Come ti calcolo il consumo di suolo

80-128 31_img_5Il consumo di suolo è in Italia patologico e questa è la dimostrazione di come un paese possa essere fortemente autolesionista. Una nazione che soffre di una grave malattia, un virus che mostra le proprie piaghe disegnando un cantiere continuo che non risana ciò che cade a pezzi ma che distrugge tutto quello che incontra. Scrive Settis:
“(…) L’alluvione di orridi condomini, perverse villette a schiera, scellerati capannoni, pessimi palazzi (e ville e chiese e municipi) che è il grande, tristo leitmotiv della produzione architettonica del Novecento in Italia comporta la perdita, forse irreversibile, di quel codice (codice dello spazio: contemporaneamente architettonico, urbanistico e politico, un linguaggio comune a tutti gli abitanti, a tutte le autorità e agli artisti) e dei valori associati (a cominciare da dignità, armonia e memoria). Il nuovo paesaggio italiano che stiamo creando appartiene (…) al dominio della statica, non a quello dell’estetica. (…)”

(Settis S., Paesaggio, Costituzione e cemento, 2010, Einaudi, Torino)

Di seguito una proposta di monitoraggio per questa grave malattia nazionale, di Massimo Zotti:

Il tema del consumo di suolo è estremamente attuale, e lo dimostra anche la quantità di testi sul tema che iniziano ad affollare le librerie (uno che consiglio è “Paesaggio, Costituzione e cemento” di Salvatore Settis).
Per affrontare questo problema nella maniera giusta bisognerebbe mettersi innanzitutto d’accordo su cosa significa consumo di suolo, e me ne rendo conto quando parlo di questo problema con interlocutori diversi: se una definizione abbastanza condivisa del concetto di consumo di suolo è quella di “passaggio da uno stato agricolo/naturale a uno stato urbano/artificiale/modellato dall’uomo” (Stefano Pareglio, 22 aprile 2010), non è raro che – soprattutto da parte di chi si occupa di agricoltura – quest’accezione venga usata in tutti i casi in cui le aree agricole vengono destinate ad altro uso.

Lo scorso maggio a Venezia è stato presentato un interessantissimo lavoro, proprio sul consumo di suolo, fatto dal Sistema Informativo Territoriale della Regione Veneto con l’Urban Atlas HR, la carta d’uso del suolo elaborata da immagini satellitari ad altissima risoluzione per il territorio dei comuni interessati dal “Passante di Mestre”.

Come si evince dalla presentazione di Massimo Foccardi la disponibilità di un dato tematico relativo al 2007 (l’Urban Atlas prodotto nell’ambito del progetto GSE-Land da immagini satellitari SPOT5 a 2,5 m di risoluzione) ed uno del 2010 (anno di acquisizione del dato WorldView-2 sull’area del Passante di Mestre) è servita a calcolare il consumo di suolo nell’intervallo di tempo, confrontando i cambiamenti dell’uso di suolo tra i due periodi. Con un’unità minima mappabile di 0,15 ettari i risultati sono estremamente interessanti ed accurati.

Quello che ho presentato a Monaco un paio di settimane fa, tuttavia, rappresenta un ulteriore approfondimento del tema. Dopo aver prodotto l’Urban Atlas HR sul Passante di Mestre, infatti, abbiamo fornito il prodotto Preciso® Land (che ha caratteristiche analoghe) a diversi comuni e province in Italia, e nell’ambito di queste attività abbiamo messo a punto una catena di processamento dei dati molto standardizzata. In particolare l’utilizzo delle 8 bande multispettrali del satellite WorldView-2 ci ha permesso di estrarre dalle immagini satellitari, in maniera quasi automatizzata, il layer relativo alle aree impermeabilizzate (soil sealing).

Il soil sealing, secondo la definizione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) è quella copertura del suolo dovuta alla urbanizzazione e alla costruzione di infrastrutture, in modo tale che il suolo non abbia più la capacità di svolgere gran parte delle funzioni sue proprie. Nell’immagine qua sopra si riconosce questo layer, di colore giallo, che rappresenta quel “..processo di sigillatura o impermeabilizzazione causato dalla copertura del suolo con materiali impermeabili, o comunque dal cambiamento delle caratteristiche del suolo tanto da renderlo impermeabile in modo irreversibile o difficilmente reversibile” (Legambiente, 2010).
Il layer del soil sealing è un’informazione binaria (impermeabile/no) che riusciamo ad estrarre mediante complicati algoritmi che io non sono in grado di spiegare (si tratta di oscure addizioni e sottrazioni tra bande multispettrali, ma mi nasconderò dietro il segreto industriale).

Calcolare la differenza tra le superfici impermeabili estratte da un’immagine di recente acquisizione rispetto ad un dato storico, con un dettaglio corrispondente ai 2 metri del pixel multispettrale, assicura risultati molto più accurati rispetto a quello che si ottiene confrontando i cambiamenti delle classi di uso del suolo.

Faccio un esempio: un’area in cui le superfici artificiali rappresentano soltanto il 31% del totale sarà classificata come “tessuto residenziale discontinuo e rado” in base alla legenda CORINE. A distanza di qualche anno, se nella stessa area le superfici artificiali avranno raggiunto il 49%, quell’area rientrerà sempre nella classe d’uso del suolo 1.1.2.2 “tessuto residenziale discontinuo e rado” anche se nei fatti il soil sealing è quasi raddoppiato!

Invece, il calcolo puntuale delle aree impermeabilizzate aiuta a capire con maggiore precisione qual è stato il consumo di suolo all’interno di un comune: se una variazione dello 0,16% dell’Indice di Consumo di Suolo (ICS) rispetto all’intera superficie comunale può sembrare trascurabile, quando si va a raffrontare con le sole superfici urbanizzate ci si accorge che il dato schizza al 3,7% in meno di 4 anni!

E’ chiaro quindi quale sia il vantaggio di monitorare questi fenomeni mediante le immagini multispettrali telerilevate da satellite: la possibilità di effettuare acquisizioni ripetute nel tempo e a costi contenuti, e di usare procedure standardizzate per l’estrazione di informazioni da questi dati, permette di superare il limite di non aver mai raccolto ed elaborato finora, con sistematicità e criteri univoci, l’informazione relativa all’impermeabilizzazione dei suoli. Un confronto tra informazioni omogenee, calcolate secondo procedure standardizzate a distanza di tempo, aiuta a monitorare con grande precisione ed a costi contenuti queste variazioni.

VHR Thematic Maps from Aerospace for Regional and Provincial Urban Planning

Il link dell’articolo: Come ti calcolo il consumo di suolo

3 commenti

  1. Indubbiamente la metodologia proposta si presenta ideale per monitoraggi automatizzati, speditivi e fatti con una cadenza temporale abbastanza ravvicinata permettendo il controllo di vaste superfici. Però è anche vero che affermare che la metodologia “assicura risultati molto più accurati rispetto a quello che si ottiene confrontando i cambiamenti delle classi di uso del suolo” non è proprio corretto – non tanto rispetto alla scala che nei DB ci uso/copertura lascia spesso a desiderare) – quanto rispetto alla definizione di consumo di suolo. Il consumo di suolo non riguarda solo le superfici edificate/impermeabilizzate proprie ma anche le superfici pertinenziali che anche se trattasi di giardini/aree verdi/zone interstiziali nella stragrande maggioranza dei casi sono a tutti gli effetti artificializzate. Se si pensa a tutte le pertinenze delle abitazioni, così come gli ambiti non impermeabilizzati attorno alle strutture industriali/commerciali; dal punto di vista ambientale, sono a tutti gli effetti urbanizzate ovvero lato agronomico non più produttive (riduzione della SAU), e anche lato ecologico avranno mutato la loro funzione, interrotto la connettività, alterato il paesaggio, etc. E ciò fa capire come il tema “consumo di suolo” vada considerato rispetto a diversi ambiti disciplinari,e con definizioni differenti.

    Quindi è vero che il metodo misura le sole superfici impermeabilizzare/edificate, ma però anche le pertinenze sono alterate dalla mano dell’uomo e quindi dovrebbero rientrare nella “sommatoria”, in quanto trasformate o comunque utilizzate diversamente rispetto alle superfici originarie, agricole, o naturali.

    Se ho capito bene il vantaggio migliore della metodologia proposta risiede – mediante l’uso di algoritmi – nella facilità di distinguere con alta affidabilità le lunghezze d’onda riflesse dalle superfici impermeabilizzate/edificate rispetto a quelle vegetate. Ciò permette monitoraggi automatizzati (cosa non da poco!), di grandi superfici, con intervento umano molto basso immagino, diversamente dai database di uso/copertura che invece richiedono l’intervento dell’operatore per la digitalizzazione e quindi lunghi tempi e di conseguenza costi non indifferenti.

    Sarebbe davvero ora di giungere ad un monitoraggio approfondito, standardizzato, e continuativo della patologia al fine di sviluppare le giuste normative e politiche…prima che sia troppo tardi; e la metodologia proposta nell’articolo è comunque interessante proprio perchè speditiva.

  2. Giá anni fá tornando in aereo da un viaggio in Inghilterra rimasi letteralmente inorridita dal fatto che sorvolando l’Inghilterra e la Francia, il paesaggio che mi si prospettava allo sguardo era un’immensa distesa verde… Un polmone fantastico, costellato qua e la da qualche piccolo centro abitato e qualche grande cittá… Oltrepassate le alpi: la pianura padana…….. Un incubo…. Ci sono rimasta malissimo, non me l’aspettavo quello spettacolo orrendo: una distesa di cemento, dove non si capiva dove terminasse il confine di una città, ne’ dove cominciasse quello della città o paese vicino… Inquietante davvero… E la domanda che mi posi fu: perchè?

  3. Penso che tutta l’impostazione sia errata: è il popolo che abita un certo territorio che lo deve custodire e quindi ne deve riconoscere lo spreco (consumo è sbagliato: il suolo non viene “consumato”, viene sprecato)
    Dare mano ai tecnicismi è sfuggire al problema principale: non un tecnico, ed ancora meno un tecnico fatto da un computer, dovrà decidere, ma un popolo, persone vere, che mangiano e respirano ( o non mangiano/non respirano)

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