare essere passato da emergenza nazionale ad argomento di secondaria importanza. Almeno così parrebbe scorrendo le molteplici attività del nostro Parlamento che, dal 2012, si è trovato a discutere del tema in virtù di decine di Disegni di Legge presentati dalle più diverse forze politiche senza giungere ad una conclusione, cioè ad una promulgazione normativa prima della loro decadenza causata dal termine delle legislature in corso.

Eppure, ognuno di questi Disegni di Legge si basava su una serie di assiomi preliminari che contenevano e condividevano il concetto di “emergenza” derivante, per l’intero nostro Paese, dal depauperamento e dal consumo del suolo, risorsa non rinnovabile e non sostituibile, elemento di vita, bene comune.

Possibile, dunque, che questa “emergenza” sia passata e non rappresenti più un rischio per i cittadini italiani?

Scorrendo i dati dell’annuale Rapporto sul consumo di suolo dell’Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) l’emergenza c’è ancora, eccome. Anzi, col passare degli anni si è trasformata in una “emergenza sistemica”: continua a crescere e continuerà senza limiti, almeno valutando le previsioni espansive individuate dai Piani Regolatori o Piani di Gestione del Territorio dei Comuni italiani.

L’emergenza, insomma, resta. Tranne che nelle aule parlamentari, cioè proprio là dove il “Legislatore” dovrebbe tradurre questa emergenza in norme capaci di contrastare efficacemente il problema del consumo di suolo.

Sono trascorsi più di sedici mesi dall’insediamento della nuova Legislatura e, nonostante ad oggi siano stati depositati nei due rami del Parlamento ben 20 tra proposte e disegni di legge (aventi ad oggetto il “contrasto al consumo del suolo” e/o la “rigenerazione urbana”, con una prevalenza numerica per quest’ultima tematica), nessun iter è stato incardinato. E, come se non bastasse, si intuisce che prossimamente la norma a contrasto del consumo di suolo verrà soppiantata proprio da quella per la “rigenerazione urbana” che invece, a parere del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, della prima dovrebbe essere “figlia” e non “genitore” o, perlomeno, le tematiche dovrebbero essere affrontate congiuntamente.

Tra i 20 testi normativi già depositati ne troviamo uno che continuiamo a ritenere il documento più completo ed esaustivo che il Parlamento dovrebbe senza indugi assumere come base di partenza per tutte le analisi, discussioni ed emendamenti del caso.

Si tratta della Proposta di Legge “Disposizioni e delega al Governo per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”, rubricata AC 531, a prima firma dell’On. Stefania Ascari, presentata alla Camera dei Deputati, l’8 novembre 2022 che ripropone il medesimo contributo normativo già lungamente discusso al Senato (Commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura) nella precedente legislatura (AS 164 Nugnes ed altri del 27 marzo 2018) e frutto di un lungo lavoro di sintesi da parte di un Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico multidisciplinare formato da 75 Esperti del nostro Forum nazionale Salviamo il Paesaggio.

In questa proposta normativa c’è tutto. Tutto ciò che potrebbe consentire al nostro “Legislatore” di procedere alla proficua discussione. Ma il “silenzio parlamentare” continua e l’emergenza resta, intatta.

Per questo il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio ha deciso di tornare alla carica e di mettere in campo tutte le sue forze per riaccendere i riflettori sulla norma disperatamente “in sonno” e stimolare le forze politiche a tornare celermente ad occuparsene

Noi non sediamo in Parlamento e pertanto non possiamo che levare le nostre voci “dal basso” e lontano dalle aule. Dobbiamo quindi affidarci ad iniziative mirate per esercitare il nostro dovere di stimolo. E lo faremo, anzi , lo stiamo già facendo…

Da poche settimane abbiamo lanciato una seconda campagna nazionale dedicata ai costi ecosistemici ed economico-finanziari causati dal consumo di suolo. Basandoci sui dati di ISPRA abbiamo provveduto a calcolare ciò che è avvenuto tra il 2006 e il 2022 al suolo di ognuno dei Comuni italiani e il costo (in euro…) già patito dalle nostre comunità locali per la perdita di suolo (cifre molto rilevanti che restano, inoltre, a debito per l’anno in corso e per gli anni a venire); ora i dati li stiamo sottoponendo a tutti i Sindaci e a tutte le loro Amministrazioni, nella cruda realtà che essi rappresentano.

Il 25 marzo affronteremo in webinar con Paolo Maddalena (Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale) un tema che da anni richiamiamo: quello della corretta applicazione dell’articolo 42 della Costituzione che affronta il controverso tema della funzione sociale della proprietà privata. In Italia oltre 10 milioni di abitazioni (fonte ISTAT 2019) risultano inutilizzate: un patrimonio privo di funzione sociale che si accompagna alle previsioni edificatorie dei Piani urbanistici comunali vigenti.

Venerdì 12 aprile saremo ospiti della Camera dei Deputati nella Sala Matteotti in Palazzo Theodoli-Bianchelli, per un confronto pubblico con tutte le forze politiche: nostri esperti discuteranno con i loro rappresentanti per ragionare di consumo di suolo e di leggi mancanti, cioè di un’emergenza per cui non si può più far finta di nulla.

Infine, l’11 e 12 maggio a Verbania Intra si terrà l’assemblea nazionale 2024 del Forum Salviamo il Paesaggio, occasione speciale per valutare la situazione.

Riusciremo a smuovere dal loro torpore i nostri eletti in Parlamento e ad incanalare le loro energie verso la risoluzione di un’emergenza che sembrano non avvertire?

Lo verificheremo, fiduciosi. Nonostante tutto …

*  Alessandro Mortarino e Federico Sandrone sono i Coordinatori del Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico multidisciplinare estensore della Proposta di Legge “Norme per l’arresto del consumo di suolo e il riuso dei suoli urbanizzati” del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio (www.salviamoilpaesaggio.it)

5 commenti

  1. INCIDENTI, DEGRADO DELLE GROTTE E SPELEOLOGIA:
    IL RECENTE CASO DELLA PISATELA DI MONTE DI MALO

    Gianni Sartori

    Per quanto mi riguarda ero preoccupato soprattutto per l’eventualità che si utilizzasse l’esplosivo per ampliare la grotta e riportare all’esterno lo speleologo infortunato.

    E non per niente. Infatti in questa cavità (La Pisatela) in passato ne era già stato utilizzato (non è dato sapere se in abbondanza o in “modica quantità”) allo scopo di allargarne i passaggi impervi (o aprirli tout court) e metterla in comunicazione con el Buso dea Rana.

    Con tutte le perplessità sulle possibili ripercussioni per l’integrità e stabilità della roccia (e sorvolando su possibili danni ambientali per la fauna ipogea, oltre alle incognite determinate dalle modifiche indotte alla circolazione dell’aria, al microclima etc…).

    Ma andiamo con ordine.

    Per “onestà intellettuale” devo precisare che la maggior parte delle mie conoscenze dirette sia del Buso dea Rana che delle altre cavità in zona (monte Faedo e dintorni, in quelli che forse impropriamente vengono chiamati Lessini vicentini) risalgono a parecchi anni fa. In particolare (per quantità e intensità) al periodo tra la fine degli anni sessanta e i settanta. Quando ancora il laghetto di Caronte si attraversava con il canotto (o magari, ma solo per esserci caduto dentro, a nuoto). Per quanto riguarda l’attività cosiddetta “esplorativa” (oggi come oggi la considero una subdola opera di colonizzazione di quella residua parte del pianeta non ancora “a catasto”), tra i ricordi non del tutto annebbiati riaffiorano il Ramo dei Salti 8da risalire) e il breve cunicolo, invaso (se non ricordo male, doveva essere il 1971) da fango e acqua che percorsi in prima assoluta transitando dal ramo principale all’altro (dal destro al sinistro o viceversa).

    Poi solo “passeggiate con famiglia” – o eventualmente con qualche amico – del ramo principale.

    Quindi della Pisatela, attualmente in comunicazione con il Buso della Rana, ne avevo notizia soltanto per “sentito dire” da chi ha avuto tempo e modo di frequentarla più o meno assiduamente.

    Tuttavia (coincidenza sincronica?) proprio il giorno prima dell’incidente, vagando per le colline, avevo incontrato un ex speleologo scledense argomentando del degrado ipogeo e delle responsabilità anche degli speleologi.

    Il tizio si rammaricava in particolare per un amico che proprio lui aveva “iniziato” alla speleologia un ventennio prima e che poi era diventato istruttore. Informandolo di come avesse (insieme ad altri beninteso) realizzato il “raccordo” tra Rana e Pisatela: allargando le strettoie a colpi di microcariche esplosive!

    Inoltre, pare, per impedire il crollo di pietre e massi avrebbero inserito quello che definiva un “guardrail”. In realtà, stando a quanto mi spiegava uno speleologo vicentino del Gruppo Proteo, si tratterebbe di tubi Innocenti inseriti (“ma si vedono appena…” minimizzava) per sostegno (“come in miniera?” avevo chiesto). A mio parere si tratta quantomeno di manomissione o peggio.

    Per cui credo sia lecito porsi alcune domande,

    Non è che magari il pregresso uso di esplosivi potrebbe aver determinato una maggiore instabilità, un degrado della grotta, favorendo eventuali crolli e cadute di massi?

    Così, tanto per sapere.
    Ovviamente mi rallegro per lo scampato pericolo e auguro una pronta ripresa all’infortunato nel ramo Carpe Diem del Buso della Pisatela (per la caduta di un masso). Rilevando comunque che per recuperarlo è stata posta in campo una sorta di sproporzionata (e immagino costosa) operazione militare. Tuttavia mi chiedo che senso abbia parlare ancora di “speleologia” come attività “in contatto con la natura”. In realtà, come per l’alpinismo, si va creando una rete di “parchi tematici”, luoghi manipolati nella loro integrità in cui scaricare le pulsioni e frustrazioni di una vita artificialmente artificiosa (mercificata, reificata, codificata, addomesticata, consumistica, sussunta al capitalismo etc…). Se per Lumignano (restando nel vicentino) siamo già a questo punto (e forse oltre) anche il Rana e dintorni sembrano avviati sullo stesso percorso.

    Tra parcheggi, pizzeria, aree pic-nic, escursioni “di massa” organizzate anche in periodo di letargo dei chirotteri (di quelli che ancora vi permangono almeno).

    Dicevo dell’operazione di recupero in stile quasi militare che non ha mancato di suscitare qualche perplessità pure nel sindaco Mosè Squarzon (di Monte di Malo). Il quale Primo cittadino non ha mancato di muovere qualche critica per la “spedizione”, forse avventata, dei quattro speleisti.

    Tra l’altro il masso aveva anche tranciato la corda del capo cordata che era rimasto bloccato su un terrazzino (domanda: non aveva con sé una corda di riserva per scendere in doppia?).

    Ah, le vecchie care scalette in alluminio…

    Pur riconoscendo a chiunque il diritto di “esercitare le nostre passioni in libertà “, il sindaco Squarzon ritiene che sia “molto più importante farlo nel rispetto della nostra vita cercando di ridurre il rischio al minimo indispensabile, soprattutto per le ricadute verso la nostra società, in particolare verso le squadre di emergenza, il pronto intervento e le forze dell’ordine”.

    Difficile quantificare il numero delle persone intervenute, almeno una cinquantina sicuramente.
    Oltre ai venti soccorritori penetrati nella cavità, al campo base ne erano presenti almeno altrettanti. Stando a quanto dichiarato, oltre alla squadra sanitaria (un medico e un’infermiera) entrata in grotta, un’altra stazionava all’esterno. Presenti soccorritori di tutta la VI Delegazione speleo, tra cui i “disostruttori” caso mai di dovesse ricorrere alle microcariche esplosive per allargare ulteriormente i passaggi. Altri speleologi e disostruttori erano giunti dal Trentino e dal Friuli. Allertati pare anche quelli di Emilia Romagna e Lombardia. Ad un certo punto si sarebbe palesato pure un elicottero.

    A fianco della Commissione nazionale disostruzione, i Vigili del Fuoco di Schio e di Mestre (compresi i sommozzatori, caso mai le piogge avessero provocato l’innalzamento del livello dell’acqua nella cavità), la Protezione civile e i carabinieri (per il trasporto dell’esplosivo). 

    Un intervento forse sproporzionato visto che poi l’infortunato sarebbe uscito con le sue gambe, se pur assistito e non in barella. Operazione che avrebbe appunto richiesto, come dicevo all’inizio e come temevo, l’utilizzo dell’esplosivo per allargare ulteriormente cunicoli e passaggi.

    Ah, se anche la Sanità pubblica, quella che si occupa dei poveri cristi in lista d’attesa, funzionasse così mirabilmente!

    Gianni Sartori

    1. Ho notato, anche su mia esperienza che, ogni volta che c’è una minima cosa, intervengono in metà di mille . I casi sono due: o si annoiano in caserma, o il compenso per le uscite è grandioso, tanto, paga Pantalone.

  2. Il consumo di suolo è di gran lunga la prima emergenza ambientale di questo dilaniato Paese, dove a malapena (e neanche sempre) resistono le aree tutelate dai Parchi.
    Ma dopo la decennale tragedia della incontrastata, feroce, speculazione edilizia ora tocca alla ben più sofisticata, subdola, ipocrita SPECULAZIONE ENERGETICA che, in collaborazione dei sedicenti giornali “progressisti” e di ex corazzate ambientaliste, cercano di far passare la distruzione della superstite campagna agricola, relativo paesaggio identitario, attività turistiche lente con lugubri paramenti funebri fotovoltaici a terra per km, come irrinunciabile necessità tinta di verde. Quando ISPRA ha ripetutamente evidenziato come i TETTI bastano e avanzano. E solo quelli di migliaia di km di capannoni degradati che hanno già massacrato il ns sfortunato Paese

    1. E per far questo è un continuo vergognoso attacco e delegittimazione delle Sovrintendenze, ultimo baluardo e freno a difesa di quanto rimane del Paesaggio

      1. E le superstiti superfici agricole che i nuovi SPECULATORI energetici pretendono di devastare scavalcando e deridendo, con reiterata attività mediatica, Sovrintendenze, Comuni, Regioni, Comitati cittadini e VERE associazioni ambientaliste , ricadono ovviamente in aree miracolosamente ancora intonse e bellissime come la Tuscia, la Sardegna e gran parte dell’Appennino che hanno il torto di avere ancora territori liberi dallo schifo

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