Conferenza UE: “La terra come risorsa”. È possibile una nuova strategia per la conservazione dei suoli?

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Per quale motivo il 19 giugno 2014 la Direzione Generale “Ambiente” della Commissione Europea ha organizzato a Bruxelles la conferenza “Land as a resource“?

Perché il Commissario all’ambiente dell’Unione Europea, Janez Potocnick, ha voluto aprire la conferenza assieme a Lester E. Brown, presidente dell’ “Earth Policy Institute” e una delle voci storiche di studio e difesa dell’ambiente? Come mai a questa conferenza hanno partecipato più di trecento tra ricercatori, politici e rappresentanti della società civile per discutere di suolo, territorio e relative implicazioni?

Risposta: perché la Commissione ha ricominciato a tessere la sua ragnatela di analisi, contatti, opinioni al fine di riunire gli elementi fondamentali e comuni per una nuova Comunicazione al Consiglio e al Parlamento. Essa avrà per titolo “La terra come risorsa” e dovrà essere ultimata entro il 2015.

Questa comunicazione riuscirà ad avviare una nuova strategia europea per la conservazione dei suoli?

Forse. In ogni modo, permette di rilanciare il dibattito e proporre la problematica suolo-territorio sia agli Stati Membri dell’Unione Europea che al nuovo Parlamento Europeo eletto a fine maggio.

L’obiettivo è quello di garantire che la gestione del territorio dell’UE si basi su principi sostenibili.

Di conseguenza è necessario: aumentare la consapevolezza sul valore della terra come risorsa per i servizi eco-sistemici essenziali; affrontare il divario tra domanda e disponibilità dei terreni, in particolare nel contesto delle sfide globali; infine, definire possibili sinergie e compromessi sull’uso dei suoli e delle loro molteplici funzioni. Insomma, in altre parole: risolvere la quadratura del cerchio.

La presenza del Commissario Potocnik vuole dimostrare la forte volontà della Commissione a porre le basi per un rinnovato impegno dell’Unione Europea per la protezione dei suoli e del territorio. Per questo la conferenza ha messo attorno allo stesso tavolo rappresentanti del mondo scientifico, politico-amministrativo e della società civile.

Al fine di una gestione più sostenibile del territorio come risorsa,ai partecipanti è stato richiesto di focalizzarsi su cinque punti principali:

  1. riconoscere che il suolo è una risorsa limitata e che deve sopperire a molte richieste – a volte contrastanti – di carattere ambientale, economico e sociale; da cui, la necessità di definire obiettivi specifici per ridurne il consumo;
  2. fermare il degrado dei suoli e del territorio, con la relativa creazione di contesti giuridici vincolanti;
  3. recuperare e ripristinare i suoli degradati, riciclare i terreni, in particolare attraverso la rigenerazione delle aree industriali dismesse;
  4. analizzare l’impatto delle politiche dell’Unione Europea sul degrado del territorio, anche al di fuori dell’Unione;
  5. armonizzare i diversi livelli decisionali e di “governo” del territorio a livello comunitario, nazionale, regionale e locale per una gestione più sostenibile della risorsa suolo.

Nel suo intervento, Lester E. Brown ha insistito sull’instabilità climatica, la carenza idrica e la necessità di stabilizzare la domanda dei suoli in funzione della crescita della popolazione. La crescita demografica porta a non avere più la catena alimentare sotto controllo. In altre parole, siamo già in una fase di scarsità di risorse e le catastrofi ambientali sempre più frequenti sono la conferma della fase critica a cui siamo arrivati.

Questa analisi è stata ulteriormente confermata dagli interventi nella sessione riservata al mondo scientifico e accademico. I dati su pluviometria, produzione agricola e forestale, urbanizzazione e cementificazione dimostrano ancora una volta che non ci stiamo comportando in maniera sostenibile.

Anche i tentativi per arginare o invertire le tendenze negative, trattati nella sessione riservata alle iniziative nazionali e regionali in corso, hanno illustrato difficoltà e limiti.

Ad esempio il riciclaggio delle aree urbanizzate, in particolare quelle industriali, è stato presentato come un’esperienza positiva ma non è stato possibile quantificarne né i costi economici reali, né il recupero a scopo di produzione agricola o produttiva (per il momento queste aree, dette “brownfields”, sono state riutilizzate solo a fini culturali e sociali: spazi attrezzati, aree giochi, ecc.). Anche l’esperienza della Germania, che ha introdotto dei limiti nell’uso dei suoli da applicare su base volontaria, ha dimostrato carenze e difficoltà che inducono a nuove riflessioni.

Solo la tavola rotonda – parte finale della conferenza – ha fatto emergere le “contraddizioni” nei principi e concetti che ciascun attore ha dell’uso dei suoli. Concezioni spesso contrastanti: un ambientalista non va nello stesso senso di un proprietario terriero; un contadino che vive della produzione della terra vede nei suoli un mezzo da usare e non un elemento da conservare; se un urbanista denuncia la speculazione che banche e fiduciarie finanziarie fanno sui terreni, la rappresentante dei braccianti è più preoccupata dal problema della proprietà della terra che dovrebbe essere data a chi la lavora. Dalla conflittualità di analisi e contributi nasce la consapevolezza della necessità di un quadro di riferimento comune.

Può un’unica Comunicazione conciliare i diversi punti di vista? Non può, deve! Non vi sono alternative.

Gli interventi di Brown e dei ricercatori scientifici vanno analizzati attentamente: abbiamo già oltrepassato i limiti di tolleranza degli ecosistemi e l’eredità che lasciamo alle generazioni future è non solo precaria, ma soprattutto insostenibile.

La Direzione Generale dell’Ambiente sta provando a risalire la china per arrivare a una Comunicazione entro il 2015. Non ce la può fare da sola. Dipende da tutti noi affinché non sia una nuova fatica di Sisifo e la Comunicazione “rotoli” al punto di partenza.

La conferenza del 19 giugno è stata l'”invito” a tutti gli attori interessati affinché partecipino al dibattito appena cominciato.

Allo stesso tempo, ha indicato un modo in cui la discussione può essere portata avanti: con tutti gli attori attorno allo stesso tavolo, le esigenze degli uni e degli altri devono trovare un denominatore comune. Nodi e posizioni inconciliabili devono essere affrontati apertamente.

Tocca alla Presidenza italiana dare seguito a queste indicazioni, ma anche i partecipanti di questo Forum “Salviamo il Paesaggio” devono assumersi le proprie responsabilità e lanciare l’iniziativa di un dibattito sulla futura comunicazione europea.

Allora, lettore che sei arrivato alla fine di questa nota, permettici di chiederti: secondo te quali principi dovrebbe contenere la comunicazione europea “La terra come risorsa”?

Aspettiamo la tua risposta (è possibile commentare l’articolo qui sotto, oppure mandarci una mail)

Rapa Nui
(Pedologi per “Salviamo il Paesaggio”)
Email: rapanui.pedon@gmail.com

3 commenti

  1. IL CASO CALDAROSA,UNA BIODIVERSITA’ MINACCIATA DALL’ENI, DIMOSTRA QUANTO SIA IMPORTANTE ARMONIZZARE I DIVERSI LIVELLI DECISIONALI PER EVITARE CHE SI POSSA TRIVELLARE ANCHE IN SITI TUTELATI DALLE DIRETTIVE EUROPEE.

  2. ….ok! Penso che perdere tempo non è più possibile quindi se possiamo partire dal piccolo , da chiunque abbia un pezzetto di terra anche piccolissimo come un semplice orto casalingo dobbiamo creare da qui le basi. Ci sono per fortuna tanti siti che insegnano a coltivare in modo sostenibile e siamo fortunati che nell’era di internet ci sia qualcuno che cerchi di invertire la tendenza ed insegni a rispettare il nostro pianeta. Non mi dilungo e dico che la permacoltura e la sinergia non sono parole difficili da imparare perchè dobbiamo mettercelo in mente che la terra sa fare anche da sola…non ha bisogno di noi…difendiamo il futuro…

  3. Scriverò poche righe in questa sede, perché come scritto nel breve sunto da voi riportato, ci vorrà un dibattito di sostanza e non di forma come spesso avviene quando la complessità del sistema, in questo caso “sistema terra”, da analizzare e sviscerare include tutti i punti o i nodi deboli della catena e quando la soluzione diventa ardua si finisce per non percorrere la giusta strada e lasciare il sistema immobile o tuttalpiù incentivandolo con impulsi inadeguati ad invertire la tendenza in atto. In sintesi ci vorrà un serio dibattito che coinvolga tutti i cittadini e che dia gli strumenti affinché le riflessioni nel merito siamo agevolate. Personalmente non trovo incociliabili le varie posizioni se si parte dal presupposto, ovvio, che non sono le nostre esigenze a determinare il risultato ma la capacità del sistema terra di assorbire e rigenerare le risorse indispensabili a noi, e all’intero ecosistema per poter pensare ad un futuro sostenibile, quindi ciò che bisogna mettere a tacere sono le grandi lobbies finanziarie ed economiche, se si riesce in questo la partita è vinta.

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