Il Piemonte perde terreno

È un treno che avanza inesorabile, anche in Piemonte. Il consumo di suolo negli ultimi vent’anni si è portato via in media mille ettari all’anno di suolo fertile, al netto di infrastrutture e mobilità.

Villette a schiera, centri commerciali e capannoni industriali (spesso inutilizzati) hanno guadagnato terreno a scapito dell’agricoltura e del paesaggio, nella pianura del Po ma anche nei fondovalle di Langhe, Roero e Monferrato. Il 7,2 per cento della superficie regionale risulta “consumata” dal cemento: 182.894 ettari di suolo urbanizzato su una superficie complessiva di 2,5 milioni, che per più di un terzo è formata da montagne.

L’ultima rilevazione sul consumo di suolo condotta dalla Regione Piemonte – i dati saranno pubblicati il prossimo mese – fotografa la situazione al 2008. Per la prima volta le cifre prendendo in considerazione anche il terreno consumato dalle infrastrutture che, secondo gli analisti, incidono per circa il 20% sul totale del suolo consumato. Senza contare autostrade, ferrovie e svincoli, comunque, al 2008 la percentuale di suolo impermeabilizzato è stata del 5,9%, 25 mila ettari in vent’anni. Un dato che conferma la costante crescita registrata a partire dal 1991, con un tasso di incremento annuo del 1,2 per cento. In gran parte suoli agricoli tra i più pregiati, che al 2008 risultavano compromessi nel complesso per 117mila ettari su un totale di 182mila consumati.

La piaga del consumo di suolo non sembra destinata ad arrestarsi, nonostante la crisi del settore delle costruzioni. «Paradossalmente la crisi economica potrebbe accelerare il consumo di territorio» sostiene Fabio Minucci, urbanista del Politecnico di Torino, autore di un dettagliato studio sul problema. «La riduzione dei trasferimenti finanziari da parte dello Stato – spiega – ha spinto i comuni a utilizzare i proventi che derivano dalle concessioni edilizie per fare cassa e garantire i servizi». Il dato è impressionante, aggiunge Minucci: «A livello nazionale, solo nel 2008 i comuni hanno incassato dagli oneri di urbanizzazione 3,208 miliardi di euro, con una crescita del 58% rispetto al 2000. Serve una politica fiscale che disincentivi il consumo di suolo».

In Piemonte c’è pure chi ha provato ad andare controcorrente. La Provincia di Torino, con il recente Piano territoriale di coordinamento (Ptc) ha imposto ai nuovi piani regolatori comunali l’inedificabilità delle aree ancora vergini, dopo che nel torinese in 15 anni sono stati consumati 7500 ettari di suolo libero. «Da quando è in vigore il nuovo Ptc abbiamo già riscontrato in pochi mesi 8 progetti incompatibili, mentre dal ’99 ad 2011 le incompatibilità erano state 3» fa notare il direttore della pianificazione provinciale, Paolo Foietta. Il caso più eclatante è stato lo stop al progetto del nuovo insediamento Ikea a La Loggia, che avrebbe occupato 16 ettari di terreno agricolo.

L’assottigliarsi della superficie di suolo coltivabile tocca prima di tutto gli agricoltori. «L’agricoltura non può continuare a pagare il prezzo di qualsiasi occupazione del suolo finalizzata alla cementificazione. In vent’anni si è consumato quasi il 20% del suolo fertile di elevata qualità», evidenzia il direttore di Confagricoltura Piemonte, Giovanni Demichelis. «Il nostro strumento di lavoro, la terra non può continuare a essere cementificata indiscriminatamente» gli fa eco Tommaso Mario Abrate, presidente regionale di Fedagri. Che fare allora per arrestare il cemento che avanza? «La politica deve intervenire per frenare questo andazzo – dice Abrate –: il contenimento del consumo di suolo dev’essere l’obbiettivo primario della riforma della legge urbanistica regionale».

In cima alla lista delle richieste avanzate dagli agricoltori c’è il recupero del patrimonio edilizio esistente e la limitazione di nuove espansioni urbanistiche a macchia di leopardo, che richiedono sempre più nuove strade e infrastrutture.

«Le amministrazioni devono smettere di sottostare alla logica perversa che pretende la svendita del territorio per far quadrare i bilanci pubblici» dichiara Alessandro Mortarino, coordinatore di “Stop al consumo di territorio”, movimento nato nel 2009 su iniziativa di un gruppo di cittadini di Langhe, Roero e Monferrato, che si è esteso in tutta Italia fino alla costituzione del Forum nazionale della terra e del paesaggio. «A partire da febbraio – annuncia Mortarino – chiederemo a tutti i comuni italiani un censimento degli immobili inutilizzati, affinché ne tengano conto nei loro piani regolatori».

 

IL CEMENTO SEMPLICE

Una piccola rivoluzione nel segno della semplificazione. Il disegno di legge n. 179 presentato dalla Giunta piemontese il 15 novembre scorso recepisce a livello regionale le norme di semplificazione delle procedure edilizie previste dal “Decreto sviluppo”. Le procedure semplificate potranno essere applicate per i «programmi di rigenerazione urbana», per i cambi di destinazione d’uso degli immobili e per l’approvazione dei piani esecutivi e delle convenzioni da parte delle giunte comunali. In questi mesi, il progetto di legge è rimasto fermo in Commissione in attesa di alcune modifiche che ne amplieranno ulteriormente la portata e che saranno depositate nei prossimi giorni in Consiglio regionale.

Nello specifico la nuova normativa prevede l’introduzione di un iter semplificato per l’approvazione dei programmi di rigenerazione urbana, in variante al piano regolatore generale. Il secondo aspetto toccato dalla «liberalizzazione dell’attività edilizia dei comuni» riguarda gli edifici pubblici o di interesse pubblico, che potranno cambiare destinazione d’uso anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, purché tra loro «compatibili o complementari». La stessa cosa varrà per «gli interventi di iniziativa privata», in base a particolari requisiti che la Regione dovrà stabilire.

Ma la novità tanto attesa da comuni e operatori riguarda i piani esecutivi e le convenzioni che, qualora non comportino variante allo strumento urbanistico generale, potranno essere approvati dalla Giunta comunale, senza passare al vaglio del Consiglio comunale. Un tipo di provvedimento, spiegano dalla Direzione regionale Edilizia, destinato a «trovare collocazione organica anche nella riforma della legge urbanistica regionale».

Le nuove regole «semplificate» preoccupano le associazioni degli ambientalisti. «L’alleggerimento delle procedure – denuncia Maria Teresa Roli di Italia Nostra Piemonte – va nella direzione di una minore trasparenza nelle scelte delle amministrazioni comunali, spodestando ulteriormente i Consigli comunali del loro ruolo di controllo e di garanzia nei confronti dei cittadini, a scapito di una gestione equa del territorio».

Dalla Direzione regionale Politiche territoriali rassicurano: «Le nuove norme introducono una semplificazione molto spinta – dice il direttore Livio Dezzani –. Ma per garantire la massima trasparenza dei processi decisionali, tra gli aggiustamenti che apporteremo al disegno di legge c’è l’introduzione di un periodo di 30 giorni per presentare le osservazioni ai provvedimenti proposti, prima dell’approvazione da parte delle giunte comunali».

 

Articoli di Gabriele Guccione, Il Sole 24 Ore-NordOvest, 25 gennaio 2012